Il giardino delle vergini suicide, di Sofia Coppola

Sorprendente opera prima della regista che trova uno sguardo indipendente e originale proprio nell’accostare la musica alle immagini. È già un cult. Da oggi in sala in versione restaurata.

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Picnic a Detroit Rock. L’American Graffiti anni ’70 di Sofia Coppola si colora del mistero e delle contraddizioni dell’universo adolescenziale. L’adattamento di Le vergini suicide di Jeffrey Eugenides rispetta il punto di vista maschile sulle vicende delle cinque sorelle Lisbon, ma sostituisce le parti più forti riguardanti la droga e il sesso con un tappeto sonoro dark-pop.

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La musica è la grande protagonista di questa opera prima sorprendente che mescola il rock degli anni’ 70 con la colonna sonora extradiegetica composta dagli Air e dagli Sloan. Siamo nel 1975 a Detroit (la vera location delle riprese è Toronto) e una misteriosa malattia sta distruggendo gli olmi forse per un fungo importato dall’Europa. La famiglia Lisbon è composta dal padre professore di matematica Ronald (James Woods), dalla madre bigotta (Kathleen Turner) e dalle cinque figlie: Lux (Kirsten Dust), Bonnie (Chelse Swain), Therese (Leslie Hayman), Mary (Andrea Joy Cook) e la più piccola Cecilia (Hanna Hall).

Sofia Coppola pone una barriera comunicativa tra l’universo maschile e quello femminile.

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La passività della figura paterna imbalsamata nel baseball e nel modellismo aggrava il contesto della vita di relazione. Le sorelle Lisbon (in particolare Cecilia e Lux) sono profonde, ipersensibili, attratte dalla natura e in posizione critica rispetto alle autorità (la madre che brucia loro i vinili, il padre anaffettivo, il prete ipocrita, i medici superficiali, la guardie forestali che abbattono l’olmo). Amano la libertà e vorrebbero evadere dalla prigione domiciliare imposta dalla madre repressa. I ragazzi della scuola non riescono a conoscerle veramente; anche raccogliendo prove e indizi, pur collezionando i loro oggetti (il diario di Cecilia, riviste di viaggio, poster, adesivi, santini, fotografie, profumi, rossetti) non vengono a capo del mistero della loro morte. Osservate attraverso un telescopio le vergini appaiono corpi celesti lontanissimi. Contattate con il telefono o corteggiate con i brani di musica degli anni ’70 (spiccano i pezzi dei Bee Gees, Electric Light Orchestra, Carole King, Todd Rundgen, Heart, Styx e 10cc con qualche perdonabile anacronismo), le sorelle Lisbon rimangono “personaggi non identificati”, la cui fine precoce regala un’aura leggendaria.

Non vengono spiegati i motivi del gesto suicida e lo stesso psichiatra (Danny De Vito) sembra in difficoltà di fronte alla personalità proteiforme della tredicenne Cecilia. La festa da ballo rimane l’unico vero momento di felicità ed è ripresa da Sofia Coppola con una fotografia dai colori in fiamme che omaggia Carrie di Brian De Palma. Il passaggio dalla adolescenza alla maturità è un momento altamente critico con squilibri psicologici e ormonali. Il bello della scuola Trip Fontaine (Josh Hartnett introdotto sulle musiche di Magic Man degli Heart) ha anche lui un comportamento non spiegabile: corteggia assiduamente la bellissima Lux e poi dopo averla posseduta su un campo da football sparisce improvvisamente. Questa sinfonia dolce/amara della adolescenza è resa perfettamente dalla musica degli Air e dal brano Playground Love che sentiamo spesso durante le magnifiche immagini del trascorrere delle stagioni sulla città di Detroit. La tragedia ha avuto il suo ultimo atto e il ciclo della vita è ripreso con il ballo delle debuttanti in maschera a gas per l’inquinamento delle fabbriche automobilistiche.

Partendo dal suo corto Lick The Star che parlava proprio di pulsione di morte all’interno di un college (l’utilizzo dell’arsenico per uccidere dei ragazzini importato da Flowers in The Attic di Virginia Andrews), Sofia Coppola lascia alle immagini la responsabilità di mostrare la irrazionalità degli eventi. È influenzata dalle inquadrature metafisiche di Peter Weir (Picnic at Hanging Rock) e dalle atmosfere di passaggio e di crescita di film epocali (American Graffiti, L’ultimo spettacolo e Un mercoledì da leoni), ma trova uno sguardo indipendente e originale proprio nell’accostare la musica alle immagini, bilanciando l’ordinario con il perturbante. In ogni inquadratura sembrano coesistere la gioia di vivere e il desiderio irrefrenabile di farla finita. Il suicidio è un evento non comprensibile dall’esterno anche raccogliendo tutti i pezzi del puzzle di una vita.

Titolo originale: The Virgin Suicides
Regia: Sofia Coppola
Interpreti: James Woods, Kathleen Turner, Kirsten Dunst, Josh Hartnett, Danny DeVito, Hayden Christensen, Chelse Swain, Andrea Joy Cook, Leslie Hayman, Hanna Hall, Scott Glenn, Michael Paré, Jonathan Tucker
Distribuzione: Cineteca di Bologna
Durata: 97′
Origine: USA, 1999

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.5
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Il voto dei lettori
3 (4 voti)
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