Martedì e venerdì, di Fabrizio Moro e Alessio De Leonardis

Da oggi al cinema l’opera seconda del duo registico già autore di “Ghiaccio”. Un film che racconta rabbia e disagio esistenziale, ma sembra riporre poca fiducia nell’immagine “non accompagnata”

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Separatosi dalla moglie Simona (Rosa Diletta Rossi) e ulteriormente gravato dalla difficile condizione finanziaria, Marino (Edoardo Pesce) può vedere la figlia Claudia (Aurora Menenti) solo due giorni a settimana: martedì e venerdì. Trovatosi però costretto a chiudere l’officina – a causa dei debiti accumulati negli anni – e alla disperata ricerca di una soluzione abitativa per sé e la figlia, l’uomo decide di unirsi alla banda criminale di un amico e sfruttare la proprie abilità come motociclista per loschi fini (per lo più rapine a supermercati di zona). Tra fughe notturne, adesivi e responsabilità paterne, la vita di Marino si trova così appesa a un filo.

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“Ma nun c’ho niente/che cazzo te guardi/potevamo abbracciasse de più invece d’esser/ bugiardi/e mo non c’ho niente” canta Fabrizio Moro accompagnando i titoli di coda del film. E la sua voce, graffiata fin dagli esordi anni 2000, esprime tutto quel disagio esistenziale e quella rabbia di strada che il cantautore italiano non ha mai mancato di riversare nei suoi testi; e che oggi, alla seconda prova in cabina di regia in compagnia del collega Alessio De Leonardis, sta provando a tramutare in immagine.

Martedì e venerdì si inserisce difatti nel medesimo solco tracciato da Ghiaccio solo due anni fa, rivisitando tematiche similari e replicandone alti e bassi. Ed Edoardo Pesce, qui criminale part-time dal buon cuore, si aggira sornione per Roma mappandone quartieri e location proletarie – in maniera in qualche modo affine, pur con le dovute differenze, al suo poliziotto in borghese di Notte fantasma. Incaricato di restituire una verità che, pregna del coinvolgimento emotivo dettato da parte della biografia dello stesso Moro, si percepisce però solo a tratti, nelle pieghe di un racconto davvero fin troppo scritto.

È il silenzio, non a caso, il grande assente del film. Un film che mostra uno smodato amore per il dramma e ne ricerca l’esplicita sottolineatura, musicale o metaforica che sia. Un film che, a più riprese, sembra non riporre grande fiducia nell’immagine “non accompagnata”, quasi avesse paura di disperdere messaggio e morale, o non riuscisse totalmente ad affrancarsi dall’idea che l’assenza di rumore possa significare più di molte note.

Un progetto che, in definitiva, manca forse del coraggio necessario a specchiarsi, per accorgersi che forza e levatura si nascondono proprio in quei rari momenti d’abbandono e di totale libertà. Come in quel delicato attimo sospeso, prima del grande colpo, in cui Marino e l’amico “Cioccolatì” discutono di un fuoricampo di speranza tra una boccata di fumo e l’altra, parlando dei propri figli e domandandosi ridendo dove cazzo si trovi Gardaland.

Regia:  Fabrizio Moro, Alessio De Leonardis
Interpreti: Edoardo Pesce, Rosa Diletta Rossi, Pier Giorgio Bellocchio, Giorgio Caputo, Adamo Dionisi, Mirko Frezza, Aurora Menenti
Distribuzione: Medusa Film
Durata: 105′
Origine: Italia 2024

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5
Sending
Il voto dei lettori
2.8 (30 voti)
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