I ricordi uccidono tutti, tranne Franco Battiato – Concerto mistico per Franco Battiato

Il 2 Luglio siamo stati alla tappa romana del tour “Concerto mistico per Franco Battiato” che Simone Cristicchi e Amara hanno tenuto nella splendida Villa dei Quintili. Ecco il nostro resoconto

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Gesualdo Bufalino una volta scrisse: “I ricordi ci uccidono. Senza memoria saremmo immortali“. La superba e superna intuizione di addossare proprio alla capacità mnemonica dell’uomo la colpa della sua mortalità ha il risuono di un’oltraggiosa beffa filosofica: non è proprio la capacità di conservare le gesta oltre il loro svolgimento che dovrebbe renderci superiori perfino al Tempo? Se il singolo inevitabilmente perde la sua battaglia con Crono non è collettivamente che siamo riusciti quantomeno a fare patta? E il ragionamento non può che prendere traiettorie impreviste ed imprevedibili quando il 2 Luglio ci siamo trovati al Roma Unplugged Festival e più precisamente al concerto che ha omaggiato il cantautore siciliano Franco Battiato – che sull’autore de Diceria dell’untore girò il documentario “Auguri Don Gesualdo” – suonato nella splendida Villa dei Quintili di Roma. Proprio il più grande complesso residenziale del suburbio di Roma, con l’imponenza delle sue vestigia che ancora adesso raccontano quanto fosse quantomeno emendabile l’avidità dell’imperatore Commodo che se ne appropriò con la terribile alterigia che anche il cinema gli ha riconosciuto, rende evidente d’altro canto l’importanza ontologica della testimonianza: sopravvive alla propria morte fisica chi riesce a diventare narrazione orale degli altri. In questo caso di Simone Cristicchi ed Amara che nell’applauditissima tappa romana del tour “Concerto mistico per Battiato” hanno eseguito alcune delle più celebri canzoni del cantante di Milo recentemente scomparso, ponendo proprio il suo lascito filosofico ed animista al centro della loro performance. Trattasi proprio di performance perché Cristicchi, forte della trasversalità del suo oramai ventennale impegno artistico, sceglie una struttura che dialoga attivamente col teatro-canzone facendo in modo che anche i successi più “disimpegnati” del repertorio di Battiato – qui però non condividiamo la voglia di farli cantare al pubblico incitandolo con una prossemica da pianobar: la commistione tra alto e basso non deve portare necessariamente Gurdjieff al karaoke sanremese – siano tasselli di una riflessione più ampia e composita. Ecco allora che “L’era del cinghiale bianco” viene introdotta da una registrazione fonica di Battiato che accenna, rifacendosi a Giordano Bruno, agli infiniti mondi che esistono e di cui l’uomo terrestre non è che un nulla che proprio partendo dalla presa di coscienza della sua infima condizione è in grado di abbracciare l’universo. Se alcune posizioni vengono francamente banalizzate alla stregua di una silloge poetica da casa editrice di provincia – la bellezza del fiore, l’afflato verso il divino, il disorientamento di fronte ai misteri cosmici che Cristicchi “spiega” negli intermezzi affidandosi a citazioni dirette ed indirette – è il recupero dei pezzi meno affrontati dall’enorme lutto collettivo seguito al 18 maggio 2021 che rende lo spettacolo qualcosa in grado di distinguersi dal semplice omaggio.

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Qui è soprattutto la voce di Amara a personalizzare con la sua estensione ed il timbro roco canzoni come “Stage Door” (nel cui testo la cantante dichiaratamente si rivede) o le sue parti di “Lode all’inviolato” che, al netto di qualche principio di prigionia del bel canto che Battiato non ha mai perseguito, riescono a dare una spolverata di emozione live ad un repertorio fondamentalmente da studio. Simone Cristicchi invece oscilla tra visibile devozione – “Voglio vederti danzare” e “Centro di gravità permanente” sono però purtroppo tappe annunciate di un mimetismo che anche gli arrangiamenti scelgono di abbracciare supinamente – ed innervamenti stilistici apprezzabili come il Padre Nostro recitato in aramaico o la brillante esecuzione de “Le sacre sinfonie del tempo“. Il pubblico romano segue “Concerto mistico per Battiato” in maniera sorprendentemente composta e anche se qualcuno, spinto dalla spiritualità dei continui sguardi al cielo di Cristicchi, azzarda qualche Jnana Mudra e qualche saluto buddista, la prima parte della serata sembra fare da dinamo accumulatrice per la seconda, quando, una volta sciolti gli ormeggi animisti, Cristicchi ed Amara sembrano riflettere sull’eredità dell’artista siciliano. Che naturalmente è personale, come dimostra la stridente scelta di inserire propri pezzi intimisti all’interno di una serata d’ossequio, ma anche, inevitabilmente in un Paese che dal dopoguerra è avvolto nelle spire dell’auto-affabulazione, popolare. Così le danze in piedi di un uditorio che sembrava non vedere l’ora di ballare come dervisci sulle note di “Non sopporto i cori russi/La musica finto rock la new wave italiana il free jazz punk inglese” è forse la chiusura più giusta rispetto alle tante, tantissime foto alla luna che con leopardiana indifferenza illuminava ciò che s’agitava sotto le rovine di un soffio insignificante di mortalità umana alla ricerca del proprio assassino instagram.

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