Fallout, di Jonathan Nolan

La serie si muove bene attraverso un America distrutta dalla guerra nucleare ma cede nei momenti più muscolari. Interessanti gli intrecci narrativi tra i protagonisti. Su Amazon Prime

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2077. In un America cristallizzata agli anni ’50, il mondo intero è ancora diviso nei due blocchi post Seconda Guerra Mondiale: Unione Sovietica e Stati Uniti. La più grande paura, come una catastrofe in procinto di esplodere, è senza dubbio la minaccia di una guerra nucleare. E in Fallout la premessa più chiara è sicuramente questo accorpamento temporale di diverse epoche, quando gioca con l’estetica retrofuturistica nell’esplorazione di un presente totalmente contaminato e stravolto. Il rischio di una guerra nucleare viene immediatamente a concretizzarsi nei primissimi istanti della serie. Ecco che la partita ha inizio. 2296. Oltre duecento anni dopo la distruzione del mondo, si vede la società di abitanti del Vault 33: un ristretto gruppo di persone superstiti del Nord America che vive in dei sotterranei blindati, al sicuro dal mondo esterno, e che ha saputo trovare il modo di andare avanti per il bene della (loro) cura. Da qui Lucy McLean dovrà intraprendere un viaggio verso la California per trovare suo padre (Kyle MacLachlan), rapito dal Vault e portato nel mondo esterno, quello contaminato, da una banda di predoni. In questa ambientazione, comunque, è interessante notare degli scambi col mondo televisivo degli anni ’50, prima tra tutti la celebre serie tv The Twilight Zone.

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Fallout sin dall’incipit chiarisce immediatamente gli intenti, nella sua natura di adattamento televisivo del celebre videogioco di casa Bethesda. Perché la costruzione drammaturgica si fonda su un modello fortemente “espanso” se pensiamo alla divisione del racconto che passa attraverso più protagonisti. Oltre a Lucy (Ella Purnell) infatti si assiste parallelamente anche alla crescita di Maximus e al vagare del ghoul/non morto Cooper Howard. Questa scelta della frammentazione del racconto, con la messa in campo di più protagonisti, prosegue verso delle piste che Fallout esplora ed amplia a riconferma del fatto che l’ibridazione del prodotto nasce in primis da una matrice videoludica. Inoltre Cooper era una star del cinema al momento dello scoppio della bomba in California, spunto che viene ripreso intelligentemente ed usato per riflettere anche sul mezzo puramente cinematografico e sui generi più classici quando navighiamo nei vari set: western, fantasy, action.

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La serie sviluppata da Jonathan Nolan (sceneggiatore, tra gli altri, di Memento, Il cavaliere oscuro, Interstellar) rappresenta un ulteriore tassello della macro operazione produttiva iniziata da Amazon, che consiste nella mappatura di un mosaico del contemporaneo esplorabile e fruibile in ogni momento. Impossibile poi ignorare i rimandi presenti verso i temi più attuali. Tra questi c’è la desertificazione del mondo, per citarne uno, che parla moltissimo dell’imminente crisi climatica, con questi paesaggi vastissimi dentro i quali l’umanità si agita alla ricerca spasmodica di cibo e acqua. È indubbio che uno dei punti forti di Fallout quindi è proprio l’aderenza con il presente, a prescindere da quanto la piega distopica dell’universo dentro il quale naviga sembri lontanissima da noi.

La materia degli oggetti messi in scena, così come l’abbondanza degli ambienti, sono due dei maggiori elementi che incrinano la forza del racconto di Fallout. Perché pensando alla lunghezza degli episodi e alla muscolarità che la serie richiede – l’impegno nel VFX e negli elementi digitali richiesto è parecchio – salta subito all’occhio una sorta di inconguenza con la fluidità al quale la serie tende. Questi piccoli difetti vengono fuori soprattutto nelle scene di azione e combattimento (frangenti che scandiscono il respiro e i ritmi), durante le quali si avverte una fretta nella regia e nel montaggio; e che a un occhio più attento possono provocare un certo straniamento. Tutto ciò chiaramente influisce su un eventuale affezione per lo spettatore – che magari potrebbe vedere in Fallout, a conti fatti, un’esperienza ludica valida alla prima visione, senza poi trovare lo slancio giusto che lo porterebbe anche a tornare.

Titolo originale: id.
Creata da: Jonathan Nolan
Interpreti: Ella Purnell, Walton Goggins, Aaron Moten, Moises Arias, Rod Luzzi, Leer Leary, Johnny Pemberton, Kyle MacLachlan, Dave Register
Distribuzione: Amazon Prime
Durata: 8 episodi da 60′ 
Origine: USA, 2024

La valutazione della serie di Sentieri Selvaggi
3
Sending
Il voto dei lettori
4 (1 voto)
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