VENEZIA 70 – "At Berkeley", di Frederick Wiseman (Fuori Concorso)

at berkeley, frederick wiseman
Dopo queste quattro ore at berkeley il cinema di Frederick Wiseman è ancora lì che ti insegue fuori dalla sala, sfondando gli argini dello schermo e invadendo la tua coscienza di cittadino, lavoratore, essere pensante. E tanto altro. Wiseman concede il “giusto” tempo ad ogni "questione”, (s)monta riflessioni e suggestioni, domande e esperienze, arrivando a trasformare i corridoi e le aule in un organismo vivo che respira al ritmo di ogni spettatore in sala

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muoviamoci con i piedi ben giù, nel fango e nella mota delle opinioni […] finché non arriveremo a un fondo solido e alla viva roccia, che potremo chiamare realtà" H. D. Thoreau

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Ma sono mai entrato in quella sala? E ora ne sono veramente uscito? Si perchè dopo queste quattro ore at berkeley  il cinema di Frederick Wiseman è ancora lì che ti insegue, sfondando gli argini dello schermo e invadendo la tua coscienza di cittadino, studente, lavoratore, consumatore, essere pensante. E tanto altro. Dai titicut follies degli anni sessanta ai luminosi corridoi universitari di oggi l’etica dello sguardo di Wiseman non si è incrinata di un’inquadratura, non ha perso un oncia di valore testimoniale, non ha mai smarrito la sua rarissima curiosità verso il mondo-e-le-persone. Verso le sue bellezze o le sue storture.

E allora: Berkley, oggi. L’università più importante della California, fondata per consentire a tutti il diritto allo studio, modificatasi nel tempo come ogni istituzione umana, arrivata nell’ultimo biennio a dover fare i conti con pesanti tagli imposti dallo Stato. Docenti, studenti e personale devono trarne/subirne le conseguenze. È qui che interviene l’obiettivo di Wiseman, inquadrando la vita (universitaria): lezioni di filosofia, letteratura, comunicazione, biologia, prove teatrali, happening, partite di football, riunioni di rettorato, proteste studentesche…tutti dicono la loro. Wiseman inquadra. Concede il “giusto” tempo ad ogni “questione”, si muove da uno spazio all’altro (s)montando riflessioni e suggestioni, domande e esperienze, arrivando a trasformare i corridoi e le aule in un organismo vivo e pulsante che respira al ritmo di ogni singolo spettatore in sala.

E allora gli ingessati e gattopardeschi discorsi del rettorato vengono letteralmente illuminati dai controcampi delle aule dove insegnanti e studenti si sfidano a porre interrogativi sulla nuova povertà, la crisi, l’approccio allo studio, l’etica della ricerca, la “politica”, le visioni del sesso. La protesta pacifica e magnificamene anacronistica degli studenti viene infiltrata da riunioni del personale amministrativo che razionalmente studia opportune contromosse. Il potentissimo primo piano di una incazzata studentessa afroamericana mette sottilmente in dubbio l’imponente totale della massa nello stadio di football.

E il cinema quindi? Il cinema vive. È ancora il tra(mite) che interfaccia lo schermo alla vita, che dialoga attraverso immagini e parole, che riesce a creare interstizi di alterità in ogni certezza manifesta. Wiseman parte dalla Terra e dai problemi ferocemente sociali (il denaro, le tasse, le povertà, ecc) e poi allarga il suo discorso relativizzando i concetti di tempo (“ma è il domani che viene incontro a noi, o noi incontro al domani?”) e di spazio (dalle lezioni di fisica alle porte di un teatro si prefigurano possibili approdi su nuovi pianeti). Tentando ancora di illuminare il rapporto tra l’essere e il luogo, come un novello H. D. Thoreau sulle sponde del nostro personale Walden Pond…

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