NERO/NOIR – Luca Poldelmengo, Cemento Letterario

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Dopo lo script di Cemento Armato, Luca Poldelmengo esordisce come romanziere con il noir Odia il prossimo tuo. L’autore si conferma confezionatore di trame a orologeria, vicende nere schizzate di sangue e violenza innestate e incrociate tra loro in maniera sempre inaspettata, cinica e spiazzante. Ecco la trascrizione dell'intervista all'autore a cura di Onde Selvagge. AUDIO ascolta l'intervista

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Odia il prossimo tuo, di Luca PoldelmengoOdia il prossimo tuo
Luca Poldelmengo
Kowalski Ed.

186 pp. – 12 euro

finito di stampare nel gennaio 2009

Centoottantasei pagine che, per stringatezza, potrebbero tranquillamente essere il treatment di un soggetto cinematografico: l’azione non lascia scampo, i dialoghi sono essenziali, la scrittura è talmente secca e scarnificata da far sorgere però, in più d’un punto, la speranza vana di poter leggere almeno una pagina benedetta da un respiro più ampio. Ma, d’altra parte, i personaggi che Luca Poldelmengo racconta nel suo esordio da romanziere, Odia il prossimo tuo, o provengono da quell’umanità disastrata che si raccoglie ogni giorno lungo i marciapiedi di Roma, e dunque non proprio avvezza a un eloquio ragionato, o sono i viziati rampolli di un’alta società degradata, abituati ad un linguaggio spurio, smangiucchiato e trasandato (che comunque l’autore fa mostra di assumere senza troppi rimpianti). Sono comunque le caratterizzazioni di questi giovani spietati della Roma-bene quelle meglio riuscite nel lotto dei caratteri di Poldelmengo, mentre il disegno dei volti di un’umanità popolare era certamente più azzeccato nello script di Cemento Armato, risultando qui in più di un’occasione un po’ troppo grottesco. Se non è dunque la raffinatezza della scrittura l’arma segreta di Poldelmengo, sicuramente con questo romanzo l’autore si conferma certosino confezionatore di trame a orologeria, vicende nere schizzate di sangue e violenza che Poldelmengo ama innestare e incrociare tra loro in maniera sempre inaspettata, cinica e spiazzante, sino alle più sorprendenti conclusioni.

Luca Poldelmengo è stato nostro ospite nella puntata di venerdì 13 marzo di Onde Selvagge – Magazine di Cinema e Altre Derive, sulle frequenze di RadioPopolareRoma.
Ecco la trascrizione di quanto ci ha raccontato riguardo al suo Odia il prossimo tuo.

Che differenza passa tra i tuoi due exploit, il soggetto di
Cemento Armato e il romanzo Odia il prossimo tuo? Lo stile sembra essere molto simile: nervoso, scattante, veloce, schizzato.

La differenza fondamentale è che il romanzo è in tutto e per tutto opera mia: sono quindi, nel bene e nel male, padrone dei destini. E’ il romanzo di uno sceneggiatore, questo in effetti salta subito agli occhi: ha uno stile visivo, non lascia molto spazio a introspezioni psicologiche, è dettato da tempi molto serrati. Ho trasportato tra le pagine quello che era il mio background da sceneggiatore: scrivere la sceneggiatura di Cemento Armato con Fausto Brizzi e Marco Martani è stata infatti per me una grandissima opportunità, una vera e propria scuola. Una tematica che i due progetti hanno in comune è comunque quella del destino – non a caso all’inizio del romanzo c’è una citazione da Il cerchio rosso di Melville che si adatta benissimo anche a Cemento Armato, che pure aveva a che fare con la “predestinazione”.

Nella contrapposizione tra le due facce di Roma, quella borghese, prepotente e opulenta, e quella dell’emarginazione, pare non Luca Poldelmengoesserci spazio per la speranza nel tuo romanzo.

Il libro adotta chiaramente uno sguardo critico nei confronti della società e delle vite ipocrite, comunque molto diverse tra loro, dei miei personaggi. Grazie a internet ho fatto delle ricerche sugli spaventosi viaggi che fanno queste donne da alcune parti dell’Africa verso l’Italia, come nel racconto di Tegla, la prostituta protagonista. Mentre per quanto riguarda gli ambienti della malavita rumena, ho anche cercato un contatto più diretto, un mio tentativo in prima persona di andare a capire certe dinamiche. Considero Odia il prossimo tuo un noir tout court, e come tale rifugge totalmente dai caratteri positivi. Però queste esistenze così nere, durante la vicenda che le lega in una spirale di violenza, hanno ognuna una possibilità di riscattarsi – resta da vedere chi sarà in grado di approfittare di questa opportunità e chi no. Però quello che mi pareva importante, tornando al discorso sul destino, era dare un ruolo centrale al libero arbitrio di ognuno di noi all’interno di questa storia: i miei personaggi, seppure in maniera limitata, sono ancora in qualche misura artefici del proprio destino.

Quanto cinema c’è nel libro? Per la descrizione della gang di ragazzi annoiati e violenti della Roma-bene, quanto ti sei ispirato ai poliziotteschi post-Circeo? I nomi dei capitoli – tra cui A history of violence, I pugni in tasca, Piovono pietre! – sono tutti titoli di film…

E’ chiaro, I ragazzi del massacro l’ho letto – Scerbanenco è per me un faro, anche se le sue erano altre storie, ambientate in altri tempi, che ho cercato di aggiornare alla cronaca nera dei giorni nostri (l’evento scatenante del lancio di pietre sulle auto in transito dal cavalcavia). Nei confronti di quelli che vengono chiamati i “poliziotteschi” degli anni ’70 nutro un profondo affetto: non a caso ho voluto inserire nel libro, come dettaglio scenografico e stilistico, la figura del gazometro – che secondo me ha una forte valenza rievocativa al riguardo. Per chi, come me, ha amato quella cinematografia, denota un immaginario ben preciso. I titoli dei capitoli sono una sorta di contatto che ho voluto tenere, senza nasconderlo, col mondo del grande schermo: anche il nome del romanzo è quello di uno spaghetti western del 1968 [diretto da Ferdinando Baldi, ndr].

E per quanto riguarda i modelli letterari, è difficile invece non definirti “ammanitiano”…

E’ una cosa che ha notato chiunque abbia letto il libro, e che per me può essere solo un gran complimento: ritengo Ammaniti, insieme a Carlotto e De Cataldo, il più insigne artefice di questo fenomeno-noir che c’è oggi in Italia. Il mio autore nero preferito d’oltreoceano resta invece James Ellroy.

Odia il prossimo tuo diventerà mai un film? E a cosa stai lavorando adesso?

Spero che il libro possa diventarlo: Marco Martani ne ha riscontrato le potenzialità cinematografiche, anche se non sarebbe un film così facile da realizzare in Italia – ma certo non lo era nemmeno Cemento Armato. Per ora, sto lavorando con Alessia Tripaldi al prossimo film di Cristiano Bortone [un capitolo del libro porta il nome del film di Bortone, Rosso come il cielo, ndr], che per me sarà una totale mutazione di genere, perché si tratta di una pellicola per ragazzi.

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