Apollo 10 e mezzo, di Richard Linklater

L’adolescenza del regista tra memoria e immaginazione nell’estate dello sbarco sulla Luna. Libero, aereo, nostalgico, ha una voglia matta di giocare ed emozionar(si). Il suo miglior film? Netflix

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Qual è il punto in cui finisce la storia vera e dove comincia l’immaginazione? Si, si può essere protagonisti della propria vita come se ci si trovasse in un film. Il cinema di Linklater, quando è al massimo della forma come nel caso di Apollo 10 e mezzo e quello di Assayas si contaminano. Diventa il personale viaggio nel tempo. Può mostrare, insieme, amori, passioni, fragilità, paure, improvvise esaltazioni. E anche se gli eventi sono accaduti molti anni prima, le emozioni non invecchiano mai. Rimangono sempre le stesse grazie al cinema. Dall’ultimo giorno di scuola ad Austin di La vita è un sogno alla notte magica di Vienna di Prima dell’alba, i film di Linklater regalano l’illusione di poter rivivere alcuni momenti decisivi della propria adolescenza, ma soprattutto della propria vita, ancora una volta. Non è più possibile fisicamente. Lo è invece con la testa, con la propria storia, con i brividi di nostalgia, di estasi, che ci assalgono e non ci fanno più ragionare.

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Inutile girarci troppo attorno. Apollo 10 e mezzo è bellissimo. Trasporta in un mondo dei sogni simile a quello di Gondry. Mentre il cineasta francese li fabbrica sotto i nostri occhi, Linklater fa sentire il cuore che batte e porta in una dimensione tra il sonno e la veglia, un po’ come il ragazzo che non riesce a svegliarsi di Waking Life.

Dall’inizio di Apollo 10 e mezzo c’è la voce-off di Stan, che poi è quella di Jack Black, la possibile reincarnazione alla Benjamin Button di Dewey Finn di School of Rock. L’estate è quella del 1969, con il primo sbarco sulla Luna dell’Apollo 11. Il luogo è Houston, in Texas, proprio dove è nato e cresciuto Linklater. Stan abita vicino alla NASA. Vive a casa con i genitori ed è il più piccolo di sei figli. Il fratelli e le sorelle lo prendono spesso in giro e gli dicono che nei filmini e nelle foto di famiglia non compare quasi mai. Il padre non è un eroe come lui desidera ma solo il responsabile delle spedizioni alla Nasa. Ma proprio qui comincia un altro viaggio straordinario. Tutto nella sua testa. Viene infatti scelto per andare sulla Luna da due uomini in un’operazione sotto copertura.

Linklater incrocia i punti di vista: quella di un astronauta e quella di un bambino che, durante quell’estate, ha seguito lo storico sbarco tra il 20 e il 21 luglio, assieme a più di 600 milioni di persone in tutto il mondo. L’animazione di Apollo 10 e mezzo è la consistenza di quello che resta dei ricordi: libera, aerea, nostalgica. Linklater ci butta dentro tutto se stesso: la sua vita, la sua immaginazione. Dalla sala bowling al padre che usava ogni mezzo per risparmiare (il drive-in, la benzina alla stazione di servizio), il preside che incuteva terrore ad ogni passo, alla tv in classe il giorno del lancio. Poi però entra in gioco Linklater nei panni di Stan: il baseball, la musica, il cinema, le serie tv, il poster di Raquel Welch sul muro. Dark Shadows, Bonanza, La famiglia Addams, Ai confini della realtà, Mission: Impossible. Poi Blob. Fluido mortale, La cosa, Matango il mostro, Radiazioni BX: distruzione uomo. Poi Il mago di Oz che nell’immaginario del protagonista può essere in bianco e nero o a colori proprio come Apollo 10 e mezzo. A questo punto non ha più importanza. Poi, soprattutto tutte le canzoni: Sugar, Sugar dei The Archies, i The Monkees, la copertina del 33 giri di Herb Alpert, Johnny Cash e Joni Mitchell. Con Apollo 10 e mezzo Linklater non ha più bisogno di seguire un ragazzo dai 6 ai 19 anni come in Boyhood. Qui parte l’inizio del film della sua vita, che si può ricostruire, tra memoria e finzione, cercando di rintracciarla attraverso gran parte della sua filmografia. Al tempo stesso il film è un quadro lucidissimo e appassionato dell’America della fine degli anni ’60: la guerra in Vietnam, Neil Armstrong, Robert Kennedy nelle immagini sfumate come in un flashback. Non c’è distanza in quello che il cineasta mostra ma non è un album privato. È un cinema che ha una voglia matta di giocare come con gli scherzi telefonici e il rumore dei tasti del telefono. Più che per quello che mostra, conta come viene vissuto attraverso gli occhi di Stan/Linklater. Una compilation della sua vita che potrebbe essere parte anche della nostra. La nostalgia è quella di George Lucas, Paul Thomas Anderson, ancora Olivier Assayas. No, non se ne esce. Meglio così. Si sta benissimo. Film come questi non si vorrebbero abbandonare mai. Anche se su piattaforma. Oppure rivederli appena capita. È il miglior Linklater? Forse no, forse sì. Ma non può esistere Apollo 10 e mezzo senza i suoi film precedenti. Rivederli e mescolarli può essere l’inizio di un nuovo viaggio.

 

Titolo originale: Apollo 10½: A Space Age Childhood
Regia: Richard Linklater
Voci: Jack Black, Zachary Levi, Josh Wiggins, Lee Eddy, Natalie L’Amoreaux, Milo Coy, Samuel Davis, Bill Wise
Distribuzione: Netflix
Durata: 98′
Origine: USA, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
5
Sending
Il voto dei lettori
4 (5 voti)
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