Stato di ebbrezza, di Luca Biglione

Il tormento esistenziale di Maria Rossi, cabarettista emiliana caduta all’apice del successo a causa di un profondo male psichico. Una storia vera, con Francesca Inaudi

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“Se ci troviamo qui è perché non siamo capaci di perdonarci”.

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Maria Rossi, cabarettista emiliana arrivata all’apice del successo con il programma televisivo Zelig, diviene emblema della distruzione dei propri traguardi: legata profondamente alla famiglia, la morte improvvisa della madre scatena nella donna l’incipit di un dolore psichico che la porta a toccare il baratro. Dipendente dall’alcol e ormai prossima alla distruzione fisica e mentale, l’ennesimo grave incidente automobilistico la fa sottoporre al TSO (trattamento sanitario obbligatorio). Ricoverata in una clinica psichiatrica, in un primo momento Maria rifiuta le cure e il contatto con gli altri pazienti, confusa dal suo stesso male che continua ad ingannarla. L’approccio, improntato ad una provocatoria ironia e alla ricerca del sarcasmo che l’hanno contraddistinta in carriera, si rivela sistematico nell’affronto delle sue alterazioni psichiche. Un lungo e difficile percorso di comprensione, coadiuvato dal supporto medico e la vicinanza del padre e del fratello, aprono una breccia nel cuore della donna, ora pronta a rivelarsi e ad accettare non solo il cambiamento ma anche l’amore in ogni sua forma di nascita e perdita.

Un percorso biografico di solitudine e tormento da un soggetto scritto dalla stessa Maria Rossi e adattato in sceneggiatura da Maddalena De Panfilis e Luca Biglione (Ultimi della classe), regista di una pellicola dai forti tratti drammatici tesi ad una cognizione emotiva delle problematiche psichiche.
Stato di ebbrezza ci apre ad uno schema che fugge da ogni ermetismo pragmatico per liberarne coscienza ed empatia, in uno sguardo che commuove e predomina nell’inserimento di un bagaglio sensibile e toccante. Fondamentale merito si attesta all’interpretazione straordinaria di Francesca Inaudi che nel ruolo di Maria imprime ogni sfumatura di angoscia, disperazione e paura realmente percepibili e dal turbante impatto, in quella che è a tutti gli effetti una performance di rara bellezza.

Dolore come rifugio, asservimento alla fragilità, confutazione errata dei propri limiti. Queste sono le dinamiche che accomunano tutti i pazienti della clinica e con cui, ognuno di loro, lotta ogni giorno. Uno status apparentemente insuperabile nato dall’incapacità di perdonarsi, di una sconfitta subita e mai accettata.
Nell’amore totalizzante verso la propria famiglia Maria ha confinato se stessa: la morte della madre, avvenuta davanti ai suoi occhi, ha causato il crollo di un modello sentimentale privo di crepe e il cui peso ha trascinato la donna stessa nel baratro di un lento suicidio teso all’agonia dell’essere.
Autoanalisi, supporto medico e il confronto con gli altri pazienti saranno fondamentali per la comprensione di una parte essenziale della vita fino ad allora celata al suo animo: l’amore è vicinanza e costanza ma anche la forza nel lasciar andare chi amiamo. E in questo il volto della paziente-amica Beatrice (Melania Dalla Costa) sarà predominante nella misurazione delle proprie problematiche e nel carpire, nel triste gioco del raffronto al dolore, gli errori da cui mettere a ripararo ciascuna sensibilità.
Degno di menzione il parallelismo messo in campo da Biglione tra le due donne che, per immagini e criteri interpretativi, richiamano le figure di Winona Ryder (Susanna) e Angelina Jolie (Lisa) nella pellicola del 1999 Ragazze interrotte.

La cosa che però mi rimarrà impressa per sempre è quando sono stata dimessa dalla clinica e la dottoressa mi ha detto ‘Maria, se esci di qui o sei pazza o sei guarita’.
Io credo di essere guarita… Sarò pazza?!
Maria Rossi


Regia: Luca Biglione
Interpreti: Francesca Inaudi, Andrea Roncato, Melania Dalla Costa, Antonia Truppo, Fabio Troiano, Elisabetta Pellini, Marco Cocci, Mietta, Nicola Nocella, Emanuela Grimalda, Maria Rossi, Andrea de Rosa
Distribuzione: Stemo

Durata: 90’
Origine: Italia, 2018

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