Una femmina, di Francesco Costabile

In Panorama nella Berlinale 2022, l’esordio di Costabile costruisce un apparato formale ambizioso ma sovraccarico, che restituisce un film irrisolto ma capace di improvvise potenti accensioni visive

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La parola migliore è quella che non viene detta, sibila ad un certo punto don Ciccio, lo storico rivale della famiglia di Rosa, la protagonista dell’esordio di Francesco Costabile (Lina Siciliano, della quale l’obiettivo di Costabile raccoglie spesso il potentissimo sguardo di sfida). L’ambizioso e complesso apparato visivo strutturato dal regista e dal suo d.o.p. Giuseppe Maio sembra costruito proprio per restituire formalmente questa predilezione della cultura della ‘ndrangheta per le tensioni risolte con il silenzio, per le verità scolpite con i fatti, nelle pietre del paesaggio spigoloso e sulle rocce delle casette dei villaggi che si inerpicano tra le viuzze segrete, le scalinate, gli archi bui. Lo chiarisce da subito l’incipit a metà tra il sogno e la rievocazione d’infanzia, tutto reso attraverso un uso straniante e insistito del fuori fuoco. Nessuna delle soluzioni adottate dal racconto per immagini fatto da Costabile sarà mai quella più ovvia, quella più scontata – alcune apparizioni e alcune discese improvvise in quello che somiglia sempre più ad un incubo ancestrale di demoni e maledizioni lambiscono davvero il territorio del cinema dell’orrore, scavando la direzione del film in una terra di mezzo tra Anime Nere, A Chiara e quasi A classic horror story di De Feo/Strippoli.

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Rosa, “femmina ribelle” (Fimmine Ribelli si chiama il libro di Lirio Abbate che ha fatto da ispirazione per il soggetto, scritto dallo stesso Abbate insieme ad Edoardo De Angelis), mette su un piano ingenuo e impulsivo, come la sua età d’adolescente, per vendicare la madre uccisa anni prima per aver tentato la fuga come collaboratrice di giustizia. La parabola della ragazza assume progressivamente i toni oscuri e violenti del canone classico della tragedia, con i volti e gli sguardi dei protagonisti che si fanno veicolo stilizzato dei rancori e delle rivalse messi in campo (e solo raramente dell’affetto, o dell’amore), prese di posizione millenarie sottolineate dai primi piani che si stagliano sulle ombre.
Una scelta espressiva così netta e forte obbliga però il racconto a procedere per continue ellissi e sequenze fin troppo cariche di senso allegorico: il risultato rischia allora di far soccombere le intense interpretazioni del cast tutto sotto le pesanti caratterizzazioni dei ruoli, e al momento di tirare le fila di scompigliare invece un bel po’ la sezione finale, decisamente confusa.

Dopo i documentari su Piero Tosi e Pasolini, e l’impegno produttivo con Gianni Amelio (Felice chi è diverso) e Carmine Amoroso (Porno e libertà), Costabile sceglie insomma la maniera più impervia per raccontare questa storia, sceneggiata insieme ad Abbate, Serena Brugnolo e Adriano Chiarelli. Il coraggio di questa via ostinatamente autoriale di approcciare il sottogenere dello ‘ndragheta movie restituisce a Una femmina un respiro magari irrisolto ma capace di una serie di vertiginose accensioni soprattutto visive, come la fuitina d’amore sui monti di Rosa con l’amato Gianni, interrotta da queste creature infernali che appaiono per riportare la ragazza nell’oscurità, o la visita alla tomba senza nome della madre della protagonista, fasciata come altri momenti dalle inquietanti musiche quasi sovrannaturali di Valerio Camporini Faggioni.

Regia: Francesco Costabile
Interpreti: Lina Siciliano, Fabrizio Ferracane, Anna Maria De Luca, Simona Malato, Luca Massaro, Mario Russo, Vincenzo De Rosa, Francesca Ritrovato
Distribuzione: Medusa
Durata: 120′

Origine: Italia, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.3
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Il voto dei lettori
3.06 (18 voti)
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