Alien, di Ridley Scott

Un monumento del genere fanta-horror dal risultato altamente terrorizzante che ha dato origine ad una lunghissima e fortunata saga. Un cult. Da oggi in sala.

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Il mostro è dentro di noi e si riproduce velocemente. Alien (1979) di Ridley Scott parte da questo ribaltamento soggettivo: il terrore nasce dalle nostre più profonde paure e si fa spazio attraverso canali, condotti d’aria. Sette membri d’equipaggio e un gatto alla deriva nell’ignoto spazio profondo. Il modello classico è Il mostro dell’astronave (1958) di Edward L Cahn ma sono reperibili richiami ad altri film come La “Cosa” da un altro mondo (1951) e Il pianeta proibito (1956) che hanno ispirato il soggetto iniziale di Dan O’Bannon.

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Il risultato finale è un monumento del genere fanta-horror che ha dato origine ad una lunghissima e fortunata saga. Ridley Scott posiziona la minaccia aliena non all’esterno ma all’interno, facendola rinascere dal ventre (paterno) di un essere umano, in una continua allusione alla maternità (il computer non si chiama HAL ma MOTHER) e alla possibilità che sia il sonno della ragione a generare i mostri. Solo un gesto irrazionale può fare aprire il portellone dell’astronave Nostromo. Ma è irrazionale aspettarsi che l’uomo sia razionale. L’unica persona dotata di senno è Ripley (Sigourney Weaver) che cerca di governare le instabilità psichiche dei membri dell’equipaggio in preda a paranoie ed isterismi.

Ripley diventa così una delle prime eroine ante-litteram del genere fanta-horror. Ma ci sono altri motivi di interesse in Alien: c’è una netta equivalenza tra crescita incontrollata tumorale e sviluppo della creatura aliena. Da quando lo vediamo nascere (e un fremito d’orrore misto a commozione avvolge questo parto entrato nella leggenda del cinema) fino al momento dello scontro finale con Ripley, Alien cresce a dismisura in maniera esponenziale mimando la progressione di una neoplasia maligna. Ridley Scott riesce a fare combaciare insieme la paura di generare un mostro con il terrore di avere qualcosa dentro che si sviluppi in maniera incontrollata, deturpando la normale fisionomia della nostra immagine corporea. A conferma di ciò sta la precisa descrizione che l’ufficiale scientifico Ash (Ian Holm in un ruolo che anticipa le distopie di Blade Runner) fa delle cellule che compongono il rivestimento dell’alieno, così simili a cellule atipiche con varianti siliconate e produttrici di acido corrosivo.

Alien è anche un congegno perfetto dal punto di vista narrativo grazie alla sceneggiatura di O’Bannon: al clima claustrofobico della Nostromo si associa il processo eliminatorio (”e poi non ne rimase nessuno”)  determinato da un nemico invisibile. La bravura di Scott è di generare la paura con labirintiche soggettive e lunghe inquadrature d’attesa, suggerendo l’ubiquità e inafferrabilità di una creatura aliena che si adatta quasi immediatamente alla logistica dell’astronave, attaccando di sorpresa e mimetizzandosi così rapidamente da sembrare un esperto dell’Arte della Guerra. Il terrore nascosto dietro l’angolo determina un conflitto psicologico tra i vari componenti dell’astronave; tra questi spiccano le prove di John Hurt e Harry Dean Stanton.

Ma ci sono altre frecce nell’arco di Ridley Scott: la prima è il comparto scenografico e degli effetti speciali. Il mostro è creato da Carlo Rambaldi per la parte meccanica mentre la figura si basa sui disegni di HR Giger che mescolano forme di insetto con genitali maschili: il risultato è altamente terrorizzante perché il mostro è privo di qualsiasi etica o emozione, l’istinto lo porta ad uccidere per riprodursi, la sua finalità è la morte. Come in 2001: Odissea nello spazio, i computer invece di rispondere alle domande si ingarbugliano in password e codici d’accesso, non rispettando nemmeno il countdown dell’autodistruzione. Da Kubrick, Ridley Scott importa anche i modelli dell’astronave e le ambientazioni metafisiche del pianeta sconosciuto dove atterra la Nostromo. Alle rivendicazioni sindacali dei membri dell’equipaggio fa da contrasto la logica della grande industria che ritiene i suoi uomini sacrificabili. Alien potrebbe essere l’arma vincente per ogni guerra: indistruttibile, spietato, perfetto.

Fotografato in maniera glaciale da Derek Vanlint, musicato da Jerry Goldsmith utilizzando il dispositivo echoplex per enfatizzare il clima straniante dei rumori nello spazio, Alien è il primo film di fantascienza a organizzare l’orrore in un preciso quadrato spazio/temporale utilizzando la metafora di un corpo trasformato. Il countdown finale corrisponde con il tempo reale. La bella Ripley e la bestia Alien: un incontro destinato a ripetersi. Il feto alieno è dentro di noi?

 

Titolo originale: id.
Regia: Ridley Scott
Interpreti: Sigourney Weaver, Yaphet Kotto, Veronica Cartwright, Ian Holm, Tom Skerritt, Harry Dean Stanton, John Hurt, Bolaji Badejo
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 117′
Origine: UK, USA, 1979

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.5
Sending
Il voto dei lettori
4.83 (6 voti)
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