"Toy Story 3 – La grande fuga", di Lee Unkrich
Toy Story 3 conferma l'eccezionale abilità della Pixar nel costruire immagini capaci di offrire diversi livelli di lettura. La densità di molte inquadrature è stupefacente nella sua involontarietà: sembrano dilatarsi fino al punto di contenere tutta la storia del cinema. Eppure, sono solo Buzz Lightyear e Woody che cercano di evitare la soffitta, che tentano disperatamente di trasformare l'abbandono in un poetico compromesso…
leggera eppure capace di restare in bilico tra tutto il passato e tutto il futuro (che sia la straordinaria capacità di persistenza del cinema, in cui tutto resta eppure niente dura mai più di un ventiquattresimo di secondo?). Ad ogni nuovo film, gli obiettivi della Pixar si fanno sempre più audaci e superare il modello diventa più difficile, specie se l'impresa di John Lasseter ed Andrew Stanton si accompagna alla ferrea volontà di non lasciarsi niente e nessuno dietro le proprie spalle. Il tema principale di Toy Story 3 è proprio il terrore della soffitta: ora che il loro Andy sta per abbandonare la sua stanza e sta per andare al college, Woody e tutti gli altri temono di essere imballati in una scatola e di essere dimenticati. Questo è impossibile proprio nel mondo della Pixar, che ha capito la natura disneyana di un cinema che non può mai sottrarsi al suo dovere di essere migliore della vita. E' lo stesso insegnamento che la banda di Toy Story cerca di impartire a Tolso, l'Hugging Bear che non ha più nessuno da abbracciare e costringe tutti gli altri a vivere in un
tirannico nichilismo negli oscuri corridoi dell'asilo nido prigione: quello che il cinema potrebbe diventare, se perdesse il proprio cuore e la propria anima, i propri amori giovanili e la propria ingenuità. E' uno strano paradosso, quello di attaccarsi al passato e al nocciolo della tradizione disneyana proprio quando il suo cinema dimostra di potersi reinventare da capo e di essere qualsiasi cosa: Mr. Potato – il suo corpo è fatto di solidi geometrici che si possono combinare in centinaia di modi differenti – può trasformarsi in una tortilla mobile, il suo occhio smarrito in un'altra stanza può dargli una nuova vista, capace di risolvere un fuori campo, Buzz Lightyear può perdere la propria memoria con un semplice tasto, o passare ad una gustosissima versione spagnola che ne modifica radicalmente la personalità e le abitudini (la trovata più divertente, insieme alla caratterizzazione di Ken). E' come se la Pixar avesse rubato il più antico segreto del cinema, l'emozione del last minute rescue, l'illusorio appagamento della riconciliazione, e l'avesse sporcato con un senso di malinconia – suggestioni dell'infanzia? vecchi ricordi? la sottile paura che le nostre certezze vadano in pezzi? il terrore di non essere più amati? – tutto umano ed adulto, e quindi reale. E tuttavia è pur sempre una questione di corpi che si muovono nello spazio, come il volo in aquilone di Woody…
Regia: Lee Unkrich
Voci originali: Tom Hanks (Woody), Tim Allen (Buzz Lighyear), Joan Cusack (Jessie), Michael Keaton (Ken), Timothy Dalton (Mr. Priklepants), Whoopi Goldberg (Stretch)
Origine: USA, 2010