“Carissima me”, di Yann Samuell

carissima meÈ vero, Margaret non è più quella di prima (ma prima quando?), ma quella “voce off” di fanciulla non giunge come melodia di una musica nuova proveniente quasi dal futuro. La classica storia rimane tale, anche quando si ha la sensazione di una perdita di equilibrio, dell’unità che si infrange, per creare una geometria instabile. Ecco, proprio quando l’autore tende a destabilizzare l’età della ragione, il desiderio è quello di sporcarsi nel fango, sentire la terra, assaporare la vita

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carissima meMargaret (Sophie Marceau) è una donna in carriera dal pugno di ferro. Ma il giorno del suo quarantesimo compleanno, un notaio di una piccola provincia le invia delle vecchie lettere che si era spedita quando aveva sette anni: una corrispondenza che aveva scritto da sola “nell’età della ragione”. Rileggendole una a una, si immerge in ricordi nascosti, situazioni dimenticate, i primi amori, giochi e ambizioni che fanno vacillare tutte le sue certezze e rimettono in questione la sua vita. Perché da adulta è diventata il contrario di quello che desiderava da bambina. Quello che più salta agli occhi in quest’opera, sicuramente riuscita ma certamente non debordante, è quella ipotetica unione ideale e metaforica (forse) con Amelie, ritrovata in una profonda e sentita crisi esistenziale di mezza età. Non importa quanto sia volontaria l’intenzione di riprendere il cammino cominciato da Jean-Pierre Jeunet, ma quello che conta è sicuramente la manifesta “dipendenza” visiva e narrativa verso quel “favoloso mondo…” ormai perduto. E allora ti ritrovi, magari non volendo, a riparlare di pastiche, di luoghi interiori a lungo dimenticati, che fremono ancora di eccessiva speranza. In fondo però Yann Samuell lascia intravedere solo debolmente uno scorcio di futuro, di quello che siamo diventati o potremmo diventare. Non c’è suono grottesco, sentimento romantico, un nuovo modo di essere fantastico in questo cinema, tanto da poterci mostrare come i tempi possono cambiare e cambiarci. È vero, Margaret non è più quella di prima (ma prima quando?), ma quella “voce off” di fanciulla non giunge come melodia di una musica nuova proveniente quasi dal futuro. La classica storia rimane tale, anche quando si ha la sensazione di una perdita di equilibrio, dell’unità che si infrange, per creare una geometria instabile. Ecco, proprio quando l’autore tende a destabilizzare l’età della ragione, il desiderio è quello di sporcarsi nel fango, sentire la terra, assaporare la vita. Nel pastiche le psicologie si svuotano e la narrazione perde di solidità e verità. Scatole di ricordi, flashback, siparietti animati, tutto però è rimandato nel mondo manipolatorio che congiura allo spiazzamento e alla perdita delle coordinate.

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Titolo originale: L'age de raison
Regia: Yann Samuell
Interpreti: Sophie Marceau, Marton Csokas, Michel Duchaussoy, Jonathan Zaccaï, Emmanuelle Grönvold, Juliette Chappey, Thierry Hancisse, Déborah Marique, Roméo Lebeaut, Jarod Legrand, Alexis Michalik, Raphaël Devedjia, Emmanuel LeMire
Distribuzione: Videa – CDE
Durata: 97’
Origine: Francia, Belgio, 2010

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