Lupin III vs. Occhi di gatto, di Kobun Shizuno e Hiroyuki Seshita

Il film capitalizza il fascino immortale dei suoi protagonisti-icone, capaci ancora di condurci in un inebriante tunnel di ricordi. Qualche lacuna estetica ne frena però le aspirazioni. Su Prime Video

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Se analizziamo nel dettaglio la storia delle due saghe, e le logiche che da sempre le contraddistinguono, è quasi ironico – se non paradossale – constatare quante decadi siano passate prima che gli universi narrativi di Lupin III e di Occhi di gatto potessero convergere in un’unica cornice. I motivi di questa ideale sovrapposizione non sono adesso da ritrovare nelle sole – e più che comprensibili – motivazioni commerciali dell’operazione-crossover, ma anche (e soprattutto) nelle stesse logiche identitarie dei due leggendari franchise. Perché almeno in superficie, le trasposizioni animate delle opere di Monkey Punch e Tsukasa Hōjō condividono molte più analogie di quello che potrebbe emergere da una riflessione sommaria: entrambe infatti sono prodotte dalla TMS, vengono trasmesse in contemporanea su Nippon Television (nel caso di Lupin si fa riferimento alla terza serie, quella del ’84 con la “giacca rosa”) e si strutturano sulla spettacolarizzazione di sequenze d’azione, dove i “grandi colpi” si alternano progressivamente alle analisi delle dinamiche interne ai rispettivi gruppi di personaggi. Un andamento che questo Lupin III vs. Occhi di gatto vuole onorare sin dal principio.

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In piena qualità di testo-omaggio, Lupin III vs. Occhi di gatto rievoca immediatamente le strutture di ambedue i franchise, per (ri)connetterli in un univoco spazio di ri-mediazione iconografica. Se nei precedenti crossover con protagonista il ladro gentiluomo – cioè rispettivamente quello con Sherlock Holmes della sesta serie (2021) e l’infallibile Detective Conan del film – a dominare sono ancora le logiche del gatto-e-il-topo, dove l’insieme di inseguimenti, depistaggi e colpi a tradimento si fondano sulle caratteristiche antitetiche dei personaggi coinvolti (un ladro da una parte, investigatori dall’altra) qui al contrario tutto si gioca su un terreno diverso, più affine e organico. Le tre “sorelle gatte”, alla pari dello stesso Lupin, sono delle ladre. Condividono, come noto, lo stesso modus operandi – sia il ladro gentiluomo, sia le ragazze avvertono in anticipo coloro che stanno per derubare, mediante l’uso di “biglietti da visita” – così come la stessa determinazione nel portare a termine il colpo. Ciò che li separa è in realtà il motivo alla base del furto, oggetto di conquista e auto-affermazione da un lato (Lupin) e di un recupero ideale del legame paterno (Occhi di gatto) dall’altro. E che determina poi le grandi differenze di toni e registri tra le due saghe.

Non è un caso, allora, che in Lupin III vs. Occhi di gatto tutte le istanze ruotino attorno al recupero di oggetti-feticci dal grande valore emozionale per i quattro protagonisti. Partendo infatti dal furto di tre quadri, desiderati egualmente dalle due “fazioni ladresche” per motivi opposti, il film riesce a giustificare la sua cornice da crossover proprio in relazione ai simbolismi celati dal bottino in questione. Per Lupin, infatti, si tratta (almeno all’apparenza) dell’ennesima fonte di guadagno: i quadri realizzati dal padre delle Cat’s Eye nascondono gli indizi per arrivare al celebre tesoro dei nazisti, mentre per le tre sorelle gli stessi oggetti costituiscono l’ultima speranza per alleviare il dolore dell’assenza paterna. Ma nel momento in cui le loro azioni convergono, ecco che il film trova nella figura dell’ignoto artista un’inaspettata chiave di connessione tra i due universi. In questo senso, la storia si muove molto più nei mondi di Occhi di gatto che in quelli di Lupin. I conflitti da risolvere sono di fatto quelli delle tre ragazze, tanto che la narrazione, soprattutto sul finale, sembra convergere su derive emotive che poco hanno a che fare con la scaltrezza umoristica degli epiloghi lupiniani. In particolare di quelli della serie con la “giacca rosa” su cui idealmente si basa il racconto.

Per quanto il film sia abile nel portare le logiche del crossover oltre lo spazio della rielaborazione iconografica di leggende animate, è pur vero che pecca di alcune lacune considerevoli. La distribuzione delle coppie – ad esempio Sheila con Jigen, Lupin con Tati, Zenigata con il detective Matthews – funziona solo in parte, forse anche a causa di soluzioni estetiche poco appaganti, soprattutto in relazione alla costruzione del character design in CGI. Tale scelta, lontana dalla fluidità degli omologhi digitali di Lupin III: The First (2019), determina per i personaggi una varietà espressiva limitata, oltre ad una certa macchinosità nei movimenti primari, che priva i protagonisti (e in particolare, Fujiko) della loro strabordante sensualità. Eppure, malgrado le imperfezioni di fondo, c’è un certo piacere nel vedere interagire queste icone all’interno della stessa cornice. Come se ci spingessero a sorvolare su ogni imprecisione scenica pur di farci godere di questo storico tunnel della memoria. D’altronde, Lupin III vs. Occhi di gatto, alla pari del recente Lupin Zero, sa come capitalizzare il fascino immortale dei suoi iconici protagonisti. Capaci ancora, dopo tutti questi anni, di sedurre le nostre menti, e condurci sui sentieri dei ricordi più nostalgici e inebrianti. Anche perché a noi, con tutta probabilità, basterebbe già solo questo…

Titolo originale: Rupan Sansei vs Kattsu Ai
Regia: Kobun Shizuno, Hiroyuki Seshita
Voci: Kanichi Kurita, Akio Otsuka, Daisuke Namikawa, Miyuki Sawashiro, Koichi Yamadera, Keiko Toda, Rica Fukami, Chika Sakamoto, Yoshito Yasuhara
Distribuzione: Amazon Prime Video
Durata: 92′
Origine: Giappone, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.2
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Il voto dei lettori
4 (3 voti)
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