Chiara di Susanna Nicchiarelli

Il racconto biografico su Santa Chiara (XIII secolo) elaborato dalla regista e sceneggiatrice italiana mostra smarrimento e limiti di schematismo. Concorso.

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Chiara. Un nome proprio. Senza i filtri della santificazione. E quindi senza tempo. Un modello femminile (e femminista) da tramandare e raccontare. Un’idea(le). Una storia semplice di povertà e di fondazione di una comunità. La vita di Santa Chiara (1194-1253) era in effetti materiale suggestivo e coerente nel proseguire il “discorso” di Susanna Nicchiarelli sulle figure femminili della Storia. Dopo il rock di Nico, 1988 e la militanza di Miss Marx, arriva il turno della religione, della scelta spirituale e della rinuncia come atto di ribellione nei confronti del Sistema. Quindi la giovane assisana del XIII secolo diventa ancora una volta una figura rivoluzionaria pronta a mettere in discussione la mentalità del suo tempo e quella di oggi. Un’eroina nicchiarelliana mediata stavolta dalla preziosa consulenza della storica medievalista Chiara Frugoni, recentemente scomparsa e a cui il film è dedicato.

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Siamo nell’Umbria del 1200. Chiara d’Assisi abbandona gli agi della propria famiglia per seguire Francesco d’Assisi e vivere in preghiera e povertà. Col tempo altre donne si uniscono a Chiara. Ne nasce una comunità di consorelle, inizialmente osteggiata dal papato. Sarà la grande battaglia della Santa: la formazione di un ordine femminile basato sul “riconoscimento dell’altissima povertà”. Alla fine Chiara riuscirà a scrivere al pontefice la prima regola mai redatta da una donna e a dare origine alle Clarisse. Il nuovo film scritto e diretto da Nicchiarelli alza il livello delle ambizioni. A partire dal linguaggio, che è quello del dialetto e dell’italiano volgare, ma anche del latino. Dispiace dirlo ma stavolta Nicchiarelli non sembra riuscire a trovare il giusto tono per raccontare un personaggio che appare granitico, privo delle debolezze e delle ambiguità che rendevano interessanti e moderne sia Nico sia Eleonor Marx. In Chiara manca il conflitto e la profondità dei personaggi. Ma anche il senso dello spazio e della quotidianità della Storia fa fatica a emergere. Come se tutto il progetto fosse rimasto nella testa della cineasta, senza riuscire mai veramente a prendere vita attraverso le immagini o le interpretazioni degli attori, generosi ma smarriti dall’inizio alla fine.

Il risultato è un film schiacciato dal peso delle sue intenzioni. Raffreddato. Mosso da traiettorie formali ed emotive che appaiono sterili, incerte se seguire la strada del rigore o quella dell’anticonformismo. Da questo punto di vista i numerosi balletti che costellano il film in verità non lo accendono mai, così come il finale “contemporaneo” con le musiche di Cosmo che appare straniante e persino invasivo. Insomma, la sintesi tra il rigore rosselliniano e la “stravaganza punk” che nei film precedenti riusciva a trovare un suo compimento, si palesa qui in un elementare e sospetto schematismo. Per un film come questo servivano “miracoli” che non abbiamo visto.

 

Regia: Susanna Nicchiarelli
Interpreti: Margherita Mazzucco, Andrea Carpenzano, Carlotta Natoli, Paola Tiziana Cruciani, Flaminia Mancin, Valentino Campitelli, Paolo Briguglia, Giulia Testi, Luigi Vestuto, Luigi Lo Cascio
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 106′
Origine: Italia, Belgio 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2
Sending
Il voto dei lettori
2.69 (26 voti)
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