La programmazione di Fuori Orario dal 3 al 9 marzo

Cinema italiano degli anni ’50, una notte dedicata ad Annabella Miscuglio e Varda, Akerman, Straub-Huillet e Kovalenko. Da stanotte

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BANDO BORSE DI STUDIO IN CRITICA, SCENEGGIATURA, FILMMAKING

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Domenica 3 marzo dalle 2.00 alle 6.00

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Fuori Orario cose (mai) viste                                     

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di Ghezzi Baglivi Di Pace Esposito Fina Francia Luciani Turigliatto

presenta

A CAVALLO DEI ’50 – nel boom dipinto di boom (4)

a cura di Paolo Luciani

Per alcune notti di Fuori Orario presentiamo coppie di film che siano in grado di documentare i cambiamenti in atto nella società italiana tra il 1948 (anno della sconfitta elettorale delle sinistre) e tutti gli anni ’50, caratterizzati dal centrismo democristiano, ma, anche e soprattutto, da una ricostruzione post-bellica accelerata che conduce al boom economico ed al suo rapido sfiorirsi.

Sono gli anni in cui si stratifica la realtà italiana, quella di “un paese mancato”; non basteranno le lotte sindacali e sociali del decennio successivo, insieme al raggiungimento di poche, ma importanti riforme sui diritti di tutti, ad allineare il paese su standard di modernità, ancora oggi irraggiungibili.

Cinematograficamente siamo tra la crisi del neorealismo e l’esordio di grandi personalità (Antonioni, Fellini) insieme al persistere e al mischiarsi di nuove figure professionali (attori, registi, sceneggiatori, quadri tecnici) con quelle ancora provenienti dalle esperienze del cinema del ventennio. Di fatto, dal dopoguerra alla metà dei ’50, prende forma “il pubblico cinematografico italiano”, costruito sul consumo di una produzione nazionale ancora molto diversificata. Resistono tutti i filoni ed i generi: il neorealismo popolare come quello rosa, il film d’avventura e il film opera, il cinema comico attoriale come quello d’autore. Ma abbiamo anche la nascita della commedia all’italiana e l’inizio del peplum, la presenza hollywoodiana a Cinecittà e quello che sarà il cinema dei grandi produttori italiani degli anni ’60, insieme a realtà come “il cinema napoletano”. Su tutto, poi, si stende una cappa censoria che non risparmia nulla. Le produzioni devono combattere contro l’invasione del prodotto hollywoodiano, facendo ancora ricorso a un mercato di esercizio che vede durare anni lo sfruttamento di un film, con stadi diversi di programmazione, in grado di raggiungere gli strati più profondi del paese: quello che farà la televisione, da lì a pochi anni.  Insieme al cinema e alla radio si affermano nuovi media, non solo la TV, ma la pubblicità, la stampa di partito, il fotoromanzo, le riviste di costume illustrate. Dopo il voto alle donne abbiamo una scolarizzazione finalmente di massa. Quella che viene chiamata una mutazione antropologica del paese si manifesta anche con i bisogni che moltiplicano le occasioni del nuovo consumismo, come di una normale, anche se caotica, evoluzione dei costumi. L’auto per tutti, le vacanze di massa, la moda e il nuovo divismo femminile, i concorsi e le manifestazioni, siano esse canore, di bellezza, letterarie, d’arte. Nella consapevolezza comune emergono e si differenziano economicamente e culturalmente composizioni diverse della società, con nuove problematiche anche esistenziali. Ed il nostro cinema è presente e dà conto di questi mutamenti, con alcune costanti che si possono far risalire alle radici profonde della nostra storia: amor di patria -spesso vissuto come a fare ammenda di non encomiabili responsabilità storiche più o meno recenti- una tendenza costante al tragico e al comico, dove far annacquare tendenze inespresse alla rivolta e alla consapevolezza di sé. Ma, soprattutto, la costante narrativa con cui il nostro cinema sembra fare i conti, è condizione familiare, meglio quella della donna, costretta e raccontata in un’emancipazione troppo lenta, sia essa madre, lavoratrice o “donna libera”.

