Dolemite is my name, di Craig Brewer

Eddie Murphy interpreta Rudy Ray Moore, l’attore, cantante e produttore che negli anni ’70 inventò il personaggio “Dolomite”. Candidato a due Golden Globe. Su Netflix.

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Anche la blaxploitation ha avuto il suo Ed Wood. Si chiamava Rudy Ray Moore, in arte “Dolemite”, e durante gli anni ‘70, non più giovanissimo, sconvolse il mercato indipendente statunitense con una serie di album e lungometraggi che diventarono veri e propri cult per il pubblico di colore. Stand-up  comedian, cantante, attore, produttore, la figura di Moore deve aver affascinato non poco Eddie Murphy, protagonista e produttore di questo biopic targato Netflix, in cui l’attore americano mette molto di sè. 

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Il film si divide piuttosto distintamente in due parti: la prima dove assistiamo alla creazione del personaggio Dolemite nei nightclub e nelle pubblicazioni discografiche indipendenti, la seconda prevalentemente incentrata sulla grottesca lavorazione del film Dolemite e sulle vicissitudini economiche e distributive prima del trionfo nei circuiti off. 

Comicità, linguaggio scurrile, cinema di serie B: tutto virato in salsa black anni ‘70, con i costumi sfavillanti di Ruth E. Carter – premio Oscar per Black Panther – che la fanno da padroni. C’è molta carne al fuoco in Dolemite is my name e qui entrano in gioco i due sceneggiatori Larry Karaszewski e Scott Alexander, gli stessi di Ed Wood appunto, autentici specialisti di biografie ambientate nel mondo dello spettacolo (Larry Flynt, Man on the Moon, Big Eyes) e fin troppo bravi nel dare equilibrio, mestiere e pulizia drammaturgica a una storia che forse avrebbe necessitato di maggior follia e anticonformismo. Le stesse che mette l’allucinato Wesley Snipes nella caratterizzazione del dandy D’Urville Martin ad esempio, una vera e propria meteora che brucia il set, forse la vera differenza del film.

Dolemite is my name sembra comunque tagliato su misura per rilanciare l’Eddie Murphy di oggi. L’attore – reduce negli ultimi anni da alcuni insuccessi commerciali come Piacere Dave, Una bugia di troppo e l’inedito Mr. Church – mette in gioco la sua presenza scenica (e fisica) a un restyling carnevalesco/crepuscolare che incarna elementi quasi autobiografici, una miscela di autoironia e malinconia allo stesso tempo. La maschera Murphy e quella di Dolemite sono coalescenti in questa piccola opera che racconta soprattutto il rischio individuale dell’artista, la fatica artigianale e l’intuito imprenditoriale che si celano dietro l’american dream dello spettacolo. 

In fin dei conti il film di Brewer (Hustle & Flow) narra le gesta di un attore produttore che vede una fetta di mercato che nessuno riesce a immaginare. E alla fine, grazie al pubblico, vince la sua sfida contro i critici intellettuali, contro i produttori cinematografici e quelli discografici. Un film sulla bassa manovalanza che arriva in alto. Sull’intrattenimento popolare che parla alla gente. Sul successo e sulle strategie alternative per arrivare alla fama. Parabola interessante. Operazione divertente, anche se paradossalmente troppo convenzionale. Pensata e realizzata per mostrare, anziché sovvertire.

 

Titolo originale: id.
Regia: Craig Brewer
Interpreti: Eddie Murphy, Wesley Snipes, Da’Vine Joy Randolph, Mike Epps

 

Distribuzione: Netflix
Durata: 118′
Origine: USA, 2019

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4 (4 voti)
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