VENEZIA 71 – Zerrumpelt Herz (The Council of Birds), di Timm Kröger (Settimana della critica)
Ipnotico ed affascinante, è un oggetto misterioso e fuori dal tempo: girato in cinemascope su pellicola (con tanto di segni e graffi sull’immagine, plausibilmente posticci), guarda al cinema dei maestri (Herzog su tutti) per tentare di mettere in scena l’invisibile. Cinema immateriale ed astratto, colto ma allo stesso tempo inevitabilmente prematuro:
Nel 1929 il maestro di musica Paul Leinart si reca in visita presso l’amico Otto Schiffmann, compositore berlinese ritiratosi a vita solitaria in mezzo a un bosco. Lo accompagnano la giovane moglie e un amico, intenzionati a poter finalmente ascoltare l’ultima sinfonia del musicista, un lavoro da tutti lungamente atteso. Una volta raggiunta la casa la trovano però vuota: Otto è scomparso, e con lui l’ultimo movimento della sinfonia. Mentre svolgono le ricerche dell’amico, Paul crede di poter riconoscere lo spartito mancante nel cinguettio degli uccelli…
Il film è l’opera prima del giovane Timm Kröger, classe 1985, un saggio di diploma trasformatosi in lungometraggio che, plausibilmente, diventerà un ottimo biglietto da visita per il suo autore. Ipnotico ed affascinante, Zerrumpelt Herz è un oggetto misterioso e fuori dal tempo: girato in cinemascope su pellicola (con tanto di segni e graffi sull’immagine, plausibilmente posticci), guarda al cinema dei maestri (Herzog su tutti) per tentare di mettere in scena l’invisibile. E allora ecco che lo spettatore viene spinto a perdersi in quei boschi, esattamente come i personaggi, cercando di cogliere il senso di mistero e di sacro rappresentato dai luoghi e dalla musica.
Cinema immateriale ed astratto, colto ma allo stesso tempo inevitabilmente prematuro: Kröger costruisce immagini bellissime ed evocative, trasformando i luoghi in personaggi a sé stanti e regalando almeno un paio di sequenze destinate a rimanere nella memoria (l’avvicinamento a nuoto verso l’isola, il finale sulla spiaggia), ma allo stesso tempo non riesce a conciliare la ricercatezza stilistica con la poesia del Sacro e dell’Invisibile. Il suo film rischia così di trasformarsi in esercizio di stile, tanta e tale è la freddezza che emana, che lascia comunque intravedere i germogli di un talento del quale, ne siamo certi, sentiremo parlare in futuro. In maniera del tutto precauzionale, il giudizio per ora rimane fiducioso ma sospeso.