The Last Movie Stars, di Ethan Hawke

The Last Movie Stars racconta in 6 episodi la storia di Paul Newman e Joanne Woodward. Hawke spariglia le carte tra repertorio, videocall su Zoom, testimonianze reinterpretate. Cannes Classics

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Folgorato da bambino da una visione mattutina di Butch Cassidy & The Sundance Kid in una domenica in cui aveva marinato la messa, l’infaticabile Ethan Hawke firma il suo secondo documentario (il primo, Seymour: an introduction, sul pianista Seymour Bernstein, l’ha girato tra le due regie di finzione, The hottest state e Blaze) nella formula seriale per HBO Max, per raccontare vita pubblica e privata di Paul Newman e Joanne Woodward. A Cannes, che nel 2013 dedicò alla coppia lo straordinario manifesto dell’edizione numero 66, Hawke ha portato gli episodi centrali dei 6 che compongono il ritratto, prodotto tra gli altri anche da Martin Scorsese.
Già da queste puntate è facile capire perché un personaggio come Hawke, la cui rinnovata fortuna presso il pubblico mainstream grazie a Moon Knight è certificata dal folto numero di giovanissimi/e che affollano la proiezione ufficiale in sala Varda, abbia così a cuore due figure come Newman e Woodward. In pieno spirito New Hollywood, Newman negli anni ’60 e ’70 ha intrecciato sempre di più le traiettorie degli script dei suoi film con le vicende personali della sua affollata famiglia (tre figli con Woodward e tre precedenti alla relazione con l’attrice, a cui Joanne non ha mai rifiutato di fare da madre) e dei suoi problemi personali, innervando le storie di titoli come Un uomo oggi e Indianapolis, pista infernale dei suoi demoni privati come la forte dipendenza dall’alcool e i rapporti tumultuosi con la progenie. Da un lato, l’attore de Lo spaccone ha rinnovato così quella classica figura hollywoodiana dell’interprete-produttore che si fa costante autore nascosto delle proprie pellicole, circondato da un nugolo di fidati metteur en scène come Stuart Rosenberg (modalità che arriva fino ai nostri tempi del grande protagonista di Cannes 2022, Tom Cruise); dall’altro, sono evidenti esattamente quelle dinamiche che la generazione di cui Hawke è stato un volto-chiave, quindi i Linklater, Van Sant e così via, ha tentato di aggiornare ai propri tempi indie, anche lì andando proprio ad erodere il confine tra vita reale e finzione sullo schermo (impegno politico compreso – Newman si candidò con Eugene McCarthy), sceneggiatura strutturata e impulsiva istantanea generazionale.

Sfilano così frammenti di un repertorio che va da sequenze da La stangata, Nick Mano Fredda o La prima volta di Jennifer fino ad interventi ed apparizioni televisivi, mentre la ricostruzione è affidata a estratti audio da interviste a Paul e Joanne e a tutti i testimoni della loro vicenda umana e professionale, da Gore VIdal a Robert Redford. Nella modalità proto-podcast tanto cara al documentario biografico contemporaneo, queste voci si susseguono come puro flusso sonoro, ma stavolta si tratta di testimonianze interamente ricostruite: i nastri di partenza sono interviste registrate per una biografia di Newman mai pubblicata, e le cassette sono andate distrutte. Restano le trascrizioni integrali, che Hawke fa reinterpretare alla sua cerchia di amici, da George Clooney nel ruolo di Newman fino a Vincent D’Onofrio o Billy Crudup. Ancora una volta, la sovrapposizione rende evidente come questa generazione di star abbia sempre continuamente sognato di poter diventare quella, sostituirsene fino ad aderirne totalmente.
Catturati via Zoom, i reading delle trascrizioni confermano tra le righe come oggi il linguaggio della “non fiction” sia davvero il più accessibile senza bisogno di grandi apparati di messinscena: The last movie stars è spesso inframmezzato dai commenti di Hawke e di interlocutori come lo stesso Scorsese o i figli della coppia, anch’essi registrati interamente su Zoom (come Ethan aveva già fatto per l’intro e l’outro di Zeros and Ones di Ferrara), con pixel, glitch e lag in bella mostra, tra una straordinaria sequenza e l’altra di Martin Ritt o di George Roy Hill. Anche in questi casi, quello che conta è sempre riuscire catturare la verità esposta dalla performance…

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La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
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Il voto dei lettori
3 (2 voti)
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