LUPI NELL’ABISSO (Italia, 1959, b/n, dur., 92′)

Regia: Silvio Amadio

Con: Massimo Girotti, Folco Lulli, Jean Marc Bory, Alberto Lupo, Horst Frank, Giancarlo Sbragia, Piero Lulli

In Concorso al Festival di Berlino 1959

Seconda guerra mondiale; un sommergibile è danneggiato da un siluro; i 10 superstiti scoprono che solo uno di loro, utilizzando l’unico scafandro rimasto intatto, potrà risalire i 110 metri in cui sono bloccati e salvarsi. Le tensioni interne si scatenano e molti dei pretendenti alla salvezza si eliminano uno con l’altro. Film di esordio di Amadio, già aiuto di Blasetti, Germi e Matarazzo (di cui, nel 1974, riproporrà una sua versione di CATENE) e poi protagonista negli anni ’70 della commedia sexy; di LUPI NELL’ABISSO venne segnalata dalla stampa e dalla critica la buona resa  spettacolare “all’americana”, sorta di  tardivo ritorno a quello che con UOMINI SUL FONDO di De Robertis era ormai stato riconosciuto come uno dei  momenti fondativi del superamento del cinema di regime.

I RAGAZZI DELLA MARINA

(Italia, 1958, b/n, dur., 91’)

Regia: Francesco De Robertis

Con: Silvio Noto, Memmo Carotenuto, Gianni Brezza, Lynn Shaw, Fasto Cigliano, Gabriele Antonini, Luciano Marin

L’incrociatore Montecuccoli parte per un lungo giro del mondo. Il film segue le vicende personali di marinai, cadetti, ufficiali. Chi vorrebbe diventare n cantante, chi un fotoreporter in giro per il mondo, chi ha urgenti problemi familiari da affrontare, chi non accetta le novità del mondo moderno…Tutti finiranno temprati da questa esperienza.

Ultimo film di De Robertis, lontano dalla drammaticità pre-neorealista dei suoi esordi, quasi un Carosello, nel suo utilizzare addirittura corpi da divismo televisivo,    di quella vita militare in mare che lo aveva accompagnato tutta la vita.

 

Venerdì 8 marzo dalle 1.40 alle 6.00

F FOR FEMMINE 1 – UNA NOTTE PER ANNABELLA MISCUGLIO 

a cura di Fulvio Baglivi

Annabella Miscuglio è una figura fondamentale quanto sconosciuta della storia del cinema e della televisione in Italia. È stata la fondatrice, con Americo Sbardella e Paolo Castaldini, del Filmstudio70 nel 1967 a Roma, primo filmclub in Italia. Militante femminista, anima il Collettivo di Cinema Femminista di Roma e con Rony Daopoulo e altre donne firma il film collettivo Aggettivo donna, che è anche il saggio di diploma al Scuola del CSC di Daopoulo. Impara dal suo amico Alberto Grifi impara ad usare la cinepresa e tra il 1973 e il 1976 gira diversi super8mm. Nel 1976 organizza Kinomata, la prima rassegna di cinema femminile realizzata in Italia. Dalla seconda metà degli anni ’70 inizia la sua collaborazione con la Rai come autrice e regista. È Miscuglio, insieme alle compagne, a realizzare il celebre Processo per stupro, a cui seguiranno tante altre collaborazioni con diversi programmi della Rai, da Delta a Storie Vere fino a Chi l’ha visto? negli anni ’90. La sua storia è narrata anche nel film di Emanuela Piovano L’Età d’oro del 2015.

FRAMMENTI DI UNA VITA D’EROINA       PRIMA VISIONE TV  BOLLINO ROSSO

(Italia, 1977, b/n, video, dur., 35’ca)

Da un’idea di: Patrizia Vicinelli

Di: Annabella Miscuglio

Una giornata della grande poetessa Patrizia Vicinelli che prova per l’ennesima volta a liberarsi dalla tossicodipendenza. Vicinelli, è una delle massime poetesse del dopoguerra, bolognese di nascita, entra nel Gruppo ’63 e conosce e si confronta con Emilio Villa, amica di Alberto Grifi (In viaggio con Patrizia, Transfert per camera verso virulentia) e Tonino De Bernardi (A Patrizia). Questo straordinario film fu voluto dalla stessa Vicinelli e girato da Annabella Miscuglio con le compagne del gruppo femminista.

