Il collezionista di carte, di Paul Schrader

Per Schrader, ancora una volta, la strada morale è tortuosa e imprevedibile. Ma la sua scrittura si muove tra i dilemmi con la nitidezza di una parabola. In concorso a #Venezia78

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William Tell (!) è un giocatore di carte professionista. Viaggia per le highways d’America, gira per i casinò, tra le luci ipnotiche di Atlantic City o di qualche altra città “folle” e vince a blackjack senza dare troppo nell’occhio. Ogni tanto una puntata ai tavoli da poker e il gioco è fatto. Nessun rischio inutile, nessun’ambizione da grande colpo. Una vita solitaria, da monaco praticamente. Nessun contatto, nessun legame. Dorme nei motel, dopo aver accuratamente coperto tutti i mobili per creare, così, l’ambiente più asettico e silenzioso possibile. Del resto, William ha passato otto anni in un carcere militare. Era, infatti, tra gli aguzzini di Bagram e Abu Grahib, perfettamente addestrato alla follia degli “interrogatori potenziati”, assuefatto alla droga della tortura e del sopruso. Scoppiato lo scandalo delle violenze dei soldati americani nei confronti dei prigionieri afghani, non ha avuto possibilità di cavarsela, a differenza di molti superiori istruttori, mercenari praticamente intoccabili. Ma in William non sembra esserci recriminazione o residuo d’odio. In carcere si è abituato a una vita a orologeria, si è dedicato alla lettura e ha imparato a contare le carte. Eppure il passato è un mostro da cui è impossibile fuggire, un debito accumulato nelle pieghe più profonde dell’anima. Da pagare, in un modo o nell’altro, ben oltre le pene istituite. Finché non riappare lo spettro del maggiore John Gordo (un Willem Dafoe che, come sempre, pare covare il diavolo dietro il sorriso). E un doppio incontro, con il giovane Cirk e con la giocatrice La Linda. Tutto prende, improvvisamente, un’altra forma.

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Dopo l’Ernst Toller di First Reformed, Paul Schrader fa appello, di nuovo, a un nome “storico” (o meglio leggendario) per raccontare un altro personaggio ascetico, in cerca di una via di salvezza. Ma qui non si tratta di un’aspirazione cristologica alla redenzione collettiva, quanto di un’espiazione tutta personale, la necessità di una purificazione. E alla tesa, macerante sofferenza del corpo di Ethan Hawke, risponde l’apparente impassibilità di Oscar Isaac, che sembra quasi farsi opaco, imperscrutabile nei pensieri e nelle intenzioni. William si muove in maniera anonima in un mondo di apparenze scintillanti ma altrettanto grigie, rinchiuso in una specie di prigione volontaria, in un circolo (o un circo) di ripetizioni, annotazioni, conteggi e calcoli di probabilità. “È tutto bello, ma è una vita monotona”, gli dice Cirk. Ma sotto quella monotonia, avverti la tensione lacerante dello spirito, il sangue appena raggrumato di una ferita non cicatrizzata. E, soprattutto, senti l’infinita possibilità di una differenza, di una svolta inattesa ma forse predestinata, di una scelta differente. Ognuno ha la sua storia da raccontare, in fondo. Ed è una storia in cui l’avventura interiore è sempre infinitamente più complessa di quella esteriore.

Per Paul Schrader, ancora una volta, la strada morale è tortuosa e imprevedibile. Ma la sua scrittura si muove tra i dilemmi con la nitidezza di una parabola, segna il percorso con la forza inarrestabile del paradosso, mistero di ogni fede. E se il suo sguardo gioca su linee di tensione thriller, punteggiate dalla musica ossessiva di Giancarlo Vulcano, Robert Levon Been, se arriva a impazzire nella prospettiva deformata delle scene di tortura, alla fine  ritrova, sempre, la sua cristallina linearità. Fino a farsi lieve in una passeggiata di straordinaria dolcezza, in due mani che si toccano. E in un finale ancora una volta bressoniano (o forse, ormai bisognerebbe dire schraderiano). Un finale in cui il dramma sembra non esserci più. Di puro amore. La salvezza non si controlla. Segue vie ignote. Ma la senti quando la vita riprende a scorrere.

 

Titolo originale: The Card Counter
Interpreti: Oscar Isaac, Tye Sheridan, Tiffany Haddish, Willem Dafoe, Ekaterina Baker, Joel Michaely, Billy Slaughter
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 109′
Origine: USA, 2021

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
2.78 (49 voti)
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