Dead Bride, di Francesco Picone

Presentato al FantaFestival 2022, un horror che cita con amore Insidious e The Conjuring, un gioco combinatorio dagli sprazzi di pura inquietudine

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Alyson, protagonista di Dead Bride, è terrorizzata quando si presenta a Padre Elbert. Quello che inizialmente era solamente un sospetto, le è stato confermato da una strana videocassetta trovata nella vecchia casa paterna: la presenza che vede durante gli attacchi di paralisi nel sonno non è solamente un’allucinazione. Il vecchio esorcista le spiega come non sia la casa a essere maledetta, ma la sua famiglia, che lo aveva contattato 25 anni prima. Alyson, però, non sta ascoltando le parole del prete, guarda specchio dietro di lui, dove scorge una figura che si avvicina alla culla di suo figlio. Quando distoglie lo sguardo dal riflesso, la presenza è scomparsa. Solo per un attimo, però, perché riappare immediatamente dietro al prete, facendo sobbalzare la donna. L’aiuto di Padre Elbert sembra fondamentale, ma non per Richard, marito adultero di Alyson appena tornato da un “viaggio di lavoro”. Si ricrederà in fretta.

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Ha l’entusiasmo degli esordi Dead Bride, primo lungometraggio di Francesco Picone presentato nell’ambito del Fantafestival. L’amore per il genere si cristallizzano in citazioni continue, soprattutto dal punto di vista visivo, all’horror statunitense targato James Wan, passando poi per le contaminazioni del low-fi di Sinister di Scott Derrickson e dei colori saturi della scuola italiana di Mario Bava. La precisione di questi omaggi, però, è talmente certosina da produrre in alcuni momenti delle sensazioni di déjà-vu, come nella scena raccontata in apertura praticamente identica al famigerato jump-scare della maschera rossa di Insidious. Sempre da qui proviene l’ispirazione per il mondo dei morti nel quale discende Alyson alla ricerca di suo figlio e che riesce a rompere la narrativa quel tanto che basta da liberare la fantasia orrorifica del suo autore.

Questi sprazzi inquietanti rendono godibile il gioco combinatorio di Dead Bride, anche se la gabbia narrativa a volte appare soffocante, soprattutto per i personaggi. L’abbandono di Alyson da parte della sua famiglia biologica, per esempio, sembra più un pretesto per far partire la trama del film che una vera e propria fonte di evoluzione del suo carattere e della sua psicologia. Così, spunti di base interessanti come la scelta di girare quasi esclusivamente in interni o la scienza che si avvicina al paranormale sembrano desunti dai riferimenti di Francesco Picone più che discorsi da sviluppare alla ricerca di un loro adattamento al contesto italiano.

Dead Bride fa così fatica a cambiare di segno, a rinverdire i diversi frammenti che ricombina con una passione che accende comunque in noi la speranza e la curiosità di vedere se l’amore di Francesco Picone per il genere orrorifico sia abbastanza forte da traghettarlo, in futuro, verso lidi più personali.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5
Sending
Il voto dei lettori
2.9 (10 voti)
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