"Io non ci casco", di Pasquale Falcone

io non ci cascoIo non ci casco è esponente di un cinema della partecipazione amichevole e del product placement che si rivela costantemente nella sua natura di prodotto, mettendo a repentaglio l'identificazione. Ed è un peccaro perché le intenzioni erano buone, "perbene" come i suoi giovani protagonisti.

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io non ci cascoUn gruppo di liceali a Cava de’ Tirreni, in Campania. Motorini, scherzi e riferimenti di rito alle prassi comunicative dei giovani (o forse i "ggiovani", con due g: dunque sms, messenger, ecc.). Ma la tragedia incombe: Marco, il più esuberante, quello che stava organizzando la festa di fine anno con guest star Dj Claudio Coccoluto, viene investito da un’auto ed entra in coma. I medici non sanno se e quando si risveglierà, ma consigliano a famigliari ed amici di andarlo a visitare e di parlargli, di trasmettergli il loro affetto. Il letto d’ospedale diventa così confessionale e luogo in cui si ricompongono i rapporti fra i personaggi: la solidarietà dei compagni di classe che proseguono l’organizzazione della festa, il riavvicinamento dei genitori separati (Pasquale Falcone, regista del film, e Rosaria De Cicco, convincente come ce la ricordavamo ne La guerra di Mario di Capuano).
Già il titolo con citazione musicale (sì, è proprio Jovanotti prima maniera) è indicatore di un desiderio di appartenenza al neofilone del teen movie italiano, in una declinazione più drammatica, ma che non esclude toni da commedia, considerando anche che Pasquale Falcone è cabarettista a tempo pieno. Io non ci casco si insinua nel genere con un passo in sordina, consapevole della propria natura di piccola produzione "locale" e dal forte intento pedagogico. Il film propone allora la rappresentazione di una gioventù "normale", priva di maledettismi e di assilli esistenziali, nonchè della disinvoltura pariolina dei personaggi di Brizzi e Martani. Alla fine perà il ritratto non risulta particolarmente credibile, a causa anche di una scrittura che vincola la spontaneità del gruppo dei ragazzi, spesso meri esecutori di battute troppo preoccupate di sembrare brillanti, oppure semplicemente di troppo nell’economia della scena.
I limiti della drammaturgia possono trasformarsi in limiti di empatia, e a risultare più deleterio da questo punto di vista è il modo in cui il film è intessuto di product placement e di amichevoli partecipazioni, che spingono costantemente l’attenzione oltre il testo filmico. Di sicuro un progetto indipendente come questo non è facile da portare avanti, e necessita di una certa quantità di patroni e sponsor (produce Maria Grazia Cucinotta, che ha anche il ruolo di caposala), ma il pubblico non dovrebbe esserne reso consapevole praticamente ad ogni scena. Fra riferimenti che spaziano dalla grande agenzia immobiliare all’azienda locale e apparizioni quali Ornella Muti improbabile professoressa dalla parte degli studenti, diventa difficile rendere credibile il mondo del film, che ci ricorda costantemente la sua natura di prodotto, piuttosto che offrirsi come catalizzatore delle emozioni promesse. Quello di Claudio Coccoluto poi è un caso limite fra amichevole partecipazione e product placement: l’insistenza con cui viene nominato fino all’apparizione finale, spinge a chiedersi se sia il film ad avvantaggiarsi della star della musica house o piuttosto il contrario.
E spiace non poter credere alla storia degli amici di Marco, ispirata a tante storie vere di solidarietà fra amici e di resistenza alla disperazione.

 

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Regia: Pasquale Falcone

Interpreti: Pasquale Falcone, Maurizio Casagrande, Antonio Stornaiolo, Ornella Muti, Rosaria De Cicco
Distribuzione: Medusa
Durata: 105'

Origine: Italia, 2008

 

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