"Deep in the Woods" di Lionel Delplanque

Delplanque, pur cercando di osare qualcosa, non riesce mai a sublimare gli elementi basi del racconto in ricerca formale di un qualche interesse (quello che invece è riuscito perfettamente a "Jeepers Crepers"), finendo per smarrire la simulazione del doppio set in una successione di momenti inerti.

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Deep in the woods si basa su una sorta di sdoppiamento della rappresentazione: da un lato infatti vi è il canovaccio di genere (rappresentato da un gruppo di ragazzi alle prese con l'irruzione di un assassino), mentre dall'altro la mimesi di questo che doppia se stesso nella forma di spettacolo metafilmico (i giovani sono degli attori chiamati da un ricco barone ad allestire in un castello fra i boschi la favola di Cappuccetto Rosso). Non ci troviamo all'interno dello spazio deputato alla scena di tanto teenmovie americano attuale (quello dei college, e dei luoghi di formazione tout court), ma in una sorta di set incanalato all'interno di un percorso tutto differente (qui infatti si presenta subito come possibile coagulo di mostri e di creature misteriose), che sin dalle prime battute si palesa quale reticolo invadente di un'atmosfera, di un tono, di un colore. Infatti, invece che trasformare il bosco in personaggio conferendogli vita propria, il regista ne subordina linee e atmosfere all'occupazione di corpi seriali, intrappolati all'interno di banali contrapposizioni tra realtà e finzione. Delplanque, pur cercando di osare qualcosa, non riesce mai a sublimare gli elementi basi del racconto (la paura del buio, i fragili confini che separano il giorno dalla notte) in ricerca formale di un qualche interesse (quello che invece è riuscito perfettamente a Jeepers Crepers), finendo per smarrire la simulazione del doppio set (quello della vicenda raccontata e quello della fiaba rappresentata) in una successione di momenti inerti, stancanti, in cui prende il sopravvento un testo sin troppo furbo nell'ammiccare di continuo al pubblico. La forza della messinscena nella messinscena sarebbe potuta essere quella di disperdere l'intensità dei corpi filmati nel buio del bosco, finendo dunque per ri-narrare l'eterna/immortale fiaba dello spaesamento di Cappuccetto Rosso (sognata in modo sublime da Neil Jordan in In compagnia dei lupi), mentre si continua giocare con l'identità dell'assassino (come se quest'anno Mangold con Identità, non avesse già minato definitivamente la certezza dello svelamento), annacquando di fatto ogni punto oscuro del racconto.

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Titolo originale : Promenons-nous dans le bois
Regia: Lionel Delplanque
Sceneggiatura: Lionel Delplanque, Annabelle Perrichon
Fotografia: Denis Rouden
Montaggio: Alice Lary, Pomme Zhed
Musiche: Jerome Coullet
Scenografia: Arnaud De Moleron, Frank Monseigny
Costumi: Edith Brehat
Interpreti: Clotilde Courau (Sophie), Clement Sibony (Matthieu), Vincent Lecoeur (Wilfried), Alexia Stresi (Jeanne), Maud Buouet (Mathilde), Francois Berleand (Axel De Fersen), Denis Lavant (Stephane), Suzanne Macaleese (Pelagie, la cameriera), Michel Muller (il poliziotto), Marie Trintignant (la madre), Thibault Truffert (Nicolas)
Produzione: Fidelite' Productions, Le Studio Canal Plus, Cofimage 11, Gimages 3, Glozel Diffusion, Studio Images 6
Distribuzione: Dania Film, Vip Media
Durata: 90'
Origine: Francia, 2000

 

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