SPECIALE "Cinderella Man": Forme e schemi di un cinema totale

Ron Howard compie un'operazione volutamente retrò, recuperando un tipo di racconto che mira al genuino coinvolgimento dello spettatore e all'esaltazione di sensazioni primarie: il senso della sfida, la rabbia, l'onore, la responsabilità.

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Stando a quanto riferiscono le notizie provenienti dagli Stati Uniti, Cinderella Man arriva in Italia sull'eco di una bruciante sconfitta al botteghino: ciò che è riuscito nella finzione scenica (e nella vita) a Jim Braddock non sembra dunque essersi ripetuto con Ron Howard, passato dagli allori dell'Oscar ai flop commerciali senza soluzione di continuità (ripensiamo anche allo sfortunato destino di The Missing). Eppure, a dispetto di tutto ciò, Cinderella Man è un film eccellente, capace di dribblare senza problemi l'ostacolo della retorica (sempre in agguato con storie di questo tipo) diventando uno splendido saggio sul cinema come strumento di affabulazione. La via crucis dello sfortunato Braddock è infatti connotata secondo passaggi precisi (l'ascesa, la caduta costellata da mille problemi, la resurrezione finale, raggiunta grazie all'abnegazione di chi sa di combattere per "qualcosa"), ma che pure non restituiscono il senso del già visto. O meglio, lo restituiscono, ma si innesca quel particolare e tacito rapporto fra lo spettatore e lo schermo per cui, pur sapendo dove il tutto vuole andare a parare, non si avverte la stanchezza e il pericolo di un copione trito.

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La tecnica di Howard è poi al servizio del racconto, non tenta di rivoluzionare il rapporto fra lo spettatore e quanto accade nella storia, non è focalizzata su modalità inedite nel rendere la fatica dello scontro, non si abbandona a virtuosismi o sperimentalismi visivi come il Michael Mann di Alì. Howard ha fiducia nella storia, sa che il soggetto è già di per sé talmente straordinario da non aver bisogno di orpelli visivi e così si affida a una messinscena pulita e a una costruzione del racconto lineare. Il resto è dunque tutto merito di una bella storia, che certamente è finalizzata a parlare del nostro presente, del nostro bisogno di eroi, della speranza in un mondo sconfitto dalla crisi economica; ma è soprattutto una storia che scuote la platea rovistando nelle viscere, che fa tremare le mani e costringe chi guarda a protendersi idealmente verso lo schermo, dove scorre una vita che è un paradigma, è una lotta epica.

Come nella migliore tradizione sportiva, quella ormai dispersa nei contratti multimilionari e negli atleti-personaggio, icone cui pure ammicca l'antipatico campione Max Bear. Quella tradizione che rivive sullo schermo solleticando la nostalgia di chi ricorda un tempo in cui lo sport era attraversato da uomini grandi.

Ecco, in tutto questo sta la forza di Cinderella Man, nel suo descrivere il rapporto fra il grande (l'impresa di Braddock, l'amicizia dei singoli, l'importanza degli affetti) e il piccolo, il misero (la realtà economicamente disfatta, gli impresari disumani, il caravanserraglio pubblicitario) Ma sta anche il suo involontario limite: quello che Howard mette in scena è infatti un film "rotondo", perfettamente compiuto, dove tutto ha una precisa ragione d'essere ed è finalizzato a un'idea di spettacolo totale e immediato, per il cosiddetto "grande pubblico". Dove sostanzialmente gli elementi posti in essere sono semplici, amalgamati secondo una formula consolidata e dove la regia si mantiene volutamente invisibile. E' un cinema che perciò ha un forte sapore d'antan e finisce suo malgrado per autoescludersi dalle dinamiche care al pubblico odierno, spesso distratto, quasi sempre colpevolmente conservatore nel rapportarsi ai film. Facile liquidare Cinderella Man come una "americanata": al pari dello spielberghiano La guerra dei mondi, il film di Howard è viceversa un'operazione volutamente retrò declinata al presente, che rispolvera le caratteristiche più pure del racconto cinematografico ed esalta le sensazioni primarie, il senso della sfida, la rabbia, l'onore. Per questo non è interessante in questa sede ribadire a oltranza le eventuali caratteristiche autoriali di Howard, le sottili intuizioni e le riflessioni "alte" che il film può suscitare. Perché ciò che conta è il fatto che Cinderella Man è un film fieramente convinto delle sue ragioni ed emozionante. E tanto basta.SPECIALE Cinderella Man

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