CINEMONDO 2013 – Intervista a Merzak Allouache

allouache
Dopo il passaggio in competizione a Venezia 70, Es-Stouh (Le terrazze) è stato presentato nell’ambito della terza edizione del Festival Cinemondo di Villa Medici, quest’anno focalizzato sul cinema del Maghreb. Al termine della proiezione il pubblico ha potuto incontrare il regista Merzak Allouache

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------

--------------------------------------------------------------
THE OTHER SIDE OF GENIUS. IL CINEMA DI ORSON WELLES – LA MONOGRAFIA

--------------------------------------------------------------
les terrassesDopo il passaggio in competizione nella 70a edizione del Festival di Venezia, Es-Stouh (Le terrazze) è stato presentato nell’ambito della terza edizione del Festival Cinemondo di Villa Medici, quest’anno focalizzato sul cinema del Maghreb e quindi Algeria, Marocco e Tunisia. Al termine della proiezione il pubblico ha potuto incontrare il regista Merzak Allouache.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------
 
Le terrazze è una raccolta di cinque storie, tutte ambientate, appunto, sulle terrazze di alcuni palazzi in diversi quartieri di Algeri. Il ritmo è scandito dalle cinque preghiere quotidiane e la vita non è facile.
 
 
Come è venuta l’idea del film?
Ho mostrato cinque storie in una giornata normale. Algeri è una città molto abitata, negli anni Novanta c’è stato un grande esodo dalle campagne. La città si trova sulle colline, da lì si vedono tutte le terrazze, spesso abitate abusivamente. Le ho viste e le ho ritenute delle scenografie interessanti.
 
 
Il film mostra una società senza speranze, sembra regnare il pessimismo.
La sceneggiatura naturalmente è frutto di finzione ma è ispirata alla cronaca. Dopo dieci anni di terrorismo l’Algeria viva una situazione di tensioni e violenze proprio a livello dei rapporti umani. E’ girato soprattutto nella Casbah, tutto intorno nelle periferie la situazione è ancora più disastrosa.
Io cerco di essere un regista politicamente e socialmente impegnato, mi colloco in un contesto preciso, cerco di rappresentare la mia società. Nelle società arabe adesso il pessimismo regna. La cosa peggiore è che, per quanto l’Algeria sia in Africa, non è uno stato povero come altri nello stesso continente ma è molto ricca (gas, petrolio..) eppure gli abitanti non godono di queste ricchezze.
 
 
Due personaggi del film sembrano non solo sfiorare ma centrare in pieno la malattia mentale. E’ una metafora del disagio vissuto dalla popolazione algerina?
No, non è una metafora. La malattia mentale è assolutamente presente soprattutto perché è il risultato di dieci anni di torture, massacri e violenza estrema per cui i traumi sono molto presenti nella società. C’è una grande tristezza e violenza verbale tra le persone, in generale una quotidiana violenza di gesti.
 
 
les terrassesUna dolcissima – seppur tragica – parentesi del film è dedicata a un amore omosessuale. Come è affrontato questo tema in Algeria?
L’omosessualità è assolutamente un tema tabù per quanto comunque molto presente, mostra quanto la società sia ipocrita nel nasconderla. In più si nasconde la violenza fatta alle donne da parte dei mariti oppure la pedofilia e i sequestri dei bambini: a livello statistico sono cifre allucinanti, sono all’ordine del giorno.
 
 
Le preghiere scandiscono la giornata e quindi anche il film. Qual è il rapporto degli algerini con la preghiera?
La società algerina è estremamente islamizzata, la presenza musulmana è molto forte. Quella che ci presenta il film invece è una società malata, tutto il contrario di quello che la religione dovrebbe imporre. La scelta di girare sulle terrazze rappresenta il fatto che il rapporto con la preghiera è ancora più vicino, una vicinanza quasi metafisica. Poi la scelta di ritmare la giornata con la preghiera sembra che alla fine faccia parte della quotidianità così come in Italia ci sono le campane, anche se poi ciò non impedisce tutti i misfatti che abbiamo visto nel film.
 
 
In quanto tempo è stato girato il film? Avrà una distribuzione in Algeria?
Il film è stato girato con pochissimi soldi in soli 11 giorni. Per quanto riguarda la diffusione in Algeria le cose non sono facili: non ci sono sale, non c’è pubblico anche per via della povertà, probabilmente gireranno delle copie pirata per gli appassionati ma non ci sarà una distribuzione per ora.
 
 
les terrassesNella sua carriera ha alternato commedie a film molto drammatici (come Le terrazze). Cosa la spinge a questi cambiamenti?
Quando giro i film li giro secondo il mio stato d’animo e secondo quello che è il contesto che mi circonda. Sicuramente il mio primo film si può definire una commedia ma comunque ma comunque poneva delle questioni importanti per la società che raccontava. Alcuni hanno definito il film come una sorta di neorealismo italiano. In tutti i miei film cerco di avere uno sguardo sulla società e mi piace che questo emerga. Il primo film che ho girato è stato dopo l’Indipendenza quindi sicuramente c’era un clima più ottimista e gioioso, fino ad arrivare ai differenti giorni nostri di cui l’ultimo film è specchio.
 
 
Ha dichiarato di aver partecipato come stagista sul set de La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo. Cosa le ha lasciato questa esperienza sia da un punto di vista cinematografico che da un punto di vista di crescita personale?
Il film è stato girato il giorno dopo la Guerra di Indipendenza e prodotto da qualcuno che vi aveva partecipato e per noi ovviamente era qualcosa di estremamente nuovo: la città era completamente bloccata. Io avevo fatto uno stage durante il film, ero alla scuola di cinema e davanti a questo dispiego di mezzi, di studenti e di tecnici –un set incredibile aveva invaso la mia città – mi faceva capire che era estremamente complesso girare un film. Era una sensazione strana perché mi era venuta improvvisamente paura di quello avrei dovuto fare in seguito.
Poi ho avuto anche un’altra esperienza sempre su un set cinematografico, era Lo Straniero di Visconti, per cui ho partecipato alle riprese. Ovviamente per noi era come un kolossal americano, una grande produzione, vedevo gli attori famosi come Marcello Mastroianni. Sono stati grandi esempi per me ma nello stesso tempo mi chiedevo se ero all’altezza.

 

 
--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array

    2 commenti

    • Ascolillo maria Carmela

      Interessante intervista. Appare una realtà che è anche metafora. complimenti.

    • Filomena Pascucci

      Una intervistatrice di successo, domande mirate, non banali. Complimenti!