Cinema Svizzero a Venezia 2019 – Chris the Swiss, di Anja Kofmel

In un ibrido di documentario classico e racconto animato, Anja Kofmel narra la storia di suo cugino Chris, corrispondente durante la guerra in Croazia, nella quale ha perso drammaticamente la vita

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Croazia, gennaio 1992. Nel corso della guerra, viene ritrovato il corpo di un giovane giornalista che ha addosso l’uniforme del PIV, un gruppo mercenario internazionale. Venti anni dopo sua cugina, la regista Anja Kofmel cerca di capire cos’è realmente accaduto.
Dopo aver debuttato all’ultima “Semaine de la Critique” di Cannes, aver girato per svariati festival internazionali, tra cui il Trieste Film Festival dove ha trionfato come miglior documentario, Chris the Swiss torna in Italia per la rassegna dedicata al Cinema Svizzero di Venezia, presentato dalla regista accompagnata per l’occasione dalla produttrice Sereina Gabathuler.

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“L’omicidio di mio cugino Chris è stata un’esperienza cruciale della mia infanzia“, racconta Anja Kofmel. Nell’era di un’informazione attaccata con fini propagandistici, da un lato, e corrotta da fake news, dall’altro, attorno alla forma del documentario è tornata ad accendersi come non mai una controversia legata ai suoi principi fondanti, in particolar modo su quanto le idee o le posizioni di un autore debbano o meno trasparire dalla sua opera (spesso dimenticandosi, comunque, l’appartenenza cinematografica del genere). Anja Kofmel aggira allora meravigliosamente tale querelle, realizzando un ibrido tra struttura classica, fatta di ricerca e di interviste ai testimoni della vicenda presa in esame, e animazione, che non ha assolutamente esclusivi fini estetici, ma a cui viene affidato il ruolo esplicito di filtrare la sua visione, tutta personale, della storia di Chris oltre che della crudeltà e della disperazione della guerra.

Animazione giustificata fin dai primi attimi del film che introducono la narratrice, una bambina che disegna e quindi immagina l‘incontro mai avvenuto col cugino Chris negli istanti precedenti al drammatico agguato che lo ucciderà (i quali scandiranno come un timer fatale tutto il racconto), come se potesse ancora avvertirlo, salvarlo, presentando subito quella spinta irrazionale che l’ha portata alla scelta di approfondire la sua storia, una volta adulta. La bambina, infatti, naturalmente non è altro che Anja Kofmel stessa, che guarda stagliarsi sopra di lei l’imponente figura di Chris, mettendo così già in chiaro le dinamiche fondanti della narrazione. Un’opera che quindi si muoverà continuamente tra mito, ossia la storia filtrata dalla sua infantile concezione avente dei buoni e dei cattivi dai tratti ben precisi e immediatamente riconoscibili, e realtà, dall’atmosfera spaventosa e angosciante perfettamente restituita se non amplificata, talmente articolata da prender forma attraverso i suoi schizzi all’inizio solo apparentemente incomprensibili.

E la realtà di Chris the Swiss è davvero complessa, fatta non solo delle drammatiche e orrende cronache di un sanguinoso conflitto, ma anche di oscure cospirazioni, in cui la Kofmel e il suo team compiono un lavoro di ricerca mirabile, trovando e interrogando i protagonisti ancora vita, raggiungendo anche, mediante conversazioni telefoniche registrate, chi ancora oggi si trova in carcere per le terribili colpe commesse. Alcuni colleghi giornalisti, si scopre, sono infatti convinti che Chris si sia unito al gruppo paramilitare del PIV sotto copertura per indagare sulla sua struttura simil-mafiosa e i suoi inquietanti legami con l’Opus Dei, pensando quindi che sia stato ucciso dai loro combattenti perché avvicinatosi troppo alla verità. Da qui prende forma il discorso cardine di tutta la pellicola, in merito al giornalismo di guerra e fino a dove ci si può spingere proprio per amore di quella verità. Un quesito affascinante e conturbante al tempo stesso, perché, una volta superato quell’ipotetico limite, il rischio è di perdersi completamente e non riconoscersi più, tanto da chiedersi se ne sia valsa davvero la pena. Come ogni buon documentario che si rispetti, e quindi in maniera molto più “equilibrata” di quanto si possa credere, Chris the Swiss non fornisce alcuna risposta precisa, se non cosa può fare la guerra sull’identità di un uomo, a prescindere da quanto possa ritenersi integra in principio.

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