VENEZIA 71 – Non un film sulla religione, ma sugli esseri umani: Words with Gods, di Guillermo Arriaga

words with gods

Più che un film, un progetto che si estende al di fuori della sala, alla ricerca di un dialogo tra religioni per interrogarci sulla nostra natura di esseri umani. Arriaga e i registi del film collettivo Words with Gods raccontano il film insieme ai produttori.

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Words with Gods è un film collettivo che nasce dal volere del regista e sceneggiatore Guillermo Arriaga. A legare i vari episodi è la tematica religiosa e le musiche composte da Peter Gabriel. Al film partecipano i registi Emir Kusturica, Mira Nair, Warwick Thornton, Bhaman Ghobadi, Alex De La Iglesia, Hector Babenco, Amos Gitai, Hideo Nakata e lo stesso Arriaga. Presentato nella sezione Fuori Concorso, alla conferenza stampa partecipano tutti i registi, eccetto Kusturica, e i produttori Alex Garcia e Lucas Akoskin.

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Una domanda per l’ideatore del progetto, Guilldermo Arriaga: come è nato il film e come ha assegnato i singoli segmenti?

Arriaga: Ho sviluppato il progetto insieme ai produttori. Dobbiamo conoscerci gli uni con gli altri, condividere con gli altri quello che siamo e capire chi siamo, questo è il risultato che vogliamo raggiungere. Non è un film sulla religione, è un film che riguarda gli esseri umani. Un film che possa dare vita ad un dialogo, che possa alimentare un modo per capirci a vicenda e diventare esseri umani migliori.

Garcia: La vita di questo film prosegue oltre la visione. Si tratta di un percorso articolato, un progetto più ampio che ha ricevuto il supporto di scuole e università. Vogliamo fare più che un semplice film: aprire un dialogo sulla religione, stiamo sviluppando una strategia di marketing rivolta alle università, in particolare le facoltà di sociologia e cinematografia, per dare vita a un dialogo di tolleranza religiosa e alimentarlo affinché possa passare tra le università fino a coprire tutto il mondo.

Akoskin: Più che un film, era un’opportunità. Ci sono così tanti conflitti combattuti anche in nome della religione. Volevamo un linguaggio che si rivolga direttamente alle persone e abbiamo puntato su un genere cinematografico diverso per raggiungere il numero maggiore di persone possibile.

 

 

In che modo ha partecipato lo scrittore Vargas Llosa al progetto?

Arriaga: È molto difficile dare un ordine a un film con così tanti registi diversi e opinioni diverse. Llosa, che ha detto sì fin dall’inizio, ha partecipato come consulente creativo, cercando di dare un ordine a questo film, prendendo come spunto la spiritualità dell’uomo attraverso le epoche, dall’inizio dell’uomo fino alla modernità

 

 

Una domanda rivolta ai registi: perché trattare questo argomento con lo stile che avete adottato? Come si è sviluppata la collaborazione?

Thornton: Ho discusso molto con Guillermo, ci siamo anche insultati, gli mandavano sceneggiature che a lui non piacevano, ma poi ci siamo innamorati e la sceneggiatura è venuta fuori, è stato divertente. Io vengo dall’Australia, sono un aborigeno contemporaneo, perciò ho voluto ambientare la mia storia nel mondo contemporaneo pur cercando attorno a me delle storie che fossero tradizionali. Poi ho capito che gli dei erano attorno a me, mia madre, mia nonne, i miei figli: cercare qualcosa che è un dono della vita, tutto attorno a noi ci rende esseri umani. Dopo questo percorso, sono riuscito a scrivere la sceneggiatura in dieci minuti.

Nakata: Lucas mi aveva suggerito di fare un film dell’orrore, molto dark, che parlasse di un monaco che commette il crimine peggiore. Non sono riuscito a concentrarmi su questo: tre anni fa, mentre stavo facendo un documentario sullo tsunami avevo incontrato un monaco buddhista molto interessante ed è diventato il personaggio principale del mio episodio. Il mio è stato un contro suggerimento

Babenco: Quando ho ricevuto l’invito sono rimasto sorpreso. Era un’idea molto interessante e ambiziosa, avevamo libertà completa nel parlare a proposito di Dio, ma avevamo anche la possibiltià di parlare con Dio. Dieci voci diverse di persone che non si conoscono e che cercano il modo di dire qualcosa su un personaggio così particolare come Dio, presente in maniere così diverse in tutto il mondo. Dio è presente nella chiesa come in noi, è onnipresente nel modo in cui il cattolicesimo ha imposto di avere Dio nella famiglia e nella società per decidere cosa è buono e cosa no. Le persone che cercano hanno in comune il dolore e la necessità di rivolgersi a qualcuno per capire cosa fare della propria vita.

Nair: Il mio episodio è il risultato di una telefonata con Guillermo, in cui mi ha raccontato degli argomenti tabù della sua infanzia in Messico: Dio politica sesso e droga. Neanche io ne potevo discutere in India, e per questo è subito scattata un’affinità tra noi due. È tradizione nelle case hindu avere una stanza riservata a dio: non vengo da una famiglia molto rigida ma da bambina mi chiedevo, dio fuori dalla stanza non esiste? Il mio episodio ha quindi il punto di vista di un bambino, che vede dio ovunque, mentre gli adulti, che professano la loro religione, gli attribuiscono le loro ipocrisi e spingono dio fuori dalla loro esistenza

Gitai: È davvero nobile da parte di Alex decidere di usare le sue risorse per creare un dialogo di questo tipo. Guillermo mi ha chiamato parlandomi del suo progetto e penso anche io che ci serva una fase di dialogo: siamo grandi individualisti, ma in un progetto collettivo si stabilisce un dialogo tra forme di messa in scena diverse. Dobbiamo chiederci come cineasti qual è il nostro ruolo nella società: penso che l’artista taumaturgo delle società primitive debba essere riportato in vita. Questa è l’origine della religione e dell’arte visiva e oggi deve essere un’opzione per il cinema.

De La Iglesia: Il mio è un film sul cattolicesimo. L’argomento è molto importante, e ne ho molto rispetto. Forse la mia comicità può offendere, ma lo humor è una tecnica di espressione che permette più libertà per avvicinarsi all’argomento. Il mio obbiettivo era avvicinarsi ai concetti in maniera semplice senza mancare di rispetto a nessuno. Il perdono del peccato è la parte più importante della religione cattolica ed è alla base del mio episodio.

Ghobadi: Guillermo ha messo me stesso contro me stesso: ho dovuto riflette su quale sia il ruolo della religione nella mia vita e nel mio paese, il Kurdistan. La religione ha avuto un ruolo grande nella mia vita, è stata un’ ombra scura che mi ha seguito sempre. Non credo in nessuna religione, credo in Dio. La religione doveva aiutare l’umanità ma ora sembra vi lavori contro. In tutti i miei film la religione dovrebbe avere un ruolo più importante, mi piacerebbe affrontare questo tema con un po’ di satira o comicità. Attualmente i potenti stanno usando la religione con un linguaggio rigido come se fosse un arma. Ho parlato con Lukas e gli ho riassunto la mia idea in due minuti, e volevo che la gente ridesse della religione. Ringrazio i produttori per avermi fatto tornare al passato: ho iniziato con i corti, e ogni volta che ho una grande idea e la metto in un corto, poi riesco a fare un nuovo lungometraggio, anche se questa volta ho fatto il contrario.

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