Home for rent, di Sopon Sukdapisit

Un buon thriller tailandese che funziona meno quando abbraccia del tutto la dimensione soprannaturale. Dall’Asian Film Festival di Roma

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L’inizio sembra quasi quello di un thriller, degli inquilini vanno a vivere in una casa. Sorgono poi dei misteri, strani riti che spaventano la proprietaria di casa. Ed è forse la componente di mistero la parte più riuscita di questo film di Sukdapisit, regista che già si è cimentato nell’horror con Coming soon Shutter, qui porta una storia di perdita di una persona cara e il tentativo disperato di riportarla in vita. La ricomposizione di un defunto in una bambola ricorda la puntata di Black Mirror, Piccoli stralci di te, con la differenza che però non viene utilizzata la tecnologia ma entrano in aiuto gli incantesimi. La parte di mistero sugli inquilini, delle riprese col telefono dei rituali, come scritto prima, è il momento più convincente del film e avrebbe funzionato quasi come una sorta di Thriller domestico alla The Visi .

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Ad un certo punto però iniziano una serie di flashback sempre più a ritroso che rischiano di diventare delle semplici spiegazioni non necessarie e di esaurire il proprio ruolo facendo così cadere tutto in un didascalismo che va a togliere ogni spiraglio di curiosità. Forse il film giunge anche in un periodo dove c’è una bulimia del genere soprannaturale, basti citare le ultime uscite: L’esorcista. Il credente e Omen. L’origine del presagio. Home for rent prende esempio da questo filone ma pecca nel non riuscire ad essere incisivo tentando di usare il jump square a più riprese per spaventare, lasciando invece da parte l’approfondimento delle relazioni umane e un maggiore accento sul mistero, che avrebbero dato più valore alla narrazione. Nel finale si apprende le conseguenze di chi sfida la morte e cosa ciò comporta: lo strapiombo della disperazione e l’inevitabile perdita di chi è morto. Ma forse può nascere un nuovo legame e insieme si può affrontare meglio la perdita e dare così un nuovo significato alla morte.

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