I SUPER8mm DI ANNABELLA MISCUGLIO

(Id., Italia, 1973-1976, col., dur., 65’ca)

Di: Annabella Miscuglio

ALL’INTERNO CONTIENE

Puzzle Therapy

Fughe lineari in progressione psichica

Maitreya

Rony

Paola

Anna’s Textures

Grazia a Grazia

“Serie di cortometraggi girati in super8 da Annabella Miscuglio in una manciata di anni, in cui la ricerca visiva, l’intimità tra sé e il soggetto filmato e la libertà del gesto stesso del filmare diventano centrali, ritrovando la lezione del cinema underground che la regista aveva amato e aiutato a promuovere nel suo impegno nel Filmstudio 70 e nella distribuzione alternativa.”

Così Annamaria Licciardello, che ne ha curato la digitalizzazione e la conservazione presso la Cineteca Nazionale, presenta questo corpus di brevi film, alcuni non finiti, sia muti che sonori, girati in piena libertà. Atti d’amore per il cinema, la vita, le persone vicine come le sue amiche e compagne di lotta Rony Daopoulo e Paola De Martiis.

DELTA – I PRIMI 180 GIORNI: VIDEOSTORIA DELLO SVILUPPO DEL BAMBINO – PT N. 13

(Italia, 1988, col., dur., 38’)

Di: Annabella Miscuglio

Servizio per la trasmissione Delta sulla cura del bambino e della donna durante i primi sei mesi di vita. Vengono intervistati medici, operatori e ricercatori e, parte fondamentale dal punto di vista di Annabella Miscuglio, le madri stesse.

STORIE VERE – CAPOCOTTA: LO STRILLONE, IL DIVINO E ALTRI

(Id., Italia, 1992, col., dur., 49′)

Per la trasmissione Storie Vere Annabella Miscuglio racconta a celebre spiaggia romana di Capocotta con la sua quotidianità estiva popolata da personaggi bizzarri e poco comuni.

 

Sabato 9 marzo dalle 1.10 alle 7.00

F FOR FEMMINE 2 – KINOMATA*

a cura di Fulvio Baglivi

*Kinomata è il titolo della prima rassegna dedicata al cinema e alla televisione delle donne, curata da Annabella Miscuglio e Rony Daopoulo nel 1976. L’anno dopo, per le edizioni Dedalo, è stato pubblicato anche un libro con testi e filmografie di diverse cineaste, dal periodo del muto al cinema sperimentale degli anni ’60 e ’70.

RÉPONSE DE FEMMES – NOTRE CORPS, NOTRE SEXE     

(Francia, 1975, col., 8’32’’, v.o. sottotitoli italiani)

Regia, soggetto e sceneggiatura: Agnès Varda

“Per la rivista “F. comme Femmes”, Sylvie Genevoix e Michel Honorin chiesero a me e ad altre registe di girare sette minuti su Qu’est-ce qu’être femme?, cosa significa essere donna? Ridussi il soggetto a Notre corps, notre sexe, il nostro corpo, il nostro sesso. In sette minuti bisognava fare presto e non andare per il sottile. Feci un ciné-tract. Scrissi un testo per dieci-undici donne diverse tra loro. Girammo in un monolocale molto illuminato e all’esterno, in un cantiere del quartiere, con un gruppo di uomini, passanti, muratori, impiegati, un sarto e Guy Cavagnac.” (Agnès Varda, Varda par Agnès, 1994).

“Anche se di fatto femminista lo sono sempre stata (e tale mi sono sempre considerata per le mie scelte, le mie idee e soprattutto per i miei rifiuti), ho imparato molto su me stessa e sul femminismo grazie alle “donne del movimento”, le radicali americane, e poi le francesi dopo il maggio ’68”. (Agnès Varda, Cinéma 75, n. 204, dicembre 1975)

JE TU IL ELLE

(Belgio-Francia, 1975, col., 82’, v.o. sottotitoli italiani)

Regia: Chantal Akerman

Con: Chantal Akermna, Niels Arestrup, Claire Waution

Quando gira questo primo film lungometraggio di finzione, Chantal Akerman ha 24 anni. Nel 1975 girerà, subito dopo, Jeanne Dielman, recentemente consacrato  dalla rivista inglese “Sight and Sound” come miglior film della storia del cinema.

