FILM IN TV – I senza nome, di Jean-Pierre Melville

La verosimiglianza della ricostruzione non ha a che fare col realismo. Semmai riguarda il meccanismo, che è la trama prosciugata del reale. Sabato 18 giugno, ore 16.40, Sky Cinema Classics

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Alain Delon è disteso su un branda, in carcere. È così che lo presenta Jean-Pierre Melville, creando un immediato richiamo con l’altro protagonista, Gian Maria Volonté, anche lui disteso e ammanettato nel vagone letto di un treno. È un primo piano, quello su Delon, che lascia passare aria, immaginare comunque una distanza tra l’obiettivo e il volto. Ma, subito dopo, in un’inquadratura d’ambiente, vediamo che Delon è rivolto al muro, col viso praticamente inchiodato alla parete. In un mondo normale, non ci sarebbe alcuno spazio per la macchina da presa. Ma Melville sembra infischiarsene. Per lui non esiste il “mondo normale”. Il film si muove in un spazio diverso, tutto mentale forse, in ogni caso interiore, che, per proiezione, si riflette sulle dimensioni reali, per donar loro un altro assetto, un’altra disposizione. Uno spazio melvilliano, appunto, fatto di fondali cupi, cartonati e silenzi, che già si dispiegava in tutta la sua potenza tra i giochi de Les enfants terribles. È uno spazio immaginario, certamente. Giungla d’asfalto e le diciannove regole del noir, l’impermeabile e il borsalino, night club che sembrano esistere solo nella fantasia degli scenografi – e sarebbe interessante tracciare una topografia delle città di Melville, che sembrano sempre viste dal limite esterno, quello in cui le coordinate si sfaldano e la periferia smargina il centro… Ma è ancor più uno spazio astratto, punteggiato da movimenti e azioni fisicamente impossibili, attraversato da volti imperturbabili e gesti che sgranano riti. È un po’ come il mondo visto dagli occhi di un dio, lo stesso che controllava gli spostamenti di Costello sulla mappa della metro. Linee, traiettorie, puntini luminosi, un universo di modellini (il treno di Un flic). E uomini che assomigliano a piccoli burattini…

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i senza nomeEppure ne Le cercle rouge, come non mai, Melville sembra stare sulla realtà delle cose e inseguire con precisione metodica la ricostruzione degli avvenimenti. Quanto dura il colpo in gioielleria? Melville sta sul minimo dettaglio, secondo la sua ossessione per il gesto infinitesimale, per l’evento che sta tutto nella preparazione e nel lavoro. Pare quasi sognare la fedeltà a un tempo reale, che viene fatta vacillare solo quando arriva lo shoot definitivo, il colpo di fucile a braccio libero. Persino i mostri, gli incubi che escono dalle ferite dei muri, vorrebbero essere reali. Ma è una realtà che non esiste al di fuori del cinema e, ancor prima, dell’immagine in cui si incarna. Il posto di blocco dinanzi al monumento a Nicéphore Niépce a Chalon-sur-Saône la dice lungo. “Qui inventò la fotografia nel 1822”. Ma di quella fotografia non si ha alcuna traccia. È un qualcosa che vive solo nel mito.

 

bourvil ne i senza nomeEcco, per Melville la verosimiglianza della ricostruzione non ha a che fare con un realismo impossibile. Semmai è un altare innalzato al meccanismo, che è la trama prosciugata del reale e la struttura di ogni racconto. E in Le cercle rouge il meccanismo arriva al limite della perfezione, fino al paradosso di squilibrare le cose e di lasciare un senso di freddezza, che quasi raggela il film rispetto agli altri capolavori, Le Samouraï, Le deuxième souffle… Ma non è solo una questione di ostinazione formale. Il punto è che, si sa, in un universo meccanico, la libertà non esiste. “Se è scritto che due uomini, anche se non si conoscono, debbono un giorno incontrarsi, può accadere qualsiasi cosa e possono seguire strade diverse. Ma il giorno stabilito, ineluttabilmente, si ritroveranno in questo… cerchio rosso”. Nel solitario pessimismo di Melville, non c’è spazio per alcuna illusione. Non c’è margine di manovra, piano o alibi che tenga. Arriverà il destino. Avrà il distintivo da commissario e i piccoli occhi di Bourvil. E riporterà le storie sul tracciato già segnato, da sempre. L’unica libertà che resta, è quella di andargli incontro. Di non lasciargli la soddisfazione di ucciderci alle spalle. Come dice l’immenso Montand, “Sempre così fessi… nella polizia”…

 

Titolo originale: Le cercle rouge

Regia: Jean-Pierre Melville

Interpreti: Alain Delon, Gian Maria Volontè, Yves Montand, Bourvil, Paul Crauchet, François Périer

Durata: 122’

Origine: Francia, 1970

Genere: Polar

 

Sabato 18 giugno, ore 16.40, Sky Cinema Classics

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