ZEBRA CROSSING. Festival delle Serie TV di Milano

Abbiamo seguito la prima edizione del festival organizzato dalla Santeria milanese, tra anteprime dei Romanoffs di Matthew Weiner, panel su videogame e VR, la nuova stagione di Skam Italia

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Oggi la serialità audiovisiva è sempre più presente, espandendosi facilmente dal classico contesto televisivo a tutto ciò che possa supportare il segnale. Questo avviene con relativo e doveroso ripensamento sia della struttura che della forma dei contenuti, a seconda del supporto. Il recente primo Festival delle Serie TV a Milano (piazzato giustamente all’inizio di ottobre) ci ha fatto scatenare una serie di riflessioni, partendo da ciò che abbiamo visto per andare più lontano.

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NON ASPETTATEVI LA TV
La serie di Matthew Weiner The Romanoffs è una serie antologica per Amazon Prime. Mentre tutti aspettavamo da Weiner un nuovo Mad Men (e il titolo da fuori faceva presagire un interesse verso chissà quali trame di potere interne alla famosa famiglia russa), l’autore ci ha spiazzato creando qualcosa di molto più complesso, tanto che per parlarne bisogna partire da lontano.

Intanto è un lavoro per Amazon Prime e non per HBO. Lavorando per Amazon e il suo pubblico Weiner ha potuto allontanarsi dalla densità pesante e torbida di Mad Men, più “giusta” per il passato editore HBO, giocando stavolta con figure (i personaggi, soprattutto i sedicenti Romanov) che non abbiamo problemi nel definire vuote, proprio come fossero sagome o funzioni da usare e riusare per mero calcolo: nel mondo “reale” ci sono probabilmente tantissimi Romanov o presunti tali. Quasi da sembrare che Weiner abbia voluto prendere un reale “accidente” umano (la moltitudine dei Romanov, in cui si attua di fatto una sostituibilità di sagome – tanto più che oggi un Romanov vale l’altro e poi chi è realmente Romanov e chi solo millanta?), per creare un universo seriale in cui questi RomanOFFs siano perfettamente sostituibili. A pensarci bene la protagonista della prima puntata l’abbiamo vista tante altre volte in storie simili, il protagonista della seconda non ha nessun interesse nel suo cognome, mentre la Romanov del terzo episodio ha detto semplicemente una bugia.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=0P_B2zUP334]

Oltretutto questo gioco di scambi viene confermato dalla modalità antologica adottata per la serie. Modo che non solo impedisce il classico innamoramento del pubblico verso un personaggio da seguire per più puntate, ma permette anche di guardare la serie in ordine sparso, senza perdere alcun senso narrativo orizzontale dato che non c’è. E se ci fosse avrebbe sicuramente meno importanza del flusso generale creato da questa specie di universo dentro/fuori chiamato Romanov o Romanoffs. L’enorme catalogo Amazon, pieno di tutti i prodotti possibili e sempre consultabile, è allora la collocazione perfetta per un prodotto dal nome di una famiglia “sagoma” fatto di sagome che possono essere ripetute e sostituite all’infinito, e impersonate da attori che dedicano la loro vita e carriera proprio a questo fine, e il cui autore ci vuole impedire di amare.

Sono varie le riflessioni che derivano da questo formidabile gioco di specchi. Viene meno l’amore per i personaggi, eroi di storie da seguire su di un lungo arco di puntate. Viene meno la fruizione totalmente devota, che non vuole perdersi nulla ma anzi cerca sempre più di approfondire ciò che sa del dato (ci torneremo). Viene meno l’attesa della trasmissione come fosse un sermone catodico. Sono passati pochi anni ma il 2007 di Mad Men è ormai molto lontano. La tv sta subendo un attacco definitivo da parte del web e oggi il bisogno sembra non essere più sprofondare in un luogo nostalgico in cui regna l’ordine narrativo, una specie di divano mentale postlavorativo. Sembra invece quello di allargare sempre più la visione aprendo più porte possibili. Come può dare appunto una serie antologica su una famiglia allargata. Una visione da consumare come prodotto leggero nel mentre si aprono altre opzioni. Una serie da guardare senza vederla.

NON APRITE QUELLO SCHERMO
Durante il festival il consiglio di non vedere è stato simpaticamente dato in un interessante panel sulla serialità dei videogiochi. Parlando infatti di progressi tecnologici ci si è soffermati sull’operazione Resident Evil 7 che nella versione per la realtà virtuale è arrivata ad una tale potenza da suggerirne la somministrazione con le relative cautele, magari a dosi di un quarto d’ora alla volta.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=fcLl-DZGLZ8]

È interessante questo punto perché tocca uno dei nervi scoperti della modernità. Cioè dove possiamo arrivare con il nostro lavoro prima di non entrare in zone che noi stessi non riusciamo più a sostenere. Già ora, e solo dopo pochi anni, la realtà virtuale può sensibilmente toccare sensibilmente i nostri nervi. Infatti durante il panel si è tornati sulla domanda posta dall’episodio 2 della stagione 3 di Black Mirror “Playtest”, cioè fin dove possiamo spingerci con un videogioco nel testare le nostre paure. L’esempio dato da Black Mirror serve anche per parlare della sperimentazione che è stata annunciata nella stagione 5 prossima ventura. Un episodio infatti proverà ad unire la serialità (antologica) della serie tv con la forma del videogioco, dando la possibilità a chi guarda di interagire con cosa guarda per modellare la trama come meglio crede.

