1974-1979. Le nostre ferite, di Monica Repetto

Cinque testimoni raccontano le loro violente esperienze degli anni di piombo. Nella realtà del dolore che li accomuna c’è la ricerca di un racconto condiviso di quel periodo. Fuori concorso al #TFF38.

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Gli anni di piombo sono stati il periodo forse più divisivo dell’Italia postbellica. E non c’è dubbio che il presente porti con sé degli strascichi di quei conflitti, non del tutto risolti, causati da narrazioni del mondo divergenti. Questa spaccatura permane anche oggi nell’interpretazione a posteriori di quel pezzo di storia. Cercare un racconto condiviso di quegli anni è lo scopo di 1974-1979. Le nostre ferite, presentato fuori concorso al 38° Torino Film Festival.

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Il tratto comune che la regista Monica Repetto utilizza per unire le esperienze dei testimoni nel suo documentario, lungo circa un’ora, è quello della sofferenza. Cinque interviste frontali nelle quali vengono raccontati episodi di violenza che sono stati degli spartiacque nella vita di persone comuni. Un ex-liceale, un poliziotto, uno psichiatra, uno studente di economia e una casalinga, tutti senza alcuna colpa picchiati, gambizzati, bruciati o penetrati dal piombo dell’uno o dell’altro schieramento. Come se la realtà del dolore fosse l’unico collante di quelle esperienze tanto diverse.

Un dolore che negli anni di piombo poteva, però, essere inghiottito dalle due macchine ideologiche contrapposte per essere sfruttato a loro favore. Per questo, nell’utilizzo del materiale d’archivio che accompagna le parole dei testimoni, Monica Repetto diffida delle fonti istituzionali, prediligendo materiali personali, legati agli intervistati. Così facendo, 1979-1974. Le nostre ferite rimane coerentemente fedele alla sua scelta di ricercare un elemento comune, un’universalità all’interno della particolarità delle singole esperienze. E gli va dato atto di aver riscattato il dolore di quelle vittime, una volta ingranaggio, ora finalmente materia viva.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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