Rendez-vous 2020 – Proxima, di Alice Winocour

Alice Winocour alle prese con un nuovo ritratto feminile, a metà tra la rivisitazione del melodramma materno anni 40 e il documentario. Oggi in prima italiana ai Rendez-vous del cinema francese

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Sarah (Eva Green) è un ingegnere aerospaziale francese a cui viene offerta l’occasione della vita: partire per una missione nello spazio. La conosciamo già così, mentre è sottoposta a esperimenti di qualsiasi tipo, che ne testino la tenuta fisica e psicologica, perché il primo cedimento potrebbe causare l’estromissione dal delicato progetto. Ma Sarah è anche una madre. Di una bambina di otto anni, Stella, che ogni sera la aspetta a casa per il bagnetto e le favole della buonanotte, quella piccola e tenera routine destinata a interrompersi per almeno un anno, senza nessun contatto. Ed è questo l’unico cedimento di Sarah: il lacerante senso di colpa per l'”abbandono” della sua creatura come inevitabile contrappasso per la ricerca di una realizzazione personale, come professionista e come persona. Alice Winocour, già sceneggiatrice di Mustang, coming of age di cinque giovani sorelle turche, torna a offrire un nuovo ritratto femminile, approcciandolo come fosse una rivisitazione contemporanea del woman’s picture anni Quaranta. E ribaltandone dunque la prospettiva, perché se allora il melodramma materno di Stella Dallas sfociava nell’allontanamento di questa donna socialmente inaccettabile come sacrificio ed estremo atto d’amore per la felicità della figlia, nel nuovo millennio questo allontamento diventa esempio di autonomia da lasciare in eredità alla bambina.

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Ma il mélo di Winocour è volutamente ribassato al quotidiano e stemperato dalla lunga routine del training pre-missione che, con piglio documentaristico, racconta le giornate a Star City, in Russia, nella “città delle stelle” dei cosmonauti, e in cui l’autrice si sofferma sui dettagli di un corpo femminile che resiste – come il decidere di non interrompere il normale flusso mestruale né di tagliare i capelli per una più pratica igiene quotidiana – e sulle estenuanti prove da affrontare per dimostrare di essere adeguata agli standard, chiaramente non solo professionali ma anche umani, con la lenta conquista dello scettico capo della missione, Mike, che si trasforma da antagonista sessista in una sorta di burbero ma in fin dei conti empatico mentore, grazie soprattutto alla performance emotivamente stratificata di Matt Dillon.
Alice Winocour ha il coraggio di intercettare questi passaggi senza forzature, lavorando anzi sulle attese, i tempi dilatati, le ripetizioni. Un esercizio che trova eco anche sugli spazi perché Proxima è interamente immerso in un limbo in cui ognuno dei proagonisti sta aspettando qualcosa: la fine della quarantena, la partenza per la missione, l’inevitabile distacco. E come i suoi astronauti il film è interamente sospeso in una sorta di non-luogo fatto di impersonali stanze d’albergo, piccoli parchi giochi, ambienti trasfigurati che diventano puri spazi mnemonici in grado di colmare la distanza emotiva tra madre e figlia.
Insistere più su queste atmosfere rarefatte avrebbe forse giovato di più dal punto di vista estetico al film, a tratti appesantito da una scrittura che insiste sulle difficoltà di questa madre lavoratrice. Ma è del resto a loro che il film è dedicato, come dimostrano le fotografie delle vere astronaute e dei loro figli inserite sui titoli di coda. Proprio in questa sorta di ritratto generazionale rovesciato, Proxima pare avvicinarsi a una versione low key di Ad Astra, non tanto come esempio di fantascienza umanista – ché qui, in un film ancora tutto terreno, al posto della missione spaziale avrebbe potuto esserci un altro ambito lavorativo – quanto per lo speculare rapporto padre/figlio-madre/figlia, attorno a cui James Grey costruisce una allucinata metafora di genere che ad Alice Winocour ancora sfugge, lasciandola ancorata a una forza di gravità che impedisce al film di realizzare il suo potenziale.

 

Regia: Alice Winocour
Interpreti: Eva Green, Matt Dillon, Lars Eidinger, Sandra Hüller
Durata: 107′
Origine: Francia, 2019

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
2.5 (2 voti)
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