FAR EAST FILM FESTIVAL 2004 – Amori al crepuscolo

E' il giorno del melodramma, tra la spensieratezza di “Tear-laden Rose”, le emozioni forti di “Winter Love” e l'abbandono di “The Coldest Day”. Non manca la nostalgia, con l'elegiaco ritorno di Yamada Yoji in “The Twilight Samurai”, proiettato in una sala affollatissima.

--------------------------------------------------------------
INTELLIGENZA ARTIFICIALE PER LA SCENEGGIATURA, CORSO ONLINE DAL 28 MAGGIO

--------------------------------------------------------------

Dopo  i due film presentati oggi non può più esserci alcun dubbio sull'importanza storica di Chor Yuen per il futuro sviluppo del cinema hongkonghese, verso quella commistione di generi e registri che lo hanno reso famoso in tutto il mondo. Nel primo, Tear-laden Rose, del 1963, è messo in scena un atipico triangolo sentimentale venato di amicizia: un pittore ricco e affermato, uno povero, talentuoso ma snobbato dalla critica, e la donna che entrambi amano. Con gli anni che si susseguono il vortice di povertà, frustrazione artistica e desiderio ha modo di sconvolgere i sensi, riorientando il loro rapporto. Un viaggio lieve e ritmato nei meandri della creazione e di quell'anelito impalpabile che è l'innamoramento. Nel secondo, di soli cinque anni più tardo, intensità e cattiveria nel manipolare i sensi dello spettatore vanno di pari passo con la semplicità strutturale e l'ingenuità narrativa; ma la resa finale è di una tale forza da lasciare inermi. Nonostante le risate nervoso-incredule di parte della platea, evidentemente disabituata (o cinicamente assuefatta) ai colpi allo stomaco, Winter Love è definitivo nel fotografare le derive di miseria, cocciutaggine e fine delle speranze di amori destinati al (totale e definitivo) annullamento. Seminale e illuminante anche nell'illustrare il meccanismo che regge molti wuxiapian successivi (non escluso Killer Clans, visto nei giorni precedenti). Entrambi costruiti per flashback stratificati, mostrano una gioia ludica nello stupire e nell'avvinghiare lo spettatore, con un procedere sinuoso che ha dell'ipnotico. Indaga territori limitrofi, anche se con meno convinzione e maestria, il cinese The Coldest Day, di Xie Dong, del 2003 – girato in uno sgranato digitale riversato su pellicola. Un avvocato insegue una sfuggente ragazza per una causa di divorzio mentre la sua famiglia va a rotoli, la moglie persa in una relazione con un ragazzo più giovane, attore nella compagnia di opera cinese che segue come manager. Il delicato equilibrio del sentire va in frantumi sotto i colpi dell'indecisione; l'unico peccato è l'eccessiva lunghezza che disgrega il finale – ripetizione del già detto.

--------------------------------------------------------------
OPEN DAY SCUOLA SENTIERI SELVAGGI, IN PRESENZA/ONLINE IL 7 GIUGNO!

--------------------------------------------------------------

The Uninvited, della regista esordiente Lee Su-yeon, è un horror psicologico tutto giocato sull'atmosfera crepitante e d'attesa che lentamente (molto lentamente) riesce a creare. Con una messa in scena elegante, la sorpresa per il controllato ritorno di Jeon Ji-hyun – l'attrice diventata famosa per il suo ruolo dirompente in My Sassy Girl – e un contorno di morti di bambini piuttosto crude(li), la pellicola non riesce però a intrigare quanto sarebbe necessario in più di due ore di visione. Altrettanto lungo, ma ben più significativo (tra l'altro era candidato agli scorsi Oscar come miglior film straniero), il ritorno di Yamada Yoji – storico regista della serie Tora-san, un classico del cinema giapponese – rappresenta uno dei momenti più poetici del festival: The Twilight Samurai è un ritratto soffuso di un'epoca di confine – tra passato e modernità, spada e armi da fuoco, solitudine e rinascita dell'amore. Sanada Hiroyuki, intenso e bravissimo, veste i panni di un samurai di basso rango trasandato e impegnato nel badare ai figli dopo la morte della moglie; la sua abilità con la spada lo pone al centro di un regolamento di conti, ma la speranza si apre  con il ritorno al villaggio di una vecchia amica d'infanzia. Pulsante di un umanesimo sincero e sentito, (ri)vedere il capolavoro di Yamada significa abbandonarsi alle emozioni più impalpabili, rallegrarsi del microscopico fluire delle occasioni, veder scorrere una vita in tutto il suo coraggio e dignità. Consueto sconvolgimento per i film successivi. The Bodyguard, primizia thailandese di Petchtai Wongkamlao – vero nome di un attore comico famosissimo in patria, noto con lo pseudonimo di Mum Jokmok, anche protagonista del film – è una adrenalinica parodia dei film d'azione, in cui una guardia del corpo deve proteggere prima un importante uomo d'affari, poi il di lui figlio, da una serie di misteriosi agguati. Realizzato con ironia e senso della battuta, il film sfoggia anche spettacolari sequenze coreografiche (peccato che la migliore, la lunga fuga da un centro congressi, sia piazzata all'inizio), stracolme di gag e giochi rimbambiti; divertimento decerebrato e con poche pretese, ma d'effetto. Gli fa da contraltare lo schizzato hongkonghese Dragon Loaded – in cui tre svogliati rampolli dell'aristocrazia promettono di fare strada nei corpi di polizia locali – diretto dal ben noto Vincent Kuk (sua la regia di uno degli ultimi Jackie Chan, Gorgeous, del quale è meglio recuperare la versione integrale cantonese), che cuce il film attorno alla presenza scenica sfilacciata di Ronald Cheng: lo si vorrebbe lanciare come nuovo esempio di comicità travolgente e sboccata, ma tra i fumi del sonno incombente la sua prova appare una scopiazzatura risicata di Stephen Chiau (King of Comedy, Shaolin Soccer).

----------------------------
SCUOLA DI CINEMA TRIENNALE: SCARICA LA GUIDA COMPLETA!

----------------------------
--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array