HOME CINEMA – "A toute vitesse" l'opera prima di Gael Morel

Il giovane regista richiama Elodie Bouchez e Stephane Rideau, già con lui in “L'età acerba” di André Téchiné. Datato 1996 e inedito in Italia, il film viene ora proposto da e.Mik in versione doppiata

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REGIA: Gael Morel


INTERPRETI: Elodie Bouchez, Stephane Rideau, Pascal Cervo.


DURATA: 85'


ORIGINE: Francia, 1996


DISTRIBUZIONE: e.MIK


FORMATO VIDEO: VHS noleggio e vendita


La giovinezza perenne del cinema francese passa tutta per la capacità dei suoi autori di materializzare una forma dinamica di pensiero filmico, una sorta di continua palestra in cui lo sguardo e i pensieri, le situazioni narrative e le emozioni, le pulsioni espressive e le tensioni sociali si confrontano con agilità d'azione e sincerità di sudore.


La solidità e l'efficacia di un'opera pure scritta sulla carta velina come A toute vitesse (inedito in Italia e ora proposto in videocassetta dalla e.MIK in versione doppiata) ne è una bella testimonianza, una delle tante possibili, ma con in più una semplicità strutturale e un'immediatezza d'impianto che la rendono ancora più intrigante nella sua effettiva complessità. Trattasi del film con cui nel 1996 esordì nella regia Gael Morel, bel volto post-truffautiano del cinema francese, che qualcuno ricorderà come uno dei protagonisti (quello alle prese con la propria omosessualità) di L'età acerba di André Téchiné. E proprio al gruppo di interpreti di quel film Morel si rifà per questa sua opera prima, in cui richiama in campo sia la limpida vitalità di Elodie Bouchez che la massiccia sensibilità di Stephane Rideau, cui guarda caso mette accanto altri due personaggi, quasi a creare una sorta di controcampo attualizzato al film di Téchiné.


La storia è infatti quella di quattro amici che, a distanza di sicurezza da Parigi, fanno i conti con un mondo in cui crescere cercando di non perdere la propria innocenza. Da un lato c'è dunque Quentin, vincitore di un concorso letterario nel cui successo i media cercano l'icona delle inquietudini della gioventù francese; dall'altro c'è la sua fidanzata Julie, che suo malgrado perde via via i contatti sentimentali con Quentin; cosa che accade pure al suo amico Jimmy, il più forte e fragile del gruppo, emarginato socialmente e rapper da branco, al quale lo scrittore guarda come a un modello cui attingere verità. E poi c'è Shamir, esule algerino omosessuale, addolorato per la disgraziata morte del suo ragazzo e incautamente innamoratosi di Quentin, che invece mira solo a rubargli dal cuore il segreto del suo triste amore perduto per farne il soggetto del suo prossimo romanzo.


Gael Morel interseca i quattro personaggi con intelligenza narrativa pari solo alla verità sentimentale che riesce a tirarne fuori, innescando un confronto a quattro in cui lo sfondo della società, lungi dall'occupare l'idea del film, rende solo tridimensionale il gioco di passioni incrociate che ruotano attorno alla figura di Quentin. Alla cui antipatia l'autore si affida per distanziare affettivamente il suo lavoro dallo sguardo dello spettatore, mirando chiaramente a raffreddare le emozioni per rendere più evidente il gioco dei sentimenti e le dinamiche delle passioni. Un intrigo di relazioni in cui il più debole è quello che finisce col perdere il gioco ma il più forte è quello che perde se stesso.

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