Altrimenti ci arrabbiamo, di YouNuts

Più che un remake, è un omaggio al cult del ’74. Parte dall’iconografia della coppia Spencer/Hill per direzionarne i tratti divistici verso nuovi orizzonti, in linea con l’attuale citazionismo rétro

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Ad attraversare i primi fotogrammi di Altrimenti ci arrabbiamo (2022) è una tensione palpabile, tesa non solo a codificare le regole diegetiche di un “nuovo” racconto, ma a delineare il posizionamento (iconografico, immaginario, narrativo) nei confronti del suo illustre (pro)genitore. In assenza delle corporeità iconiche di Bud Spencer e Terence Hill – e dunque delle colonne portanti su cui si strutturano tutti i codici del film originale – la mera reiterazione di quelle stesse figurazioni in uno scenario filmico “contemporaneo”, infatti, sarebbe andata in contro ad una delegittimazione anacronistica, oltre che ad una deriva profondamente straniante. Un andamento dagli esiti opinabili, da cui gli YouNuts! (Antonio Usbergo e Niccolò Celaia) prendono saggiamente le distanze, per “omaggiare” – più che adattare ai tempi correnti – i sedimenti di un’opera atemporale, oggetto sempre più di una contaminazione impellente con gli influssi culturali della contemporaneità. E all’iniziale deriva fumettistica – che nella forma di prologo posiziona il film come sequel/continuazione ideale dell’originale – corrisponde un cambio di paradigma rappresentativo, proprio in virtù di quel “vuoto” incolmabile a cui nuovi (e diversi) eroi dovranno necessariamente adeguarsi.

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Nel (re)visionare la stessa storia, con canoni e approcci diversi, Altrimenti ci arrabbiamo parte dall’iconografia della coppia Spencer/Hill per direzionarne i tratti divistici verso nuovi orizzonti. Negli atteggiamenti, come nell’identità, i personaggi di Carezza (Edoardo Pesce) e Sorriso (Alessandro Roia) operano secondo un paradigma diverso, perché differente è l’immaginario in cui si iscrivono. Ciò che lega le loro azioni, la leggendaria “Dune Buggy” – che nel prologo è di proprietà del padre Ben, ma viene immediatamente persa a carte dai due fratelli bambini – assume adesso un valore simbolico. Non è semplicemente l’espediente che muove all’azione i due protagonisti – che una volta adulti dovranno recuperarla dalle mani dello speculatore edilizio Torsillo (Christian De Sica) con l’aiuto dell’ambigua circense Miriam (Alessandra Mastronardi) – ma la materializzazione di un legame profondo. A legarli non è più un’amicizia/inimicizia dai toni scanzonati e distesi, ma un rapporto fraterno conflittuale. E la stessa personalità di Carezza, più selvaggio e burbero, si svincola dalla serenità distaccata di Ben, così come la disinvoltura di Sorriso non reitera il magnetismo ironico di Kid. Una transizione giustificata anche (e soprattutto) dalla matrice western del rinnovato scenario, con cui Usbergo e Celaia affermano la distanza (e nel contempo la prossimità) dal film di Fondato. Se nel cult del ’74 la presenza dei codici western era riletta esclusivamente a fini parodistici – pensiamo alla memorabile sequenza dell’inseguimento in motocicletta, che sostituisce l’iniziale gravitas di Sergio Leone con la dissacrante melodia del brano “Dune Buggy” di Oliver Onions – adesso quello stesso immaginario diviene cornice, sfondo e spazio unico in cui irradiare i significati del film. Un cambio di paradigma raffigurativo, che apre le porte a scenari contamina(n)ti.

Perché Altrimenti ci arrabbiamo è soprattutto un film-calderone. Al suo interno convergono un’insieme di ingredienti filmici del passato, dalle citazioni Eighties in stile Super 8 e Ready Player One – il presentatore del torneo richiama il Good Morning Vietnam di Robin Williams, mentre il circense Armandino si esprime come E.T. – fino all’integrazione di stilemi estetici del presente, con il frenetico montaggio della corsa iniziale ispirato al dinamismo sopra le righe di Fast & Furious, più che alla coreografia scenica di Un colpo all’italiana (Peter Collinson, 1969). Il testamento di un film ibrido, privo certamente della vitalità trascinante dell’opera capostipite, ma che è in grado (a tratti) di ragionare sulla memoria passata del buddy movie attraverso un dialogo ironico e umoristico con la contemporaneità. “Come with me for fun in my buggy” recita come sempre l’iconica canzone, mentre volano schiaffi e cazzotti. Perché in fin dei conti Altrimenti ci arrabbiamo deve invitare lo spettatore sulla giostra del divertimento più basico e spensierato.

Titolo originale: id.
Regia: YouNuts! (Antonio Usbergo e Niccolò Celaia)
Interpreti: Edoardo Pesce, Alessandro Roia, Alessandra Mastronardi, Christian De Sica, Francesco Bruni, Massimiliano Rossi, Michael Schermi, Gabriele Cristini, Christian Monaldi
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 90′
Origine: Italia, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.4
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Il voto dei lettori
2.67 (3 voti)
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