Stranger Things 4 – Running Up That End

La quarta stagione della serie cult di Netflix mostra il fianco, dimostrando che il citazionismo non basta a colmare le lacune narrative. Su Netflix

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Dopo il fulmineo successo delle prime due stagioni di Stranger Things, la prima divenuta in brevissimo tempo un cult e cavallo di punta del catalogo Netflix, e la seconda capace di ampliare l’universo narrativo dei Duffers Brothers mantenendo integre le peculiarità della serie, non era facile tenere alta l’asticella. Eppure la stagione 3, vuoi per attaccamento ai protagonisti, vuoi per una rinnovata nostalgia verso gli 80s, non ha deluso le aspettative. Ma gli spettatori più critici hanno cominciato a intravederne i punti deboli. Tra tutti, la retromania vintage da simpatico orpello citazionistico è divenuta furbo stilema narrativo messo in piedi per tentare di camuffare le evidenti lacune di scrittura e l’inesperienza dei Duffers Bros nel gestire la materia narrativa. Certo, l’aspetto horror prende il sopravvento su quello puramente fantascientifico, e si lega indissolubilmente alla trasformazione dei corpi ormai adolescenti dei protagonisti, mettendo in scena, al di là dei misteri, delle scene sempre più orrorifiche e delle investigazioni, il più classico dei coming of age.

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Il revival degli anni ’80 è immediato anche per la scelta della nazionalità degli antagonisti, che non potevano che essere russi. Una scelta tanto azzeccata quanto scontata e che appare solo come una scusa per allargare le maglie della trama, mostrando però definitivamente il fianco nella quarta stagione. La storyline in Russia infatti appare solo come una zavorra di cui liberarsi al più presto, un pretesto per tenere a distanza Joyce e Hopper a cui nemmeno gli autori riescono a credere del tutto. Una quarta stagione in cui Matt e Ross Duffer ripropongono il mescolìo di generi che ha reso Stranger Things così accattivante agli occhi del pubblico, mantenendo abilmente in equilibrio i toni leggeri e i momenti di tensione. Dalle dichiarazioni che hanno preceduto l’uscita, avvenuta il 27 maggio dopo tre anni di attesa e rallentamenti dovuti alla pandemia, si sapeva che questa stagione sarebbe stata molto più cinematografica e spettacolare delle altre, sia in termini di durata (oltre un’ora ciascun episodio), sia dal punto di vista visivo. In Stranger Things 4 i toni si fanno ancora più cupi e l’horror vira sempre più verso lo splatter. Ma i personaggi sembrano impantanati in ruoli ormai preconfezionati da dare passivamente in pasto ad un pubblico pigro che non vuole rinunciare all’immagine cristallizzata dei propri beniamini, resi in alcuni casi macchiettistici ai limiti del sopportabile. Di buono c’è che in questi nuovi sette episodi vengono risolti con dovizia di particolari alcuni misteri disseminati nel corso delle scorse stagioni, legati in particolare ai poteri di Eleven e alla comparsa del Sottosopra. Ma è fuori discussione che la vera protagonista di questa stagione sia Max, non a caso al centro di una delle scene più coinvolgenti, tensive ed emozionanti della season 4. E com’era stato per Never Ending Story di Limahl, divenuta a tutti gli effetti araldo della terza stagione, a incarnare la forza espressiva della musica, indissolubilmente legata alla potenza delle immagini, qui è toccato a Running Up That Hill di Kate Bush.

 

Titolo originale: id.
Creata da: Matt e Ross Duffer
Regia: Matt Duffer, Ross Duffer, Shawn Levy, Nimród Antal
Interpreti: Millie Bobby Brown, Finn Wolfhard, Winona Ryder, Gaten Matarazzo, Caleb McLaughlin, Noah Schnapp, Sadie Sink, Natalia Dyer, Charlie Heaton, Joe Keery, Maya Hawke, Brett Gelman, Matthew Modine, David Harbour
Distribuzione: Netflix
Durata: 9 episodi da 75′ circa
Origine: USA, 2022

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5
Sending
Il voto dei lettori
3.12 (25 voti)
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