#TFF37 – Incontro con Ginevra Elkann per Magari

Ginevra Elkann ha presentato la sua opera prima alla stampa del TFF37: Magari è la realizzazione del suo sogno di essere regista, film pervaso da una leggera malinconia e dalla magia dell’infanzia.

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Dopo i buoni riscontri ottenuti al Locarno Film Festival 2019, Magari, l’opera prima firmata da Ginevra Elkann, viene presentata alla 37esima edizione del Torino Film Festival, nella sezione Festa Mobile. All’incontro con la stampa ha presenziato la regista, affiancata dalla co-sceneggiatrice del film, Chiara Barzini, e dal produttore Lorenzo Mieli. Il film verrà distribuito nelle sale a partire da marzo 2020. L’intreccio ruota attorno alla vicenda di tre fratelli, Alma, Jean e Sebastiano, che vengono dislocati dalla casa parigina della madre a quella dell’immaturo padre Carlo (Riccardo Scamarcio). Con quest’ultimo e la sua collaboratrice Benedetta (Alba Rohrwacher), i ragazzi trascorreranno le vacanze al mare, tra tensioni familiari e l’immutata speranza – nutrita in particolare da Alma – di vedere di nuovo insieme i genitori. Ginevra Elkann ha svelato di aver nutrito il sogno di fare la regista fin da adolescente e di voler decisamente continuare a farlo. Così, dopo una lunga carriera da produttrice e distributrice cinematografica, l’idea di Magari – discussa con i collaboratori – è stata approvata ed è iniziata l’avventura.

Così si è espressa la regista sulla nascita del soggetto: «La storia deriva da un po’ d’esperienza personale e da un po’ d’osservazione dei papà in vacanza con i figli. Questa è una figura che mi affascinava per la sua libertà: è un modo educativo diverso dalle cure materne, c’è sempre un senso di avventura nelle vacanze con il papà». La stesura della sceneggiatura si è sviluppata come processo organico – ha affermato Barzini – , sempre discutendo molto dei temi portanti e cercando di mantenere un atteggiamento di benevolenza nei confronti dell’egoismo dei genitori della storia. Ed Elkann aggiunge: «Volevamo raccontare tutti i personaggi dentro a un’umanità, hanno tutti delle caratteristiche negative ma anche positive». Il film è stato costruito interamente sulle figure dei tre bambini (scelti dopo un lungo casting), un lavoro molto difficile per la regista alle prime armi e anche dal punto di vista produttivo, ma nello stesso tempo molto importante a livello umano: «Hanno portato sul set la magia dell’infanzia. Riccardo e Alba poi si sono messi al loro servizio, senza alcun divismo, e li hanno molto aiutati». Nel titolo è racchiuso il vero sentimento che pervade il film, un misto tra felicità e malinconia, ove i bambini spiccano come creature che sanno adeguarsi alle situazioni più difficili, seppure abbiano accanto genitori imperfetti ma che loro continuano a idealizzare.

Il tono del film appare comunque molto leggero, mai eccessivo per languidezza, afferma la regista: «Molto deriva dal fatto di non stare troppo nella tristezza, proprio com’è il pensiero di Alma. La situazione per i tre bambini è complicata, ma c’è anche la sua comicità (come è accentuato dalla presenza di Brett Gelman). Si tratta di una comicità drammatica; la commedia all’italiana era così secondo me, è un po’ come il ritmo della vita». Infine, la regista e la co-sceneggiatrice hanno discusso della preferenza – anche estetica – accordata all’epoca degli anni Ottanta, la cui atmosfera pervade il film (ambientato precisamente nell’anno 1990) per luoghi (Sabaudia come spazio anche metafisico) e riferimenti (la mancanza di tecnologia invasiva), e persino nella patina della fotografia. La presenza, infine, della forte educazione ortodossa dei bambini appartiene all’esperienza di Elkann e viene rappresentata quasi «come una madre, una copertina di Linus alla quale tutti i personaggi tornano prima o poi».

 

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