Gli amori di Suzanna Andler, di Benoît Jacquot

Tratto dall’omonima pièce di Marguerite Duras, un film sulla voce e il corpo di Charlotte Gainsbourg che invece finiscono risucchiati dalla monotonia drammaturgica e si spengono alla distanza.

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Quattro personaggi, una voce. Suzanna Andler, una donna dell’alta borghesia sposata con un ricco uomo d’affari, è indecisa se affittare una villa a Saint-Tropez. Il prezzo è di due milioni di franchi per tutto il mese di agosto, 66.000 al giorno. Il suo arrivo in città non è passato inosservato, come le ha fatto notare l’agente immobiliare Rivière; la donna infatti è arrivata sulla Costa Azzurra in compagnia del suo amante, Michel, un giornalista che scriva, perr stessa definizione di Suzanne, su “pessimi tabloid”. La loro relazione dura da circa 6/8 mesi. Nel corso di quella giornata, in attesa di prendere una decisione sull’affitto della villa, vede anche l’amica Monique e poi parla al telefono con il marito Jean.

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Spesso avvolta nell’oscurità o nel grigiore su una spiaggia, Jacquot indaga tutte le emozioni della sua protagonista. Charlotte Gainsbourg è un’altro volto di donna del suo cinema, che ritorna a lavorare con lui dopo Tre cuori. Suzanna è un altra della reincarnazioni del suo cinema che segue, tra le altre, quello di Isabelle Huppert in Eva, Diane Kruger in Les adieux à la reine, Léa Seydoux in Journal d’une femme de chambre e Sandrine Kiberlain in Le septième ciel.

Con Gli amori di Suzanna Andler, Jacquot porta sullo schermo la pièce omonima di Marguerite Duras del 1968 che la stessa scrittrice ha adattato per lo schermo nel 1977 in Baxter, Vera Baxter dove il ruolo di Michel era interpretato da Gérard Depardieu. Non è solo un adattamento; probabilmente nel film c’è anche un omaggio devoto del cineasta alla regiata e scrittrice di cui Jacquot è stato assistente alla regia nei primi anni ’70. Il film è attaccato alla pièce ed esalta tutte le potenzialità lo spazio teatrale come avviene frequentemente nel cinema del regista, come ad esempio in Tosca.

Ci sono la voce e il corpo di Charlotte Gainsbourg. Una voce umana come in Cocteau, un corpo sospeso tra la ricerca della felicità assoluta e la morte, tra una tappa a Cannes e il ritorno a Parigi. Gioca sui campi/controcampi nel dialogo tra Suzanna e Michel, ma trattiene sia Gainsbourg che Niels Schneider, la spinta passionale e la crudeltà. Oppure lo sguardo di Jacquot gira leggermente attorno al volto di Suzanne durante la telefonata e cerca un respiro maggiore nel dialogo sulla spiaggia con Monique interpretata da Julia Roy che è stata diretta spesso dal regista. Jacquot cerca di catturare tutta la luce su Charlotte Gainsbourg ma ci riesce a intermittenza; la sua figura a superare tutti i segni della monotonia drammaturgica, tutte le pulsioni improvvise che appaiono esibite: il flash sulla metropolitana che passa e l’istinto omicida in semi-soggettiva. Dovrebbe essere la protagonista a dominare quello spazio e invece ne viene risucchiata. C’è il tormento ma non l’estasi. In più perde d’ambiguità nel momento in cui smaschera Suzanne. È vero quello che sta raccontando? Si tratta soltanto della sua immaginazione? L’eleganza formale è solo la cornice di un cinema che accenna ma non fa avvertire la presenza fisica del fuori-campo: il rumore del mare, la luce dalle finestre. La parola è quella del cinema di Marguerite Duras. Resta lì, intrappolata in quella villa o nelle vicinanze. Non c’è immaginazione né immedesimazione. Quello di cui parla Suzanna con l’amante, l’amica, l’agente immobiliare e il marito non trasporta in altri possibili luoghi mentali o desideri. La radicalità della messinscena di Jacquot stavolta mette all’angolo il suo cinema e finisce per inaridirlo spegnendo tutte le fiamme della passione e della gelosia.

 

Titolo originale: Suzanna Andler
Regia: Benoît Jacquot
Interpreti: Charlotte Gainsbourg, Niels Schneider, Nathan Willcocks, Julia Roy
Distribuzione: Wanted Cinema
Durata: 91′
Origine: Francia, 2021

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.4
Sending
Il voto dei lettori
1.59 (17 voti)
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