Il Barbenheimer modella il futuro

Nell’odierno panorama audiovisivo caratterizzato da una sempre più consolidata coalizione tra grande, piccolo e piccolissimo schermo, il futuro della sala si giocherà sui meme?

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Ad una settimana della 96esima edizione dei Premi Oscar tenutasi, come di consueto, al Dolby Theatre di Los Angeles, è doveroso sottolineare un dato di fatto: il Barbenheimer, fenomeno culturale che la scorsa estate ha riempito le sale di tutto il mondo e stabilito prima e terza posizione al box office globale, ha segnato anche la più celebre nottata del panorama hollywoodiano. Il film di Cristopher Nolan e la pellicola di Greta Gerwig hanno infatti avuto modo di spartirsi fama e attenzioni del pubblico a teatro e/o collegato da casa: il primo aggiudicandosi ben 7 delle ambite statuette consegnate dall’Academy; la seconda regalando,  attraverso l’esibizione di Ken/Ryan Gosling, il frangente più memorabile – oggi diremmo forse “epico” – dell’intera manifestazione. 

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La legittimazione Oscar del meme cinematografico più in voga dello scorso anno, passata anche dal simpatico siparietto tra Gosling e Blunt e dal nudo (quasi) integrale del sempre più esilarante John Cena – “svestitosi” dei panni di sirenetto di Barbieland per presentare la categoria Migliori costumi – rappresenta un elemento di particolare interesse nei termini di una riflessione sull’attuale stato della produzione e fruizione filmica in epoca “post-post-pandemica”. Nonché, di conseguenza, delle possibili evoluzioni dei trend che, al momento, sembrano guidare le logiche di mercato all’interno del mondo dello spettacolo.
Ma facciamo un passo indietro.

È ormai noto, tanto agli addetti ai lavori quanto ai semplici appassionati, che la pandemia di Coronavirus – scoppiata nel marzo di ormai quattro anni fa – abbia di fatto segnato una svolta nell’approccio produttivo e spettatoriale nei confronti dell’audiovisivo in tutte le sue forme. La chiusura delle sale della stagione 2020 e i numerosissimi ritardi dovuti all’improvviso incremento dei contagi, non aveva causato, infatti, solo un crollo verticale degli incassi (con un calo medio di circa il 72%, secondo i dati riportati all’epoca da The Hollywood Reporter), ma aveva spinto i grandi Studios a cercare nuove strategie di distribuzione, dando insomma il via a una serie di fondamentali trasformazioni dell’industria. Da un vero e proprio boom dei servizi streaming al trasferimento online di buona parte dei Festival; cioè a una sistematica e, seppur dolorosa, necessaria trasformazione del salotto di casa in una nuova, aggiornatissima, sala cinematografica “su piattaforma”.

Il progressivo venir meno del pericolo Covid, tra 2021 e 2022, ha poi avviato un lentissimo processo di ripopolamento dei cinema. Processo che, pur con grandissime difficoltà testimoniate da preoccupanti percentuali di incasso (Comscore, in un’analisi relativa ai dati del 2022, riportava un calo del mercato statunitense pari al 35% rispetto al triennio 2017-2019), ha condotto a un 2023 decisamente più positivo, che alla visione casalinga – divenuta ormai abitudine consolidata – ha in effetti affiancato anche un ritorno al grande schermo. Dopotutto, volgendo lo sguardo anche solo alla filiera nostrana, i dati resi disponibili da Cinetel, Anica e Anec appena due mesi or sono, testimoniano un netto aumento del 61,6% dei proventi rispetto all’anno precedente. Aumento che, sebbene tuttora inconfrontabile con il periodo pre-pandemico, rappresenta dunque un utile termometro in grado di aiutarci a raccontare la realtà odierna.

Ad oggi, pur considerando tutte le differenze del caso dovute all’enorme varietà di contenuti a nostra disposizione, quella tra sala e piattaforma sembrerebbe in effetti essersi configurata più come una vantaggiosa “alleanza” a doppio senso che come un rapporto di reciproca e fastidiosa interferenza. E, non a caso, all’articolo di Milano Finanza di fine gennaio scorso, che evidenziava la crescita recentemente registrata da Netflix relativamente al numero di abbonati su scala globale, fa difatti eco uno studio, realizzato nel 2023 da Entertainment Strategy Guy, che testimonia la grande utilità del duplice passaggio sala-piattaforma nell’ottica di un più proficuo sfruttamento del prodotto film. Quasi dunque a raccontare di un sostanziale equilibrio di influenza raggiunto negli ultimi mesi dalle plurime possibilità di fruizione.

Per offrire un quadro più completo del panorama audiovisivo di oggi, può però essere utile aggiungere qualche ulteriore spunto di riflessione. Tra i dati di maggiore interesse, e facilmente consultabili da chiunque, rientrano ad esempio quelli offerti da Box Office Mojo, sito che segnala i maggiori incassi di ogni anno, fornendo una classifica costantemente aggiornata su scala internazionale. Analizzando la top 10 del 2019 e confrontandola con la decina del 2023, ci accorgiamo immediatamente di un chiaro ed eloquente dislivello al botteghino; al di là infatti dell’impietoso confronto tra il numero di film in grado di superare il miliardo di incasso (9 vs 2), è infatti interessante notare che tra le pellicole che compongono il podio della speciale competizione non vi sia neanche un cinecomic.
Se a questo aggiungiamo il numero sempre crescente di grandi film d’autore (Napoleon e Killers of the flower moon sono solo due esempi) affidati alla produzione su piattaforma e ad un conseguente consumo ibrido “tra sala e salotto”, possiamo provare a tirare alcune conclusioni.

All’alba del 2024, privato del traino rappresentato per anni dai cinecomic ormai sostanzialmente caduti in disgrazia, il mondo cinematografico sembra non poter più fare a meno della coalizione tra grande, piccolo e piccolissimo schermo venuta a configurarsi nel corso dell’ultimo anno e mezzo all’incirca. D’altronde, in una realtà dominata dai trend e dall’autorevolezza sempre maggiore della “divinità algoritmo”, gli unici prodotti in grado di performare in sala a livelli pre-pandemici sono – e presumibilmente saranno – i cosiddetti film-meme o film-evento.
Più che un caso isolato, il Barbenheimer sembra destinato a modellare il futuro dell’approccio all’audiovisivo su tutti i livelli.

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