Spider-Man: Across the Spider-Verse. Il giusto villain per l’universo sbagliato

Come un’enorme cineterapia corale, questo secondo capitolo racconta di villains e di eroi in tanti universi differenti dove il canone costante è di sentirsi fuori posto

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A chi non è mai capitato di sentirsi sottovalutato? O magari incompreso, inadeguato, con la paura di deludere chi ti ha dato fiducia o chi avresti voluto te l’avesse data. Non è facile gestire la pressione di dover adempiere con successo ai propri doveri, soddisfare le proprie aspettative o quelle di qualcun altro, dimostrando il proprio valore. In poche parole, essere visti. È proprio questo che desidera ardentemente il villain di questo Spider-Man: Across the Spider-Verse.

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La Macchia (The Spot) fin dal primissimo scontro con Miles Morales, viene immediatamente liquidato come l’ennesimo “villain of the week”, solo un’altro psicotico montato da sconfiggere prima di tornare a scuola. Imbranato, insicuro, fragile, incapace di gestire i propri vuoti in cui molto spesso inciampa lui stesso. La Macchia vuole essere visto da Miles e vuole essere riconosciuto come la sua unica vera nemesi: “I’ll make you respect me”. La verità è che uno è il corrispettivo opposto dell’altro, nessuno dei due esisterebbe nel modo in cui esiste se nel passato entrambi non avessero compiuto certe scelte. Così il loro arco è pressoché speculare, così come l’iniziale sindrome dell’impostore che entrambi hanno provato. L’evento originario della propria personale anomalia è riconducibile alle azioni dell’altro, da qui nasce l’ossessione della Macchia e per questo parla continuamente di destino. Ma non si può crescere come individui senza prima accettare e riconoscere noi stessi, con i nostri vuoti e le nostre fallibilità: “My holes aren’t a curse, they are the answer!”. Solo dopo un processo del genere nasce un grande villain, quello che in prospettiva potrebbe essere il migliore dai tempi del Goblin di Willem Dafoe e del Dottor Octopus di Alfred Molina nei primi due capitoli della trilogia di Sam Raimi.

Letto in questo senso, il lavoro compiuto da Lord e Miller in Across the Spider-Verse appare come un’enorme cineterapia corale che coinvolge noi spettatori e molti dei personaggi messi in scena fino a questo momento. Si tratta di genitori confusi senza alcuna vera idea di come trattare con adolescenti altrettanto spaesati che si ritrovano scaraventati in un universo che non riescono a comprendere e in cui non sembrano trovare il proprio spazio. O forse è solo la dimensione sbagliata da cui provare a fuggire indossando una maschera? L’età adulta e l’adolescenza, come due universi ben distanti che scorrono in parallelo, sono indecifrabili l’uno per l’altro e la comunicazione è estremamente difficoltosa. Paradossalmente, al padre di Miles viene più naturale aprirsi con la versione mascherata del figlio, addirittura cogliendo un suo consiglio per ripeterlo in un secondo momento alla moglie. Ognuno reagisce e affronta il proprio tragitto in maniera differente, dopotutto è nel DNA stesso di ogni Spider-Man quello di fronteggiare una perdita dolorosa e superarla. Miguel O’Hara prima rompe il canone per ricongiungersi con sua figlia e infine diventa l’estremo difensore dello stesso, mentre Spider-Punk ha la reazione opposta facendo della disobbedienza civile la sua prerogativa, spingendo Miles e Gwen verso la rivolta. Forse l’unico vero personaggio totalmente positivo del film.

Anche i genitori devono crescere, chi prima e chi dopo. Peter B. Parker ha affrontato questo percorso nel capitolo precedente ancor prima di diventare papà, mentre il padre poliziotto di Gwen Stacy si trova tuttora nel pieno del suo arco. In questo caso il rapporto padre-figlia potrebbe avere un ulteriore livello di interpretazione data la fan theory diventata virale nelle ultime settimane secondo cui il personaggio di Gwen sia effettivamente transgender. La teoria si basa su alcuni dettagli inseriti dagli autori, tra tutti la scritta “protect trans kids” su una trans flag nella camera di Gwen. Sarebbe interessante quindi rileggere le conversazioni tra Gwen e il padre sotto questa nuova luce, analizzando il comportamento di due personaggi che affrontano un dialogo sicuramente complesso per ogni genitore e ancora di più per un’adolescente fragile e confuso. In ogni caso è apprezzabile la scelta degli autori di non “sfruttare” apertamente questo tema lasciando libertà di interpretazione e soprattutto di identificazione agli spettatori. Nel dubbio gli Emirati Arabi Uniti hanno già deciso di censurare e bloccare l’uscita del film nei cinema del paese.

Spider-Man: Across the Spider-Verse ci racconta di tanti universi differenti dove per ognuno il canone costante è quello di sentirsi fuori posto, almeno per qualche istante. In attesa di andare oltre nel prossimo capitolo (Beyond the Spider-Verse), l’invito è di non arrendersi e continuare a lottare, accettando sé stessi, accogliendo i propri vuoti e le proprie fragilità. Che tu sia il villain o l’eroe, il processo resta lo stesso.

I feel beaten, but I can’t give up
I’m still fighting, I don’t feel I’ve lost
Am I dreamin’? Is there more like us?
Got me feelin’ like it’s all too much
I feel beaten, but I can’t give up 

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