Il meglio di te, di Fabrizio Maria Cortese

Familistico e retrogrado, è cinematograficamente fuori tempo massimo ma politicamente attuale. Dramma sulla necessità del perdono per un fedifrago malato di cancro che giustifica però l’amore tossico.

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Sembra di viaggiare nel tempo e nello spazio con Il meglio di te, di Fabrizio Maria Cortese, ma senza possibilità di epifanici multiversi. Con il terzo lungometraggio del regista e sceneggiatore pugliese si torna infatti a respirare temporalmente l’aria del cinema dei telefoni bianchi mentre spazialmente ci si trova ancora una volta dentro il salotto di una villa borghese, unico (non)luogo a cui tanto nostro cinema (de)legittima l’unica possibilità di analisi collettiva. Anzi, micro-collettiva, come se la famiglia di sangue – allargata ma pur sempre legata da rapporti diretti, certo, perché nel 2023 gli amori lesbo possono essere sdoganati almeno sullo schermo – fosse il reagente istituzionale più esemplare attraverso cui far esplodere le contraddizioni dell’individuo. In Il meglio di te la burocrazia domestica è il motore primo delle vicende: Nicole (Maria Grazia Cucinotta) dopo due anni di lontananza dalla magione coniugale torna dal fedifrago Antonio (Vincent Riotta), legalmente ancora suo marito anche se i due sono separati de facto, per firmare le carte che le diano l’effettiva proprietà. L’uomo è ancora così innamorato della sua consorte da non accettare la sua nuova relazione e, prendendo a pretesto i presunti ritardi del notaio, per riprendere a corteggiarla. Ma dietro questa sua tardiva presa di coscienza amorosa si cela la malattia: Antonio ha infatti un cancro terminale che gli lascia pochi giorni per decidere sia cosa fare della sua ricca azienda sia per provare a ricucire i rapporti con gli altri membri del clan familiare giunto al suo capezzale.

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Il meglio di te è una consunta amalgama tra il ricattatorio cancer-movie, gravato oltremodo da una scrittura di grana grossa -non viene mai detto infatti quale organo sia stato attaccato dalla malattia e non ci sono scene o accenni alla chemioterapia – il film romantico-âgé che in un Paese vecchio come il nostro chissà perché non è mai decollato, e quello corale con al centro la disfunzionalità di tutti i membri della famiglia. Proprio sullo sviluppo di questo ultimo punto, Cortese e la sua squadra di sceneggiatori convergono sul finale lasciando che sia il più innocente di loro, lo zuccheroso Lorenzo – come se la giustezza morale fosse truffauniamente sempre e solo dei bambini – a rendere esplicita, con saggezza invero vegliarda, che “quello che si rompe è più bello quando l’aggiusti“. Un messaggio familistico e oltremodo ambiguo che in più occasioni supera il confine del vieto maschilismo, ad esempio con la forsennata e vessatoria infedeltà di Antonio derubricata a difettuccio caratteriale che sarebbe da rancorosi non superare.

 

Regia: Fabrizio Maria Cortese
Interpreti: Vanessa Contucci, Maria Grazia Cucinotta, Anita Kravos, Giusi Merli, Simone Montedoro, Michele Olita, Vincent Riotta, Daphne Scoccia, Mattia Iasevoli, Antonio Roma, Elvira Cuflic Basso, Giuseppe Giura
Distribuzione: Adler Entertainment
Durata: 96′
Origine: Italia, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
1.5
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Il voto dei lettori
3 (8 voti)

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