Vinland Saga, di Shūhei Yabuta

La prima stagione sorprendeva per il cinismo con cui raccontava la perdita d’innocenza in guerra. Qui c’è spazio anche per un sogno di redenzione che spiazza per quanto è deflagrante. Su Netflix

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Il caso editoriale di Vinland Saga è tra i più singolari degli ultimi anni, specialmente se consideriamo la settorializzazione con cui i manga – e di conseguenza gli anime che li adattano sullo schermo – vengono storicamente promossi, distribuiti e destinati a specifiche categorie di lettori/spettatori. In Giappone non è il contenuto né la forma a definire il genere di una pubblicazione fumettistica, ma il “contenitore” che la ospita, al punto che un manga pubblicato su una rivista shōnen (dal target perlopiù infantile/adolescenziale) potrà difficilmente intercettare un pubblico anagraficamente diverso da quello per cui è stato inizialmente pensato, proprio perché circoscritto in una determinata cornice editoriale. Per circa 50 capitoli (corrispondenti alla prima stagione animata) l’opera di Makoto Yukimura viene infatti pubblicata sulle pagine di Weekly Shōnen Magazine, per poi passare senza soluzione di continuità ad un periodico mensile, destinato ad un target profondamente diverso come quello del seinen (giovani/adulti). Il cambio di paradigma è evidente, sia in termini tematici che espressivi, presentando perciò una grande sfida a chi, come gli autori della serie, ne è deputato a tradurre le evoluzioni linguistiche in chiave animata.

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Eppure nell’entrare nel suo secondo ciclo di episodi Vinland Saga non sembra soffrire di questa radicale transizione. Al contrario. La rende il centro di ogni sua riflessione, legando la rivoluzione ad una mutazione di tempi, approcci e ritmi, che portano la serie ad interpretare i cambiamenti anche al di là della semplice cornice narrativa. Non è un caso, infatti, che l’adattamento sia passato nelle mani di un altro studio d’animazione, cioè la MAPPA, la quale pur conservando lo stesso team creativo in forza allo Wit Studio, rivolge il racconto verso una dimensione opposta a quella del passato, più intima e riflessiva, per poi arrivare a demolire ogni preconcetto o idea che abbiamo maturato, fino a quel momento, sul percorso, sulla personalità e sui conflitti del protagonista.

Nella prima stagione di Vinland Saga il giovane vichingo Thorfinn è mosso infatti dal solo istinto di vendetta: il comandante Askeladd gli uccide il padre davanti agli occhi, costringendolo ad unirsi all’esercito danese in modo da iniziarlo alle arti della guerra, e permettergli di conseguire in futuro il suo desiderio omicida. Ma tra una battaglia e l’altra, il ragazzo sembra così destinare la sua esistenza ad un solo fine: uccidere, uccidere e ancora uccidere. Nulla lascia presagire un cammino diverso dall’orizzonte infernale a cui è stato relegato da anni di guerra. Per lui non esiste appagamento che non sia quello del sangue, dello squartamento carnale. Eppure, privato improvvisamente della possibilità di vendicarsi, dovrà cambiare rotta, comprendere che la via intrapresa non era altro che un vicolo cieco in cui smarrire la propria umanità. E da qui si origina il conflitto centrale dell’anime, la domanda su cui si staglia ogni fantasia di redenzione: è possibile uscire dal tunnel dell’oblio, se si è conosciuto solo il lato più oscuro dell’animo umano?

È da questo interrogativo che parte tutta la seconda stagione di Vinland Saga. Una questione complessa, dalla natura deliberatamente esistenziale, che ben illustra le ragioni per cui l’anime arriva a rifiutare tutti quegli elementi con cui aveva stregato le menti dei suoi appassionati, pur di mutare il suo stesso DNA, e inseguire un corso inedito che porti il racconto a riempire i vuoti di senso lasciati dalle macerie di guerra. Al boato della battaglia, segue adesso il silenzio della fattoria, con l’affastellamento di corpi martoriati e vite spezzate sostituito dalla passività della vita bucolica. E in questo mutamento di prospettiva, in cui il presente è solo il fragile riflesso dei tormenti del passato, tutto è ricondotto ad un processo di azzeramento. Di stile, di intrecci, di personalità. Ecco che Thorfinn, ora schiavo, parte dalla sua condizione di tabula rasa per ricercare una possibilità di riscatto, così come l’anime, in continuità con il percorso lenitivo del ragazzo, adotta la contemplazione – e quindi l’enfasi sui tempi morti e sulle micro-azioni quotidiane – come strumento d’indagine di un mondo impermeabile alla pace.

Vinland Saga si trasforma così in una narrazione pacifista. Non tanto perché si rifiuta di incorporare i richiami di guerra: quelli ci sono eccome, e continuano a cadenzare l’avanzata espansionista del Re Canute; piuttosto è il bisogno di Thorfinn di cercare una realtà in cui le prevaricazioni e le oppressioni non siano parte della sua quotidianità a portare il racconto verso l’antimilitarismo. Solo così si può arrivare a sognare il Vinland, un’isola ideale dove non esiste l’opposizione tra uomini, e dove si può coesistere serenamente al di là delle differenze politiche o etniche. Quel che la serie immagina è perciò una fantasia, soprattutto perché la declina in una cornice storica lontana dalle foci del pensiero democratico. Eppure attorno a questa illusione ruotano tutti i valori e le speranze dell’eroe. Con l’anime che rende questo dissidio non solo deflagrante, ma necessario. Perché il pacifismo è l’unico argine al male del mondo. L’ultimo miraggio da inseguire prima che la storia cancelli ogni traccia della popolazione norrena. Il sogno, al termine della stagione, è ancora lontano dal concretizzarsi. C’è tempo per esplorare nuovi orizzonti, nuove culture. Per poi tornare a sentirsi umani, anche in faccia ad una società che non conosce nulla all’infuori della tempesta.

Titolo originale: id.
Regia: Shūhei Yabuta
Voci: Yūto Uemura, Shunsuke Takeuchi, Mayumi Sako, Kensho Ono, Yōji Ueda, Takayuki Sugō, Shinya Takahashi, Hideaki Tezuka, Yū Hayashi, Fuminori Komatsu, Mugihito, Taiten Kusunoki, Akio Ōtsuka, Kenichirō Matsuda, Naoya Uchida
Distribuzione: Netflix, Crunchyroll
Durata: 48 episodi da 24′ (stagione 1-2)
Origine: Giappone, 2019-2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4
Sending
Il voto dei lettori
5 (1 voto)
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