Piccolo corpo, di Laura Samani

Alla Semaine de la Critique, un esordio giocato in un tempo strano, segreto, che si trasforma in un viaggio di resurrezione, un percorso iniziatico di gestazioni travagliate e rinascite

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Friuli, fine Ottocento. Da una modesta isola di pescatori, Agata va verso le montagne ai confini con l’Austria. La protagonista di Piccolo corpo è in cerca di un miracolo per la figlia nata morta. La bambina non è stata battezzata e questo è il più grande rammarico della donna, terrorizzata dall’idea di un’anima costretta a vagare nel limbo. Per questo, contro tutto e tutti, persino il marito rassegnato al dolore, Agata decide di chiudere il corpicino in una cassa e partire per un santuario lontano, dove, a quanto si dice, la bimba potrà ricevere il sacramento. Lungo il cammino incontra Lince. Non si sa se un ragazzo o una ragazza, non si sa se in cerca di qualcosa o in fuga da qualcuno. Lince accetta di accompagnare Agata, con la promessa di ricevere metà del “tesoro” nascosto nella cassa.

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Esistevano davvero questi santuari del respiro, in cui, secondo la credenza popolare, i bambini potevano tornare per qualche istante in vita, giusto il tempo di ricevere il battesimo e arrivare così alla pienezza della visione di Dio. Luoghi di resurrezione provvisoria, di sospensione delle leggi indifferenti della natura. Luoghi di fedi ancestrali, di disperazioni che si tramutano in speranze incrollabili. Ed è a quel sostrato, tutto sommato ancora vivo, di devozioni pagane, di energie segrete e segni, che attinge a piene mani Laura Samani. Che perciò sceglie di affidarsi alla densità popolare del dialetto friulano, che si mescola allo sloveno e al tedesco, e di ambientare la sua storia in un tempo indefinito, in una specie di limbo arcaico, dove la modernità appare solo sotto forma di oggetti che non hanno reale utilità, di lampadine senza corrente.

È quel tempo strano, più mitico che concreto, in cui si gioca ormai molto cinema di queste parti, da Menocchio (la Nefertiti di Nadia Trevisan e Alberto Fasulo produce il film) a I tempi felici verranno presto di Comodin, fino a Monte di Naderi. Un tempo in cui il viaggio si trasforma in una parabola iniziatica densa di simboli e figure arcane. La madre, i pescatori, i briganti, le streghe guaritrici, il tesoro, la miniera/caverna oscura pronta a risucchiare le donne che l’attraversano, la montagna, il tempio, fino al ritorno all’acqua, al principio liquido della vita. Proprio “Mar” sarà battezzata la nuova creatura, il mare che tutto circonda e tutto contiene. E chissà che il nome stesso di Agata non sia segno di qualcosa. Perché al di là dell’ovvia etimologia, l’agata è una pietra che, a quanto pare, ha particolari poteri protettivi per le donne incinte. Qui il talismano sembrerebbe non funzionare. O forse no, se si pensa che, in fondo, Piccolo corpo è l’ostinata ricerca di un lampo di resurrezione, è un percorso di gestazioni travagliate e di rinascite. Compresa quella di Lince, che finisce per avere “parte del tesoro”, trovando un senso al suo vagare.

Laura Samani gira un piccolo film epico, dove il viaggio aereo dello spirito si rivela nella densità del corpo, della fatica e della sofferenza. E dove il corpo, a sua volta, sembra liquefarsi, si fa latte, sangue, lacrime. Per tornare, infine, all’acqua. Un film di donne, soprattutto, dove l’infinita ricettività femminile riscopre il suo lato attivo, la sua forza di generazione e trasformazione. “Non avere più paura dell’oscurità. Sei libera”.

 

Regia: Laura Samani
Interpreti: Celeste Cescutti, Ondina Quadri, Marco Geromin, Giacomina Dereani, Anna Pia Bernardis, Angelo Mattiussi
Distribuzione: Nefertiti Film
Durata: 89′
Origine: Italia, Francia, Slovenia, 2020

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.8
Sending
Il voto dei lettori
3.2 (15 voti)
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