Decisa giovanissima a fare cinema alla visione dei film di Godard, dopo molti corti e mediometraggi e un soggiorno di due anni a New York la cineasta belga realizza Je tu il elle a bassissimo costo, in solo otto giorni, in bianco e nero, in lunghi piani sequenza e con solo 3 attori (tra cui Akerman stessa). L’uscita in sala a Parigi nel 1976 è un trionfo critico, che vede Akerman entrare giovanissima nel gruppo dei cineasti più radicali e decisivi della sua epoca, da Garrel a Godard, dagli Straub a Werner Schroeter.

Il titolo Je tu il elle scandisce i quattro tempi del film. Je: una giovane donna (Chantal Akerman), sola in casa, sposta i mobili, li spinge contro i muri e finisce per sdraiarsi a terra. Tu: mentre mangia zucchero con un cucchiaio, scrive lettere. I giorni passano, le pagine si accumulano. Il: dopo molte settimane passate a strappare e riscrivere queste lettere esce di sera e incontra un camionista che le parla del desiderio, del suo rapporto con le donne. Elle: in piena notte la giovane donna raggiunge un’amica, che prima la respinge, poi divide con lei il proprio letto. Al mattino la ragazza riparte senza dire una parola.

“Ogni volta che rivedo il film l’immagine della ragazza – che è la mia – mi mette a disagio, eppure non ho più nulla in comune con questo personaggio fuori dalla società, disperato, e che tuttavia, gesto dopo gesto, in una specie di decisione segreta, dimostra una disperazione muta vicina all’urlo”. (Chantal Akerman)

Je tu il elle non è forse altro che un film intorno al calore. È il TU che viene trovato. Questo TU senza il quale non ci sarebbero lettere, viaggi, baci (“baciate chi volete” è il credo finale cantato), e nemmeno un film. Questo TU è ciò che lega JE a IL, a ELLE: a NOI.” (Mahalie Genuite e Philippe Azoury)

TROPPO PRESTO TROPPO TARDI              

(Trop tôt/Trop tard, Francia, Egitto, 1981, col., dur.,100’, v. o sott., it)

Regia: Jean-Marie Straub, Danièle Huillet

Interpreti: Danièle Huillet, Bahgat Elnadi

Nella prima parte, sulle immagini attuali della campagna bretone, una voce fuori campo legge alcune pagine di Friedrich Engels dedicate alla condizione miserevole dei contadini di quei luoghi alla fine del Settecento. La seconda parte mostra immagini dell’Egitto dei giorni nostri con, nel sonoro, un testo dello storico Mahmoud Hussein sulla lotta di classe da Napoleone fino a Sadat e su come tutti i movimenti di liberazione in quella terra siano sempre stati stroncati dagli inglesi o recuperati dalle caste dirigenti locali.

ADA                            

(Unclenching the Fists, Russia, 2021, col., dur., 93, v.o. sott. it.)

Regia: Kira Kovalenko

Con: Milana Aguzarova, Alik Karaev, Soslan Khugaev, Khetag Bibilov, Arsen Khetagurov

Film vincitore del Premio  Un Certain Regard al 71° Festival di Cannes. Opera seconda dell’allieva di Aleksandr Sokurov.

La piccola città mineraria dell’Ossezia del Nord, Mizur, sorge stretta tra pareti rocciose a strapiombo. Zaur ha trasferito qui la sua famiglia dopo i tragici eventi che hanno portato alla morte della moglie. Cresce i figli e soprattutto la figlia Ada con rigore, senza conoscere i limiti tra le cure paterne e l’iperprotezione. Il figlio maggiore Akim è già fuggito nella più vicina grande città di Rostov per lavorare. Il più giovane, Dakko, non ha ancora capito bene cosa vuole dalla vita. Ada invece combatte due battaglie parallele: quella per la propria liberazione di giovane donna e quella per fuggire per sempre da quei luoghi.

 

 

 

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