Essential Truths of the Lake, di Lav Diaz

Un magnifico noir in due parti, una aderente al genere, ed una dentro uno scenario cinereo. Un film espanso dai significati politici e storici su un paese condannato al disastro. Concorso. Locarno76

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La scena del delitto che apre il nuovo film di Lav Diaz, un ragazzo morto sul quale è stato lasciato un cartello con la scritta “I’m a Pusher”, contiene già l’essenza di un accusa al regime filippino. Un’altra vittima di quella guerra alla droga che Duerte nel perseguimento di una scelta politica ha usato per spargere il terrore in una terra devastata dalla povertà dei suoi abitanti, un attacco generalizzato e sistematico contro la popolazione civile. Come nel precedente When the Waves Are Gone, di cui potrebbe essere considerato un prequel, il protagonista è il tenente Hermes Papauran, sempre alle prese con una impossibile ricerca della verità dentro un corpo di polizia corrotto, un cancro che uccide le istituzioni per i suoi problemi di natura politica culturale, sociologica, ideologica e spirituale. Una mancanza di etica inammissibile per lui che si ritiene un servo della gente, dei pescatori e dei contadini, e non al soldo di governatori e militari e presidenti sanguinari. Per lui che vive dell’incubo del primo uomo ucciso ed è ossessionato dai casi irrisolti, vissuti come una sconfitta, in balia di devastati crisi di coscienza. Uno di questi “Cold Case” è quello che riguarda la misteriosa scomparsa di Esmeralda Stuart, del 2005. Un caso vecchio di quindici anni, classificato come Philippines Eagle. Esmeralda è una modella perseguitata per la sua bellezza, sparita nel nulla nei pressi del lago vulcanico di Taal. L’indagine che riguarda la ragazza è il filo conduttore del film, diviso in due parti. Nella prima il tenente si muove nel perimetro tracciato dal genere noir e ricostruisce la vita della ragazza tra sfilate, gite in barca, feste di compleanno, senza tralasciare un indizio importante: Esmeralda si dedica anche alla performance art, ed usa la moda per difendere un’esemplare di scimmia condannato all’estinzione. Si batte in generale per tutelare la salute della natura e dell’ambiente dalla speculazione, contro la cultura dell’impunità che ha portato il paese al disastro ed ha visto nel 2019 le Filippine abbandonare la Corte Penale Internazionale (che nel 2021 ha deciso di aprire un fascicolo per crimini contro l’umanità dedicato al suo presidente). Pauparan, per scoprire delle tracce, dorme dove capita, sta lontano dalla famiglia, usa metodi non ortodossi tra effrazioni e suicidi indotti dalla paura, eppure ogni pista si spegne prima di nascere, cancellata dal vento che soffia inquieto sul lago morente per l’inquinamento, dai rumori ambientali soverchianti, resta un’allucinazione, un abbaglio. Si spinge tanto avanti nella ricerca da cadere preda della follia.

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La seconda parte si apre con l’esplosione del Vulcano Taal. Lo scenario diventa metafisico dopo una pioggia di acqua e cenere e la morte di piante e animali. Il metodo d’azione di Pauparan diventa un vagabondaggio fantasmatico in un ambiente che potremmo definire postatomico tra il cielo e la polvere. Il silenzio scandito dalla vista dei pochi abitanti rimasti dopo l’ordine di evacuazione si trasforma nel protettore delle strade e dei viandanti o, per seguire fino in fondo la leggenda del suo nome, in colui che accompagna le anime negli inferi. Incontra un vecchio, Ricardo, che porta tutti i problemi del mondo sulle spalle e si dichiara pronto a morire. Incontra Achille, un giovane figlio di pescatori che fugge via spaventato, e infine anche Madame Melchora che gli offre un hut, una casa fatta di bamboo. In quello che sembra un abisso ricomincia a fare domande ma quello che ottiene, ancora una volta, sono ipotesi aggrappate ad un filo. Chi era Esmeralda? Una escort amante di uomini potenti che frequentava un resort di nome Paradise, ormai abbandonato? Una ragazza molto religiosa uccisa da un pastore che si era innamorata di lei? Una giovane donna ricoverata in una clinica psichiatrica per evitare l’imbarazzo della famiglia? È difficile sapere cosa è vero e cosa no di questi tempi dice Madame Melchora. Lav Diaz cattura l’essenza del lago, gli spiriti che lo abitano, abita le ombre dei corpi inghiottiti dalla notte. Realizza un magnifico viaggio che si stacca dal livello terreno e nell’oblio dei sensi finisce con il trascendere verso l’ignoto e l’imponderabile. Un racconto politico e storico che diventa escatologico, con i soliti tempi espansi di un organismo seriale, un destino oscuro, dai tratti indecifrabili, supposizioni sporcate da un flusso divino.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.5
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Il voto dei lettori
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