Escape Plan 2 – Ritorno all’Inferno, di Steven C. Miller

Per Sly non si tratta solo di evadere della prigione dei poteri inumani dell’immagine, ma anche di formare una discendenza capace di portare avanti il discorso intrapreso dai corpi dell’old school

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Un nuovo carcere da cui evadere, sì perché Sylvester Stallone non ha alcuna intenzione di smettere di lottare per opporre all’inconsistenza di un paesaggio inebriato dalla sua perfezione tecnologica, in questo caso la prigione hi-tech dove si ritrovano confinati i protagonisti di Escape Plan 2 – Ritorno all’Inferno, lo spessore, denso e pesante, della propria presenza. Tanto per farsi un’idea, bastano una manciata di scene al fianco di Sly per far ritrovare a Dave Baustista, dopo la posa caricaturale impostagli con il personaggio marveliano di Drax Il Distruttore, tutta la consistenza guadagnata sul ring.
escape plan 2Ma più che il sequel di Escape Plan, film che per evadere da quella tomba nella quale i nuovi poteri inumani dell’immagine hanno seppellito i corpi, aveva chiamato a raccolta, finalmente fianco a fianco, i migliori di sempre, Sylvester Stallone e Arnold Schwarzenegger, facendosi manifesto di un cinema di resistenza, nostalgico e necessario, che, sudore e sangue, continua a credere nel corpo come unica verità possibile dell’immagine, questo secondo capitolo delle fughe dalle carceri di massima sicurezza dell’inossidabile Ray Breslin sembra, invece, idealmente proseguire laddove eravamo rimasti con The Expendables 3 e l’urgenza di Sly di formare una discendenza capace di portare avanti il discorso intrapreso dai corpi dell’old school.
Come dice lo stesso Ray Breslin ad un membro della squadra che sta mettendo in piedi per proseguire il suo lavoro: un algoritmo non può sostituire il cuore e, quando si fa più affidamento su un computer che sul proprio team, qualcuno o qualcosa è destinato alla morte o alla scomparsa. Questa volta per Sly non si tratta solo di aprire a mani nude una breccia tra le pareti della prigione “dell’indifferenza asettica della macchina”, quella che ha sostituito il corpo con un suo riflesso superficiale, quanto di assumere anche e soprattutto le vesti del capofamiglia che si preoccupa di insegnare ai suoi successori in che modo dover portare sulle spalle il peso del compito lasciato loro in eredità.

escape plan 2E allora, mentre Hollywood continua a non avere il coraggio di scommettere sulle possibilità del genere old school di rivedere il presente, lasciando finanziare, tutto o in parte, le imprese dei suoi veri grandi eroi alle produzioni cinesi, oltre Escape Plan 2 è il caso del monumentale e sempre più imprescindibile Dwayne Johnson in Skyscraper e della sfida tra uomo e squalo ingaggiata dal figlioccio di Sly Jason Statham, Stallone sceglie di fare un passo di lato per ritagliarsi il ruolo di guida nella formazione di Shu. Xiaoming Huang è il vero corpo dell’azione del film, purtroppo rallentato dalla regia maldestra e fuori-tempo di Steven C. Miller, che diventa il discepolo deciso a imprimere sullo schermo il desiderio di ritrovare, senza l’aiuto della computer grafica, tutta la meraviglia delle sue acrobazie.
Abitando un fuoricampo che, anziché farsi portatore di un’assenza, diventa la dimostrazione della persistenza dei corpi oltre i confini dell’immagine e del tempo, per buona parte di Escape Plan 2, come un novello Virgilio in un paesaggio dai riflessi danteschi, non a caso il nome del carcere, nascosto tra le viscere dell’America, è Hades, Inferno, Sly è la voce che, mentre risuona nella testa di Shu, si rivolge a tutti noi, dicendoci di non arrenderci e indicandoci la strada da seguire per imparare a sabotare, ancora una volta, il sistema.

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Titolo originale: Escape Plan 2: Hades
Regia: Steven C. Miller
Interpreti: Sylvester Stallone, Xiaoming Huang, Dave Bautista, Jaime King, Jesse Metcalfe, 50 Cent, Wes Chatham, Lydia Hull, Ashley Cusato, Vincent Young
Distribuzione: M2 Pictures Durata: 96’
Origine: USA, Cina, 2018

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