Il monte interiore, di Michele Sammarco

La storia del profondo rapporto tra un uomo e il suo animale malato, vissuta attraverso il rito, motore della narrazione. In concorso nella sezione documentari del Laceno d’oro 45 su mymovies

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Pochi, iconici elementi. Il sale, l’acqua, la terra, gli animali, il rito. Sammarco ambienta Il monte interiore nella sua terra d’origine, la provincia di Padova, dove, tra la foschia dei Colli Euganei, dà corpo ad una storia di totale comunione fra uomo e animale, attraversata da una spiritualità quasi primordiale. Un anziano fattore si rivolge infatti al prete del suo paese per ottenere da lui la benedizione per il suo asino malato, di nome Giorgio. Il prete gli nega il favore, definendo anzi la pratica come “superata”. A quel punto interviene la perpetua che suggerisce all’uomo una soluzione, spiegando come il giovane prete ovviamente non poteva conoscerla. Gli dona del sale e gli consiglia di portarlo sulla cima del monte dove è presente la statua di Sant’Antonio e di darlo poi all’animale. Una figura molto importante quella del santo di Padova, che viene celebrato ogni anno il 17 gennaio, giorno in cui vengono svolte processioni e benedizioni degli animali.

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Il monte interiore ruota quindi tutto attorno a questa ricerca di guarigione nella totale ruralità dell’ambientazione, che presenta una totale assenza di elementi antropici, fatta eccezione per un’automobile, la quale fra l’altro si trova ad un certo punto a far fronte ad un enorme gregge di pecore che invade la strada. Un’invasione/incursione come quella quella che Sammarco mette in scena dando vita ad una dimensione ovattata e quasi onirica, un biglietto di sola andata per un mondo che può apparire così lontano e obsoleto da sentirne quasi una mancanza, pur non avendone mai davvero fatto parte. La totale devozione del protagonista nei confronti del suo animale, il suo “musso” è pari a quella nei confronti di una religione che è il vero motore delle sue azioni. Una religione che è al centro di una riflessione importante all’interno dell’opera. Il prete che vuole “svecchiare” i riti, non tanto per convinzione, ma per negligenza, finisce per renderli ancora più potenti e viscerali. La vera forza dell’atto di fede sta nella cieca convinzione che il proprio gesto funzioni e Il monte interiore è una vera e propria parabola di questo concetto.

Un film che attraverso una scelta registica netta, quella di puntare lo sguardo su quei pochi, iconici elementi di cui sopra, riesce a pieno nel suo intento di trasformare quegli stessi elementi in materia filmica. Quello che potrebbe essere nato sotto forma di breve racconto, quasi di fiaba per bambini, si trasforma nelle mani di Sammarco in un prodotto che punta tutto sul suo mostrare poco e dire tanto.

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