CinemAsia – Prospettive sino-giapponesi

beloved

Due film cinesi – uno di finzione, l'altro documentario – affrontano la difficile relazione tra i due paesi, come dimostrano le recenti tensioni per il controllo delle isole Diaoyu/Senkaku. Beloved e Trace presentano le dinamiche sociali storiche attraverso uno sguardo ravvicinato e strettamente personale. La rubrica è a cura di www.asiaexpress.it

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belovedNonostante i molti tentativi di riavvicinamento nel recente passato, permangono dissapori storici e politici tra Giappone e Cina, risalenti almeno all'invasione giapponese della Manciuria e di recente ri-acuiti da un fatto che sembra inessenziale, e che invece ha assunto valore simbolico predominante – il controllo territoriale sull'arcipelago delle isole disabitate Diaoyu/Senkaku. Si tratta solo di un esempio di come tra i due paesi continui a rimanere una diffidenza palpabile di fondo, nonostante i rapporti ormai consolidati e le sempre maggiori aperture cinesi anche nella difficile gestione della questione nordcoreana. Da questo punto di vista diventano allora interessanti due produzioni molto diverse tra loro, ma che raccontano degli sconfinamenti tra Cina e Giappone a partire da un punto di vista personale, lontano da assunti politici e sprofondato nella quotidianità. Da un lato il minuscolo documentario no-budget Trace, co-diretto da Huang Ji e Otsuka Ryuji, dall'altro il controllato dramma familiare di Beloved, della esordiente Li Xinman.

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Trace è poco più di un collage di immagini domestiche che hanno al centro la neonata Chihiro, figlia della coppia di registi, l'una di origini cinesi, l'altro di origini giapponesi. Il pretesto è la visita al villaggio natale della madre per approntare i documenti e il passaporto della figlia, che per il momento mantiene nazionalità cinese. Il viaggio – tra lunghi spostamenti in treno e auto – si svolge sullo sfondo proprio delle proteste cinesi riguardanti le isole Diaoyu, e costringe quindi la coppia multietnica a confrontarsi con i contrasti politici sovranazionali. Girato con una videocamera amatoriale e in presa diretta, senza filtri se non per un montaggio attento alle sfumature, Trace alterna le visite ai parenti, i dialoghi sporadici tra i due genitori e immagini di vita quotidiana nella Cina rurale. Il documentario è dedicato alla figlia, per quando compirà vent'anni – età in cui, secondo la legge giapponese, dovrà scegliere quale nazionalità adottare. In questo interscambio tra l'estremamente privato e il pubblico risiede l'interesse di una operazione in filigrana, scoperta e insieme intelligente. Huang Ji aveva esordito nel lungometraggio a inizio 2012 con il fibrillante Egg and Stone, storia di una adolescente costretta a belovedvivere con gli zii in uno sperduto paesino di provincia. Già in quell'occasione era stato fondamentale il contributo di Otsuka Ryuji, filmmaker giapponese da anni compartecipe della scena indipendente cinese, che aveva curato fotografia e montaggio. In Trace lo sguardo disincantato della coppia riesce a mettere in luce tutte le contraddizioni e le titubanze, senza doverle esplicitare didascalicamente, di una società chiusa costretta a confrontarsi con l'apertura agli altri. Pur nella sua portata limitata, il documentario apre così a una configurazione personale della società, in cui hanno preminenza le vite degli individui, nelle loro scelte private, sopra quelle dei governi.

Struttura più complessa e raffinata per il film di finzione, ma comunque ispirato a fatti reali, orchestrato da Li Xinman: Beloved parte dalla vita di una donna in carriera, figlia del grande balzo in avanti dell'economia cinese del “capitalismo-socialista”. A differenza che nei recenti successi di commedie romantiche come Go Lala Go! (2010) e Dear Enemy (2011), entrambi di Xu Jinglei, che con le loro protagoniste femminili sbarazzine rappresentavano il lusso delle nuove compagnie finanziarie rampanti con uno sguardo privo di asperità, Li Xinman offre una prospettiva meno enfatica sulla ricchezza: la protagonista Lu Xueni, interpretata da Yu Nan, già protagonista di Il matrimonio di Tuya (2006) e intravista in I mercenari 2 (2012), è una donna divorziata, con un tracepassato irrisolto, non completamente soddisfatta della sua vita. Il cambiamento irrompe a forza per la dipartita della sua madre adottiva, Li Qianhua, orfana di origini giapponesi dei tempi della seconda guerra mondiale, che prima di morire incarica un detective di trovare la madre biologica di Lu. Alla porta della donna si presenta così Wang Yufen, donna di umili origini dai modi completamente opposti alla protagonista. La regista Li Xinman sceglie di non enfatizzare i contrasti etnici, evitando di scivolare negli studi macchiettistici: Lu Xueni è figlia adottiva di una donna giapponese dal passato tragico e lavora nella branca cinese di una azienda giapponese, ma il conflitto non è radicato nelle differenze culturali tra Cina e Giappone, quanto nelle domande irrisolte sulla sua identità. Il suo affetto deve andare alla madre che l'ha cresciuta o a quella che l'ha partorita? E quanto dell'etnia di appartenenza delle sue madri ha a che fare con chi è lei nel presente? Beloved evita molti facili scivoloni nel melodramma familiare, e nonostante un inutile e insistito voice over della madre adottiva, che sottrae al film parte della resa emotiva, riesce a chiudere il cerchio della narrazione con eleganza compunta.

Trace e Beloved offrono prospettive molto diverse tra loro, ma sono in grado di rappresentare uno sforzo di confronto con l'altro-da-sé che va oltre i nazionalismi e gli ultimi vagiti di propaganda governativa, grazie al loro partire dal personale dei singoli, nella loro esperienza quotidiana.

 

La rubrica è a cura di www.asiaexpress.it

 

 

 

IL TRAILER DI BELOVED

 

 

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