Questo non è un biopic. Mike Leigh racconta il suo Turner

mike leigh sul set di turner
Mi sono sempre dedicato a raccontare la vita così com'è: imperfetta, lercia, disordinata. Il mio Turner ha i vestiti e le mani sporchi del colore dei pennelli, e i denti marci. Non è l'icona mitizzata dell'artista etereo che crea senza sporcarsi: campare facendo l'artista è un lavoro difficile e duro, non solo creativo.
Mike Leigh presenta il suo film a Roma insieme all'interprete Marion Bailey

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Intorno all'idea di realizzare un film su J.M.W. TurnerMike Leigh e il suo direttore della fotografia (una delle quattro nomination "tecniche" dell'opera agli Oscar 2015) Dick Pope ci girano da un decennio: "durante la lavorazione di Topsy Turvy avevo già analizzato alcuni suoi dipinti, alla National Gallery", racconta il cineasta, a Roma per accompagnare il film insieme all'interprete di Mrs BoothMarion Bailey, volto del cinema di Leigh da più di 30 anni. "E' da allora che ho iniziato ad approfondire questo personaggio, mi attirava questo contrasto tra la sgradevolezza della persona e il lirismo poetico dei suoi quadri. Vivendo nell'epoca del cinema abbiamo forse dimenticato come guardare ai quadri nel modo in cui li guardavano le persone prima che il cinema venisse inventato." 

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Marion Bailey è d'accordo: "il risultato di tutti questi anni di lavoro è un film dalle dinamiche produttive low budget che sembra invece vestito da kolossal. Un film in cui Mike riesce a restituire tutti gli odori e la sporcizia della Londra nel periodo di passaggio all'epoca vittoriana, in cui si viveva in condizioni igieniche spesso aberranti: lo stesso Turner contrasse per ben due volte il colera!"

Leigh: La mia idea era quella di sovvertire la concezione di film in costume patinato, leccato, pulitino. Quella era invece un'epoca in cui i vestiti erano spesso sporchi e logori. Sin da quando ho iniziato a fare il regista mi sono sempre dedicato a raccontare la vita così com'è: imperfetta, lercia, disordinata. Nessuno somiglia alle persone nei film di Hollywood, neanche chi vive a Hollywood. Il mio Turner ha i vestiti e le mani sporchi del colore dei pennelli, e i denti marci. Non è l'icona mitizzata dell'artista etereo che crea senza sporcarsi: campare facendo l'artista è un lavoro difficile e duro, non solo creativo. Ho voluto raccontare un uomo diviso tra l'atto artistico, su cui non mi sono focalizzato perché è impossibile da riprendere, da catturare, e una gestione finanziaria, lavorativa del proprio talento. Un essere umano, non una divinità fantascientifica, un uomo che si esprime a mugugni e grugniti e a cui piace bere, mangiare, scopare!

In Turner c'è anche però un chiaro interesse verso la scienza, il progresso tecnico: i raggi ultravioletti, la ferrovia, l'invenzione della fotografia…

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Leigh: E' chiaro che non possiamo non considerare la passione di Turner per i raggi ultravioletti per poter capire appieno la sua svolta "astratta" di fine carriera. Allo stesso modo la modernità rivoluzionaria di Turner è nell'aver assunto una certa visionarietà ancor prima del suo interesse per la scienza e per le macchine. In questo il film è una riflessione sullo stato dell'arte nella sua contrapposizione alla natura. 

Bailey: E' il grande cruccio di Sophia Booth, che condivide gli ultimi venti anni di vita di Turner senza riuscire mai davvero a farlo distrarre dalla sua ossessione per l'arte, che alla fine non può che rassegnarsi a compiacere. Sophia scopre l'anima buona dietro alla rudezza di Turner, e al suo odio per l'ipocrisia e l'egoismo dell'ambiente artistico. 

Marion, come si è preparata ad interpretare questo personaggio di donna, forse l'unica realmente amata da Turner nella sua vita?

Bailey: Mrs Booth è una donna della classe operaia, della parte bassa della società. Eppure veste il corsetto, anche se forse in maniera non proprio elegante. Ho fatto ricerche sulla condizione femminile dell'epoca, ho studiato gli accenti di donne del Kent in registrazioni storiche, ho carpito molto da certi personaggi simili in romanzi di Dickens. Sophia era una donna forte, indipendente e caparbia, analfabeta ma sensibile, non la donna avida e opportunista dipinta in certe biografie. Per Turner ha sostituito nel cuore il posto occupato dall'amatissimo padre. Quando lavori con Mike sai sempre che tutte le prove che lui vuole fare prima di girare la scena ti porteranno ad essere al punto giusto del personaggio quando sarai sul set. In questo caso avevo in più la consapevolezza di un personaggio realmente esistito e documentato, ma il modus operandi del regista è stato quello di sempre.

Leigh: Non ho mai scritto una sceneggiatura, per nessuno dei miei film. E' il lunghissimo lavoro preparatorio con gli attori che poi porta allo script. In questo caso la fase preproduttiva è stata talmente lenta che io e Dick Pope abbiamo potuto concentrarci sempre di più su come restituire la pittura di Turner nelle immagini, come farla traspirare, emanare dalla luce del film.

Quando è entrato in gioco Timothy Spall nel progetto?

Leigh: Non ho mai pensato a nessun altro all'infuori di Spall, per questa parte.

Bailey: Io e Timothy abbiamo già interpretato una coppia di marito e moglie in una serie per la tv britannica di 15 anni fa, tra di noi c'era già un'assoluta intimità sulla scena.

Il film procede per pennellate, istanti, bozzetti. E' un tentativo di restituire con le armi del cinema la pittura materica, scrostata e “fisica” di Turner? In questo la sequenza della boa aggiunta sulla tela nel bel mezzo di un'esposizione ci sembra particolarmente emblematica…

Leigh: Quello è un aneddoto assolutamente veritiero, riportato da diverse cronache del tempo. Basta non considerare il film un biopic nell'accezione canonica e convenzionale. Per me un film deve avere un movimento interno come quello di un concerto classico. In questo caso non avrei saputo in quale modo raccontare questa storia lunga 26 anni altrimenti. Il processo con cui le immagini e i momenti si accumulano non è certamente narrativo, ma obbedisce ad una precisa struttura architettonica interna, per nulla casuale.

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