#Venezia74 – Il colore nascosto delle cose, di Silvio Soldini

Un gran bel ritorno quello del regista con uno dei suoi film migliori, molto tattile e sensoriale, con Valeria Golino e Adriano Giannini particolarmente ispirati. Fuori Concorso

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Ci piace quel cinema dove i personaggi non sono già scritti ma si rivelano progressivamente. Dove la scrittura è flessibile (la sceneggiatura è stata scritta dallo stesso regista, la sua storica collaboratrice Doriana Leondeff e Davide Lantieri), sterza all’improvvisa e muta seguendo il momentaneo stato d’animo dei protagonisti. L’aria dell’Ovest non è più serena nel cinema di Silvio Soldini. Che con Il colore nascosto delle cose ritorna al lungometraggio a cinque anni da Il comandante e la cicogna con uno dei suoi titoli più ispirati, che lascia deambulare i corpi nei luoghi. Dove ogni incontro può diventare un’improvvisa rivelazione.

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Teo (Adriano Giannini) lavora come creativo in un’agenzia pubblicitaria. il lavoro è l’unica cosa che veramente ama. Separato da tempo dalla famiglia, non riesce ad avere una relazione stabile. Quando incontra Emma (Valeria Golino) una donna non vedente osteopata che ha perso la vista a 17 anni, le cose cambiano. La loro relazione inizia quasi come una scommessa. Lui è attratto e impaurito dal suo mondo. Ma col tempo scopre che ha bisogno di lei.

il colore nascosto delle cose valeria golino laura adrianiLo schermo nero. Le voci fuori-campo nei titoli di testa. Inizia come un incontro in una stanza buia, poi la luce svela, anche soggettivamente, i loro volti. Per certi aspetti Soldini ritorna ad affrontare il mondo dei non vedenti dopo il documentario Per altri occhi inserendolo in un film di finzione. Dall’altra mette a fuoco il tatto sulla vista. Basta vedere il modo in cui Emma tocca le piante o descrive il suo viso (“le facce non invecchiano mai”). Entrano in gioco la memoria, gli odori, gli oggetti e soprattutto i colori. Quelli dei vestiti, della pubblicità per la Seat, di una città (Roma) che respira con i personaggi diventando insieme una specie di labirinto, di trappola, ma che apre vie di fuga, come spesso avviene nel suo cinema. Che diventa anche un luogo sensoriale  come Venezia (Pane e tulipani), Milano (L’aria serena dell’Ovest, Cosa voglio di più, Un’anima divisa in due), Taranto (Le acrobate) e Genova (Giorni e nuvole) grazie il colore nascosto delle cose valeria golino adriano gianninianche al lavoro di Matteo Cocco, lo stesso direttore della fotografia di Per amor vostro di Gaudino. L’esplorazione dei sentimenti non è tenue ma lacerante. Come nel ‘ritorno a casa’ dalla madre al cimitero. E che ha dei momenti di travolgente intensità nel modo in cui Teo tocca la pancia della sorella incinta o nella furibonda litigata tra Emma e Nadia, una ragazza adolescente anche lei non vedente. Valeria Golino si conferma una delle più brave attrici italiane. Se avesse interpretato questo personaggio in un film statunitense, forse ora sarebbe già lanciata verso i Golden Globes. Ma è molto convincente, nei dissidi con la sua anima divisa in più parti, anche Adriano Giannini a cui Soldini regala forse il ruolo migliore della sua carriera. Con L’aria serena dell’Ovest, Le acrobate e Giorni e nuvole, questo è il film migliore del regista. Un volto di un cinema italiano che un po’ ci mancava.

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