Non sappiamo nulla di preciso per ora, tranne il fatto che è stato girato molto più materiale del solito proprio per prevedere qualunque tipo di decisione da parte di chi guarda (come si fosse appunto alle prese con un videogioco). Ma è notevole il sempre più stretto legame di serie tv e videogiochi. Un legame totalmente a doppia direzione. Nel panel infatti è stato addirittura citato FIFA 19 come territorio videoludico tra i molti (e forse tra i più impensabili) in cui trovare uno sviluppo narrativo seriale. Ma l’uso della forma seriale tipica delle serie tv ci porta a riflettere anche sul recente interesse di Netflix e Amazon verso il mondo dei videogiochi. Black Mirror è diventato un prodotto Netflix (da qui forse l’idea dell’episodio sperimentale) mentre Amazon produce la serie del Signore degli Anelli (già videogioco a suo tempo e forse prossimo ad un reboot). Diventa chiaro quindi tale legame. Un esempio illuminante è il videogioco Detroit Become Human che, giocandosi in modo seriale con personaggi che hanno il volto di personaggi delle serie TV, si staglia tra i molti in quanto esempio atipico di narrazione seriale. Questo per dire come oggi grazie alla tecnologia possiamo sempre più anelare ad un universo narrativo in cui non ci sono compartimenti stagni ma l’esistenza di un flusso in cui immergersi. Una specie di narrativa aumentata.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=8a-EObAhYrg]

NON PERDETE QUELLA CLIP
Narrativa aumentata che ritroviamo in forma potente in Skam Italia. Al festival abbiamo visto infatti le prime clip in anteprima della seconda stagione di questo remake della famosa serie norvegese. Al di là del valore artistico Skam è un prodotto seriale che può illuminare molto il discorso, e può anche porre i semi di nuove traiettorie. Non si tratta forse di un’operazione teorica precisa come quella di Matthew Weiner, ma sicuramente si basa su potenti intuizioni quasi da web 3.0. Intuizioni che fanno esserla ancora più odierna dei Romanoffs. Come se i passaggi faticosamente superati dalla serie Amazon fossero qui agevolmente dati per scontati. Skam Italia si pone da subito dentro internet. È un prodotto fatto per Tim Vision con la capacità di attirare un pubblico che spontaneamente segue la serie sul portale di proprietà di un provider telefonico.

La serie è incentrata sulle vicende di alcuni adolescenti in un liceo romano. Se non è originale come idea è molto attuale il modo in cui viene impostata. I personaggi per esempio hanno utenze social e vivono una vita estesa tra un episodio e il successivo (in onda settimanalmente). Sui social possono interagire tra loro, e seguendo le loro interazioni la nostra fruizione si allarga dall’episodio visto a un’espansione dello stesso (la narrativa aumentata di prima). Al punto che si potrebbe ipotizzare un classico scazzo giovanile via chat che generi una linea narrativa nell’episodio successivo senza che sia stata preparata nell’episodio precedente. Oltre tutto, tornando alla fruizione disordinata, vengono pubblicate clip video che portano lo spettatore alla trasmissione dell’episodio successivo. Tali clip si cancellano a rotazione, in modo tale che è possibile perderne una senza peraltro subire contraccolpi in termini di trama. Quindi la linea narrativa è molto più leggera di quella della serialità televisiva classica. E non necessità di una particolare attenzione. A prima vista tutto pare sia stato giustamente pensato per un pubblico di nativi digitali, che non guarda la tv, che non ha bisogno di guardare la tv, e che vive la propria vita sin dall’inizio totalmente sul web.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=FoVutQM_4qk]

Ma se ci pensiamo bene questo discorso comporta un nuovo modo di guardare. Cioè un nuovo modo di pensare, ragionare, conoscere e farsi un’idea del mondo. Senza volerlo Skam tocca un altro nervo scoperto della modernità. Cioè il passaggio che si sta sempre più attuando da un tipo di approccio (verso la realtà o verso il sapere) ad un altro. Da un movimento mentale in profondità ad uno che potremmo definire in allargamento. La conoscenza del mondo prima dell’era digitale ci chiedeva di entrare sempre più a fondo in un oggetto di studio, in modo tale da sviscerarne i più reconditi dettagli e farli propri. Lo stesso modo si usava con tutto ciò si volesse conoscere, dalla logica quantistica ad una serie tv come Mad Men. In ambito televisivo lo spettatore accendeva la tv alla data ora del dato giorno, e seguiva il proprio eroe all’interno del suo scenario. Tutto in modo disciplinato al fine di non perdere mai nulla. Se anche le piattaforme web hanno aggiornato il modo di trasmettere i prodotti tv, tali prodotti sono stati finora sempre creati in modo che il filo delle cose interno ad essi non si dovesse perdere, e la conoscenza andasse sempre in profondità.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=Ay7X0XDztRw]

Oggi si può dire che si sta attuando un cambiamento di prospettiva. Se abbiamo concepito il marketing televisivo prima in modo verticale e poi anche in modo orizzontale, Skam ci dice che ora si tratta sia di verticale che di orizzontale verso un flusso in cui immergersi ed esserne circondati, sempre. Senza luogo o tempo dedicato, senza magari un forte sequitur tra le puntate, e soprattutto con molta discontinuità, come fossero delle clip di youtube da vedersi al volo.

Viene in mente un passaggio di David Weinberger dal suo saggio Elogio del disordine: “…eppure se per tutto questo tempo la nostra conoscenza del mondo ha assunto la forma di un albero è perché essa è rimasta ancora al mondo fisico. Ora che la digitalizzazione delle informazioni ci permette di andare oltre la fisicità, in modo che Aristotele non poteva immaginare, la forma della nostra conoscenza sta cambiando”.

Sulla scia di queste forme nuove, è forse possibile ipotizzare un futuro contrasto culturale serio, simile per certi versi a quello tra padri e figli di 50 anni fa.

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