Mobile Suit Gundam: The Witch From Mercury, di Hiroshi Kobayashi

Gundam da sempre osserva la guerra dalla prospettiva di chi ne resta schiacciato. Qui ne indaga anche i preamboli, scardinando tutte le relazioni di potere che danno vita ad un conflitto. Crunchyroll

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Tra tutti i testi che hanno contribuito a dare vita al fenomeno mondiale degli anime, la saga di Gundam occupa in assoluto un posto speciale. Non solo per motivi puramente estetici, avendo rivoluzionato nel corso delle sue numerose serie i modi in cui animare i movimenti dei robot per compartimenti stagni, ma in particolare per come ha portato sin da subito il genere più influente nella storia dell’animazione nipponica – cioè il mecha – verso nuovi orizzonti. Prima della serie creata da Yoshiyuki Tomino nel 1979, il filone dei robottoni era dominato ancora dalla cosiddetta “scuola ortodossa”, con opere iconiche come Mazinga Z, Ufo Robot Goldrake e Getter Robot che spettacolarizzavano i combattimenti tra esoscheletri inorganici, senza mai legarli ad una caratterizzazione umanistica del racconto: di conseguenza la relazione simbiotica tra uomo e macchina era più importante del conflitto psicologico del protagonista. Ma con l’arrivo di Gundam tutto cambia: i robot mantengono le loro configurazioni antropomorfe, per diventare ora dei semplici strumenti di distruzione all’interno di narrazioni belliche sempre più sfumate e realistiche, dove è la natura umana, insieme ai valori dell’individuo, ad essere messa in gioco. Ed è proprio da qui che parte questo nuovo Mobile Suit Gundam: The Witch From Mercury, i cui episodi guardano esplicitamente alle traiettorie del passato, senza mai tralasciare i discorsi della contemporaneità.

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Come tutti i grandi prodotti che si fanno portavoce di un’eredità culturale, anche la nuova serie prodotta dalla Sunrise appare come un viaggio (anti)nostalgico, in cui le formule classiche della saga si intrecciano a visioni inedite, proprio perché calate nella modernità. La cornice di riferimento, così come l’approccio tematico, risultano analoghi all’opera capostipite: la guerra è ancora l’arena del conflitto, una dimensione inumana dove ogni innocenza è perduta, e in cui i richiami infernali di un mondo diabolico non si arrestano neanche davanti al sacrificio collettivo di migliaia di giovani vite. Se nei precedenti racconti di Gundam conta però l’osservazione di un mondo in piena implosione, su cui di volta in volta si stagliano le azioni di coraggiosi (e fragili) eroi pronti a tutto pur di sopportare una realtà che nega ogni emozione umana, adesso a cambiare è il punto di vista da cui si guarda (e si vive) la guerra. Al punto che Mobile Suit Gundam: The Witch From Mercury non mostra semplicemente gli effetti distruttivi del conflitto bellico, ma li inquadra dall’alto, in modo da comprendere quel che si cela a monte. Ciò che permette cioè all’industria guerresca di riconfigurare i destini dell’universo. Con tutto quel che ne deriva in termini di collusioni, egoismi politici e sistemi di potere oligarchici.

A testimoniare la radicalità di questo cambio di prospettiva interviene, non a caso, già il prologo, vero antefatto (tematico, narrativo, estetico) di tutte le traiettorie adottate nei successivi 24 episodi dalla serie. Ci troviamo nell’anno Ad Stella 101: l’umanità è in piena ascesa tecnologica, ma un brutale conflitto ha generato grandi disparità economiche tra gli abitanti delle colonie (gli spacians) e i terrestri, privati di quel materiale denominato “Permet” che permette di creare nuove tecnologie, inclusi i Mobile Suit (esoscheletri robotici) di nuova generazione. Nel momento in cui il gruppo di ricerca Vanadis (capeggiato dalla geniale Prospera) inizia a dominare il mercato bellico grazie allo sviluppo del “Gund”, un’interfaccia neuro-computerizzata che consente ai Mobile Suit di legarsi direttamente agli organi di chi li pilota, i fondatori delle macrocorporazioni del Concilio, mossi dalla sete di potere, decidono di sterminare gli sviluppatori del sistema, destinando così i “Gundam” all’illegalità. Dopo 21 anni dal disastro, in cui si è salvata solo la scienziata, la giovane Suletta si trasferisce sotto suggerimento della madre Prospera ad Asticassia, un’accademia frequentata dai rampolli delle più grandi famiglie dell’industria bellica. Qui dimostrerà il suo valore come pilota di Mobile Suit, pur nascondendo un grande segreto: il robottone da lei guidato non è nient’altro che un Gundam, generato dall’anima della sorella Eri, uccisa dall’oligarca Delling Rembran, nemico giurato di Prospera nonché padre della migliore amica/futura sposa della protagonista, cioè Miorine.

Quel che risalta ad un primo sguardo è la grande capacità di Mobile Suit Gundam: The Witch From Mercury di legare le sue strutture ad un reticolo ampio e denso di connessioni testuali: la cornice è quella dell’opera di Tomino, ma il cuore appartiene allo shōjo (anime per ragazze). Al punto che ogni sua istanza, dalla tensione omoerotica tra le due protagoniste ai duelli per conquistare la “sposa” fino alla ricerca di una propria identità, proviene dai territori di La rivoluzione di Utena. E proprio come la seminale serie del 1997, che declinava i canoni del romanzo cavalleresco (e le sperimentazioni di Evangelion) in un’ottica da shōjo, anche l’anime della Sunrise si serve dei temi della saga originale in vista di una loro sovversione, indagando ciò che da sempre contraddistingue il nucleo di Gundam da una prospettiva moderna. D’altronde già 86 Eighty-six aveva recentemente esplorato gli effetti della modernità sulla configurazione delle guerre odierne. Solo che The Witch From Mercury va oltre, non si limita ad attaccare le relazioni di potere su cui si originano quegli stessi conflitti, ma li porta a dialogare con i discorsi della nostra realtà, aprendo nel canone gundamiano uno spazio di riflessione sul genere, e sulla natura instabile delle identità giovanili.

È proprio da qui che si genera tutto il sostrato polemico dell’anime. Perché il sentimento che lega le due protagoniste, per quanto intenso e palpabile, deve necessariamente fare i conti con le tensioni di mondo impermeabile al pacifismo, in cui bisogna scegliere come (e per chi) combattere. E più si trovano separate dai richiami di guerra, più la carica antimilitarista del racconto acquisisce ferocia. Eppure, nonostante tutto, rispetto al nichilismo a cui ci ha abituati la saga, questo Mobile Suit Gundam: The Witch From Mercury vuole ancora credere in un futuro positivo. Che non significa proporre una visione edificante – e quindi edulcorata – della realtà. Ma semplicemente pensare che ci possa essere un’alternativa al buio in cui si sta inabissando l’animo umano. Soprattutto se si è capaci di guardare in faccia le ingiustizie, senza pretendere che un miracolo arrivi a ripristinare l’equilibrio dell’universo.

Titolo originale: Kidō Senshi Gundam: Suisei no Majo
Regia: Hiroshi Kobayashi, Ryō Andō
Voci: Kana Ichinose, Lynn, Yôhei Azakami, Miyu Tomita, Natsuki Hanae, Mamiko Noto, Shiori Izawa, Aya Yamane, Yume Miyamoto, Makoto Furukawa
Distribuzione: Crunchyroll
Durata: 24 episodi (+1 prologo) da 24′
Origine: Giappone, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4
Sending
Il voto dei lettori
5 (1 voto)
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