"Ticket to Jerusalem", di Rashid Masharawi

Masharawi filma Jaber, rifugiato in Libano ritornato sulla linea del fuoco a ridosso di Gerusalemme con la moglie Sana, militante della "visione", che attraversa i tanti "charlie" berlinesi sparsi per la Palestina per portare il cinema tra i bambini e un popolo a cui mancano (anche e innanzitutto) matite, pace e "Gerusalemme".

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"Suleiman filma con la consapevolezza acuta di chi non può fare a meno di tematizzare la guerra in ogni inquadratura ma riesce al tempo stesso a evitare di farsi ricattare dalla violenza." Già Suleiman, impossibile non partire dal suo Intervento Divino, qui nelle parole rumorose e avvolgenti (preambolo o coda del film sempre pronte ad attraversarlo tutto) di Nazzaro, capo/lavoro assoluto (bastante in sé) ma anche relativo, punto d'arrivo e di partenza che si fa spartiacque di un mo(n)do di fare cinema, miraggio ma prima di tutto miracolo (fuori dalle leggi della natura da cui proviene e ritorna), manifestazione di una surrealtà. Perciò, quando nel finale di Ticket to Jerusalem parte la tanto agognata proiezione, quel film, di cui vediamo soltanto i bagliori che come luce da un altro/ultramondo o oltretomba (forse, alla fine, meglio ultra/oltreombra) illuminano Jaber e Sana, non può non essere Intervento Divino.

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Masharawi filma Jaber, rifugiato in Libano ritornato sulla linea del fuoco a ridosso di Gerusalemme con la moglie Sana, militante della "visione", che attraversa i tanti "charlie" berlinesi sparsi per la Palestina per portare il cinema tra i bambini e un popolo a cui mancano (anche e innanzitutto) matite, pace e "Gerusalemme". Nella terra della predicazione, l'attraversamento continuo, a bordo di una jeep, del paesaggio sventrato dalla guerra, fa di Jaber un novello Battista che battezza (e i bambini sono il "pubblico" più cercato) proiettando il cinema, annunciandone la necessità e, nel finale, l'avvento possibile. Ancora una volta Gerusalemme si fa frontiera/meta da conquistare ma anche luogo privilegiato della "manifestazione" divina, vista sempre da troppo lontano o dal troppo vicino interno, che si fa assenza essa stessa, come il cinema, il cibo, la libertà; ed è proprio l'assenza che emerge dolorosamente dai 90' minuti che Masharawi trova documentando i(l) territori(o) di una "Palestina anno zero" resa pornograficamente (anche grazie al doppiaggio).


"…il lavorare appassionato intorno (al farsi di un) pensiero di una logica altra in grado non solo di deterritorializzarsi rispetto alle divisioni degli schieramenti, ma di manifestare, attraverso la propria specificità cinematografica, la possibilità stessa di un'altra vita" (ancora Nazzaro) di Suleiman, è ciò che Masharawi/Jaber cerca, facendo di Ticket to Jerusalem (uscito sospinto dalla vittoria al Med Festival, ma in questo caso anziché il mare Med potrebbe abbreviare quella palude di potere chiamata media), un preambolo postumo all' Intervento Divino


 


Regia: Rashid Masharawi
Sceneggiatura: Rashid Masharawi
Fotografia: Baudouin Koenig
Montaggio: Nestor Sanz, Jan Hendriks
Musica: Samir Jubran
Scenografia: Alà Abu Ghoush, Barbara Wijnveld
Interpreti: Ghassan Abbas (Jaber), Areen Omary (Sana), George Ibrahim (Abu Anan), Reem Ilo (Rabab), Imad Farageen (Kamal), Najah Abu Al-Heja (Um Ibraheem), Ibtisam Shamma (la madre), Tahseen Karson (il vicino)
Produzione: Argus Film Produktion/Cinema Production Center
Distribuzione: Istituto Luce
Durata: 90'
Origine: Palestina/Olanda/Francia, 2002

 

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